Visualizzazione post con etichetta Rai. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Rai. Mostra tutti i post

martedì 6 settembre 2016

Lello Arena: "Troisi un genio più di Einstein. Siani non dice la sua per piacere a tutti"

Ecco di seguito uno stralcio della recente intervista di "Libero" a Lello Arena.

[...] A 12 anni i suoi si trasferiscono a San Giorgio a Cremano.
«Solo 10 km di distanza da Napoli, ma li maledico accusandoli di egoismo e di volermi rovinare la vita. Penso che passare dal centro alla periferia sia la mia rovina, invece sarà la fortuna. Perché lì conosco Massimo».

Primo incontro?
«Spettacolo per la parrocchia e uno degli attori si ammala. Il regista dice: "Perché non prendiamo quel ragazzo che abita qui dietro? Quello che si lamenta sempre perché alle assemblee nessuno sta serio quando parla"».
massimo troisi lello arena scusate il ritardo

Chi è?
«Massimo, che è iper-attivo politicamente, è in tutti i comitati di scuola e interviene sempre. Però ogni volta che apre bocca, per quel suo stile strampalato di spiegarsi, gli altri ridono anche se sta esprimendo concetti importanti. E alla fine è sempre abbacchiato: "Ma che vita mi aspetta se la gente ride quando dico cose serie?"».

Diceva dello spettacolo.
«Troisi accetta la sostituzione anche se non ha mai recitato. Gli spiego che la scena è semplice, deve impersonare un salumiere che elenca i prodotti tenuti nel cestino: "Puoi dirli nell' ordine che vuoi"».

Poi?
«Il giorno dopo c' è lo spettacolo: "Lello, ho studiato il copione a memoria, so l' ordine preciso". Entra in scena e inizia: "Ci sta o' salame, poi o' capocollo e poi.. Anzi no". Mi guarda. "Sssscusate, aggio sbagliato. Cioè, prima ci sta o' capocollo e poi o' salame. O forse no...". E via così. Il risultato è che, ostinandosi nel cercare di dire l' esatto ordine del copione, la scena che doveva durare 20 secondi dura 20 minuti».

E funziona.
«Un successo strepitoso. Massimo mi guarda: "Ssscusa Lello, ma questo è o' teatro?". E io: "Più o meno". Lui: "Posso venire qualche altra volta?". "Certo, sono in via Recanati"». 

E lavorate insieme.
«Macché. Per otto mesi sparisce finché alle due di un pomeriggio di agosto, caldo soffocante, citofona: "Ti ricordi di me? Posso salire?". Gli dico: "Hai scelto il momento sbagliato per tornare: non si respira!". E lui: "Ero sicuro che saresti stato in casa"».

È l' inizio della vostra carriera, ma lei deve lasciare il rugby.
«Gioco in serie D, ma dopo ogni gara arrivo in scena ricucito e pieno di lividi. Massimo un giorno mi dice: "Lello, la gente pensa che allo spettacolo precedente ci hanno menato! Scegli: o il rugby o il teatro"».

Anche perché Troisi, più che la palla ovale, preferiva il calcio.
«Una volta mi obbliga ad andare a fare con lui una partita di beneficenza al San Paolo. Con noi gioca Mennea, che alla prima azione parte di corsa palla al piede e mi urla: "Lello, seguimi!!!". E io: "Ma che, sei cretino?"».

Meravigliosa questa. Continuiamo con il teatro.
«Io e Massimo apriamo il "Centro Teatro Spazio", una specie di comune frequentata da molti artisti».
Troisi però non sta bene e nel 1976 va negli Usa per farsi operare al cuore. Al suo ritorno nascono "I Saraceni": voi due ed Enzo Decaro.

È un successo e vi chiamano alla Rai per il programma "No stop".
«Magalli però ci chiede di cambiare nome, cosi decidiamo di diventare "La Smorfia", rifacendoci al libro dei sogni e alla mimica dell' attore».

È il boom. E lo sketch de "La Natività" (1979) diventa leggendario.
«Massimo ha pronto un monologo sui problemi di Napoli raccontati dalla moglie di un pescatore, ma sembra troppo pesante. Allora ci viene in mente di introdurre l' equivoco dell' Arcangelo Gabriele che sbaglia casa. E nasce: "Annunciaziò annunciaziò"».

Per fare l' Arcangelo lei si addobba in modo curioso.
«Trovo in casa la vestaglia di mia madre e la provo. Perfetta».
 
È un trionfo.
«Ma anche un grosso guaio dopo il primo passaggio in tv».
 
Perché?
«In Rai arrivano centinaia di proteste e veniamo denunciati per vilipendio alla religione di Stato».

Come finisce?
«Il giudice ci chiede: "Volevate vilipendere la religione?". Noi: "No, era solo un pezzo comico". "Va bene, andate". Assolti. Però per anni quello sketch è rimasto chiuso nelle teche Rai, solo Arbore ha avuto il coraggio di rispolverarlo».

Nel momento migliore, però, "La Smorfia" si scioglie.
«A Napoli facciamo 19 giorni di tutto esaurito con "Così è (se vi piace)": i bagarini vendono i biglietti da 3mila lire a 60mila. Siamo come i Beatles, abbiamo tutti ai piedi, le ragazze fanno a gara per andare a letto con noi».

Ma vi dividete.
massimo troisi lello arena enzo decaro la smorfia
«Ognuno ha ambizioni cinematografiche ed è meglio lasciarci all' apice del successo che continuare non riuscendo a restare allo stesso livello».

Lei e Troisi nel 1981 girate il film "Ricomincio da tre".
«Ci buttiamo nel cinema senza sapere come funziona e passiamo per stravaganti. Io mi occupo di tutto, dal casting alla produzione, dal caffè alla macchina da presa. E con Massimo c' è una grande intesa».

Tutta improvvisazione?
«Ma che scherza??? Quando si provava eravamo liberi di inventare e farci venire idee, ma una volta stabilita la scena Massimo voleva che si rispettasse il copione nei dettagli».

Dopo "No grazie, il caffè mi rende nervoso" (1982), esce "Scusate il ritardo" con cui lei vince il David di Donatello.
«Il film più completo, bella storia».

Eppure vi separate: Troisi si concentra sul cinema, lei continua a fare film, ma pure teatro e tv con Scherzi a Parte e Striscia la Notizia.
«Esigenze diverse, Massimo ha altri progetti. Ma forse anche la consapevolezza del futuro. E l' intenzione di non tenermi legato sapendo che prima o poi avrei dovuto fare a meno di lui».

Cosa intende?

«Non ha nemmeno voluto figli: sentiva che se ne sarebbe andato presto».
 
Morirà il 4 giugno 1994.
«Sono al saggio di mia figlia, squilla il cellulare. Una giornata di gioia si trasforma in tragedia».
 
Arena, ripensa ai tanti anni vissuti con Troisi e...
«Rido. Per la sua imprevedibilità, le sue fantastiche stranezze. La sua voglia di goliardia».


Troisi: per lei è stato...
«Un genio, più di Einstein perché è entrato nella vita delle persone comuni. Poi un amico. Un fratello. Una guida. Quando è morto mi sono detto che avrei fatto di tutto per non farlo dimenticare. Mi sto accorgendo che non serve: la gente lo ama ancora e lo amerà per sempre».

A proposito di artisti partenopei: Alessandro Siani le piace?
«Lo conosco per quello che fa e mi sembra stia girando un po' a vuoto. È un grande manager e ha ottime capacità, ma nun tiene o' coraggio di dire la sua, farci capire da che parte sta, prendere posizione su Napoli, sulla comicità, su se stesso. È il problema di chi vuole per forza piacere a tutti».



massimo troisi christian de sica carlo verdone
Piccolo notiziario troisiano di fine estate
Ad Ostia è stata intitolata una sala teatrale a Massimo Troisi, in Viale Cardinal Ginasi 12. E dal 22 settembre parte il cartellone con lo spettacolo "Beate noi", che vede protagoniste Milena Miconi e Francesca Nunzi.

Dedicata a Massimo anche la quarta edizione del Camaiore Film Festival, dedicata ai cortometraggi indipendenti e sperimentali. Appuntamento al teatro dell'Olivo dal 16 al 18 settembre. Nella piazza centrale di Monteggiori domenica 4 settembre è stato invece proiettato "Pensavo fosse amore invece era un calesse". 
 

venerdì 30 gennaio 2015

Immagini inedite di Massimo Troisi e Pino Daniele in "Unici", il 3 febbraio su Raidue

Nel promo della trasmissione si parla di "inediti" e compare anche Massimo. Un motivo in più per seguire questa trasmssione dal titolo così adatto a questi due ragazzotti napoletani... "Unici", stesso format dedicato a Massimo per il ventennale, sempre curato da Giorgio Verdelli. Appuntamento su Raidue martedì 3 febbraio alle ore 21:10.

A un mese di distanza dalla sofferta e sentita scomparsa di Pino Daniele, andrà in onda su RaiDue uno speciale della serie “Unici” per ricordare il cantautore partenopeo morto nella notte tra il 3 e il 4 gennaio scorso. L’appuntamento, dal titolo “Tu dimmi quando – Pino Daniele”, in programma martedì 3 febbraio, alle ore 21.10, raccontato dall’autore Giorgio Verdelli, che ha conosciuto bene l’artista, “vuole – spiega una nota della Rai – essere il ritratto del musicista, della città e dell’esplosione di creatività che negli anni Ottanta ha reso Napoli protagonista di un grande rinnovamento”.

Parteciperanno, tra gli altri, Toni e Peppe Servillo, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, James Senese, Clementino, Rocco Hunt, Gianni Minà e Renzo Arbore.

Ognuno di questi artisti si recherà in un luogo che ha ricoperto un ruolo rappresentativo nella vita del cantautore partenopeo o condividerà un personale ed intimo ricordo: Gragnaniello andrà nella scuola elementare che frequentò insieme a Pino Daniele, mentre Edoardo Bennato ripercorrerà gli inizi della carriera e il suo rapporto con il cantante.

Nel corso del programma andranno in onda anche filmati inediti di esibizioni di Pino Daniele poco conosciute e aneddoti speciali che saranno sicuramente apprezzati da tutti coloro che hanno amato la sua musica, la sua storia.

 
(Napolitan.it)
 

giovedì 5 giugno 2014

Scusate il ritardo: celebriamo Massimo Troisi anche a Napoli, il 10 giugno a San Domenico Maggiore

Il 10 giugno l'assessorato alla Cultura del Comune di Napoli ha organizzato, presso il complesso monumentale di San Domenico Maggiore, una giornata dedicata al ricordo di Massimo Troisi a vent'anni dalla sua scomparsa. Dalle 20 alle 24, insieme a Rosaria Troisi, Giorgio Verdelli, Enzo de Caro e Lello Esposito, si alterneranno testimonianze di amici e colleghi dell'attore, con l'accompagnamento musicale di Senese e Gragnaniello.

Durante la serata, in collaborazione con la RAI, saranno proiettate parti del documentario di Giorgio Verdelli «Non ci resta che massimo», andato in onda su RAI2 nel programma «Unici». La serata si concluderà con la proiezione del film «Non ci resta che piangere».

  

lunedì 2 giugno 2014

Il 4 giugno su Raitre in prima visione il documentario "Massimo, il mio cinema secondo me"

In occasione dei 20 anni dalla scomparsa di Massimo Troisi, Rai 3 presenta, in prima visione il 4 giugno alle ore 23:10, il documentario prodotto da Publispei  per la regia di Raffaele Verzillo: “Massimo, il mio cinema secondo me”. Presentato al pubblico durante l’ultima edizione del Festival internazionale del film di Roma, il documentario rappresenta un viaggio di ricerca alla scoperta della poetica e della sensibilità artistica di Troisi regista, attraverso i ricordi degli amici più cari.

Con l’ausilio di suggestive foto e del prezioso audio inedito di un’intervista del 1993 all’attore-regista, il film mira soprattutto a riportare la sua presenza fra di noi a partire proprio dall’assenza della sua figura, lasciando alla sua voce (oltre che a poche immagini di repertorio televisivo e tratte da alcuni suoi film) e a quella di alcuni compagni di lavoro, il compito di restituirci l’indimenticabile tracciato della sua vita artistica.

Cinquantacinque minuti dedicati all’uomo, all’attore, al regista, al produttore. Realizzato in collaborazione con Rai Cinema, prodotto da Verdiana Bixio per Publispei, il lavoro di Verzillo racconta, a sessant’anni dalla nascita di un mito del cinema italiano, un protagonista vivo oggi, sui set di allora, restituendo al pubblico frammenti di riprese, inedite istantanee e interviste ai tanti compagni di viaggio, da Lello Arena a Francesca Neri da Massimo Bonetti a Maria Grazia Cucinotta. 

Avevamo parlato del documentario, uscito questo inverno, qui sul blog ai seguenti link:
  

domenica 1 giugno 2014

Dai giornali dell'epoca: Masimo Troisi, dire cose nuove con il coraggio di esprimere il dubbio

Umile ma conscio di poter dare qualcosa di importante, con una lucidità disarmante, fuori dagli schemi e dal coro, senza inutili peli sulla lingua. Questo era Massimo Troisi già nel 1982, e lo sarebbe stato per sempre. Di seguito pubblico un prezioso e inclassificabile articolo scritto da lui per il Radiocorriere.

Cristiano


Quella che segue è una riflessione che Massimo Troisi consegnò al glorioso Radiocorriere Tv nel 1982, quando era atteso all'opera seconda dopo lo straordinario successo di «Ricomincio da tre». L'articolo accompagnò lo special tv a lui dedicato in «Che fai...ridi?», in onda su RaiTre il 21 gennaio '82, in prima serata. Invece di raccontare la sua vita, intervistando amici e parenti a San Giorgio a Cremano, Troisi ebbe l'idea geniale di raccontare la sua morte. E così in «È morto Troisi, viva Troisi!» tutti i colleghi, da Arbore a Benigni, da Nichetti a Verdone, porgendogli l'estremo saluto, trovano il modo per parlarne, finalmente, malissimo. «Abbiamo come al solito - disse Troisi - lavorato bene, scherzando molto».

di MASSIMO TROISI
Non ho cominciato questo mestiere con premeditazione. Ero poco più che adolescente, passato già attraverso la rivoluzione, l’America, le donne e i motori… insomma tutta la trafila. Così mi sono ritrovato a fare l’attore per alcuni amici che avevano messo su uno spettacolino. Io ero convinto di essere timido, ne ero sicuro; poi, stando «là ’n coppa» con le luci in faccia, senza vedere la gente che stava sotto a guardare, mi sono accorto che invece stavo proprio bene. Mi è venuta voglia di continuare, di scrivere le mie cose, e la gente ha fatto il resto: si è messa a ridere. Io non sono un «faticatore» instancabile; ho pure pensato: «Ecco un modo per non andare in un ufficio, per non avere degli orari…» Ora sono programmato fino all’’83… ma non mi lamento, non è che dico «guarda un po’ se il successo doveva capitare proprio a me che sono un bravo ragazzo, semplice, senza grilli per la testa…» Lo so di essere un privilegiato. Anche rispetto a mio padre, che ho visto andare a «faticare» con la febbre alta, ai miei fratelli… La comicità è una cosa seria. Se sia un modo per star dentro la realtà o per sfuggirla non saprei. Sono l’ultima persona in grado di dare risposte precise su qualsiasi argomento e questo è un argomento difficile. Personalmente la realtà la esorcizzo, cercando però di non perdere di vista il problema, il fatto che sto raccontando. Non mi sento un professionista né, d’altra parte, credo nell’improvvisazione: i tempi della comicità, con le domande e le risposte, sono già stati scritti. E dai «grandi»… Noi «piccoli» ci dobbiamo prostrare, mantenendo però l’inconscia presunzione di poter dire cose nuove. Appena questa sana presunzione diventa conscia, ci si ritrova ad essere degli epigoni più o meno bravi di questi miti. 

Tutto il rispetto, dunque, per Sordi, Manfredi, Totò, Scarpetta, Eduardo (che comunque non vivono con il nostro rispetto) e andiamo avanti cercando di fare del buon cinema. Io non penso di avere inventato nulla, racconto quello che vedo, le cose che vorrei smuovere o di cui vorrei in qualche modo liberarmi: la religione, la patria, la famiglia… Spero solo che quando sarò vecchio qualcuno mi dia un posto d’attore, perché allora non avrò tanto da dire di mio. Già ora non potrei più parlare dei problemi degli adolescenti… arriverebbe subito un quindicenne a dirmi «Massimo, vedi te le fesserie che vai dicendo…» e avrebbe ragione: l’ultimo ha sempre ragione, racconta la sua storia, la sua esperienza e può farlo solo lui. Questo è successo per i «vecchi» autori e quelli «nuovi». È arrivato Moretti e sembrava il Messia, si è gridato al miracolo. Che fosse bravo o no, portava un linguaggio diverso da quello a cui il pubblico era abituato da decenni. Oggi chiunque abbia meno di trent’anni ha quasi l'obbligo di fare un film. Abbiamo il filone del «giovanilismo», come abbiamo avuto quello western o quello pornografico… Si arriverà ai ragazzini di otto anni («se quello di tredici ci ha detto qualcosa di nuovo, figurati questo!») e poi qualcosa accadrà. Secondo me non bisogna aspettarsi troppo dalla gente di spettacolo, anche perché più diventa famosa e più si ritrova strangolata dall’obbligo di dimostrare quanto è intelligente. Specialmente i comici vivono questo personale e terribile dramma e arrivano al punto in cui non fanno più ridere. 

Ecco spiegato il motivo per il quale il mio secondo film non è ancora uscito: non voglio dimostrare niente. Anzi, io credo profondamente nel dubbio e nel coraggio di esprimerlo. Questa società è competitiva, devi vivere facendo finta di sapere tutto… Così poi torni a casa e hai l'insonnia da «diverso»… Invece è bello sapere che c'è tanta altra gente che non dorme, che si sente diversa, come te. Ci sono stati tempi in cui sembrava che la «rivoluzione» dovesse scendere da un palco insieme a una chitarra e quattro battute: ma come si fa a dire alla gente quello che deve o non deve fare? «Questo è uno che ha capito» e invece, pure se ha capito qualcosa, quel poveraccio vive i problemi di tutti e non ha proprio niente da insegnare. Personalmente, poi, ho sempre creduto più al prefetto che a Bennato.

  
 

lunedì 26 maggio 2014

In onda su Raidue il 2 giugno alle ore 21:10 lo special "Non ci resta che...Massimo"

Si chiama "Non ci resta che ...Massimo" lo speciale del programma Unici dedicato a Massimo Troisi. L'appuntamento è per lunedì 2 giugno alle ore 21:10 su Rai2. A raccontare l'artista ci saranno  tra gli altri, Renzo Arbore, Gianni Minà, la sorella Rosaria, il nipote Stefano Veneruso, Giuliana de Sio, Maria Grazia Cucinotta, Enzo Decaro, Pippo Baudo, Renato Scarpa, Nino Frassica, James Senese, Amanda Sandrelli, Giovanni Veronesi, Gaetano Daniele, Mauro Berardi, lo scrittore Maurizio De Giovanni, Achille Bonito Oliva, Rocco Papoaleo e Giole Dix. Inoltre a svelare episodi ancora poco noti sulla sua vena ironica, saranno il suo barbiere Mauro, Massimo Bonetti, Giovanni Benincasa,Massimo Lopez e Bruno Voglino, il dirigente Rai che credette ne "La Smorfia" e la inserì nel programma Non Stop.

Si tratta del tributo con cui la seconda rete di Angelo Teodoli ricorda l'artista a venti anni dalla prematura scomparsa avvenuta il 4 giugno del 1994. Massimo Troisi non c’è più ma la sua inimitabile vis comica, la sua ironia, intrisa di malinconia, rappresenta un punto fermo nella storia del teatro e del piccolo e grande schermo.  Lo speciale lo ricorda, lo celebra, ne ripropone la delicata personalità attraverso uno sguardo affettuoso nei confronti di un artista che avrebbe avuto ancora molto da comunicare al suo pubblico se la morte non l'avesse portato via. Massimo Troisi viene ricordato non solo come comico ma anche e soprattutto come poeta dalla delicata ispirazione sempre ancorata alla realtà. Viene narrata la sua opera di regista sotto un'ottica familiare e uno sguardo affettuoso e spesso profondo.

“Non ci resta che...Massimo” è una puntata realizzata da Giorgio Verdelli che ha chiesto e ottenuto i contributi di amici e colleghi di Troisi. Con loro si ripercorrerà la vicenda umana e professionale dell'artista attarverso i luoghi nei quali è vissuto e le memorie che conservano di lui, del suo percorso, della sua arte. Varie le tappe nell'ambito della sua breve esistenza: San Giorgio a Cremano, Napoli e poi Roma, passando per Procida, Salina e gli Stati Uniti. Un insieme di luoghi che evocano la sua personalità, il suo carattere nella quotidianità e sul palcoscenico, in un percorso non tanto biografico quanto emotivo.

Incredibilmente vasto il repertorio dell’attore: vedremo molti sketch, interviste e foto di scena. Ci saranno alcuni fuori onda come le prove con Pino Daniele in un albergo napoletano e l’intervista inedita sui Pulcinella dello scultore Lello Esposito. Ricordare Troisi, scomparso alcuni giorni dopo aver concluso le riprese del suo film Il Postino, significa realizzare anche una profonda riflessione umana e filosofica sul suo mondo comico e malinconico e sulla sua incredibile attualità. In questo universo spettacolare così omologato e senza idee nuove, alla fine “Non ci resta che....Massimo".

venerdì 28 marzo 2014

La notizia della scomparsa di Massimo Troisi in alcuni tg dell'epoca (VIDEO)

Oggi vi proponiamo un po' di filmati d'epoca risalenti alla prematura scomparsa di Massimo. Cominciamo dall'apertura del Tg3 di domenica 5 giugno 1994, che lo ricorda con sincera commozione e ci mostra le immagini dei primi amici accorsi a Ostia: Ettore Scola, Pino Daniele, Nanni Moretti e Francesca Neri. Ripercorre poi in breve la storia e la carriera di chi "ha costantemente saputo avere un colloquio con il proprio pubblico e l'ha sempre rispettato". Spazio poi alle prime pagine dei quotidiani che scelsero di aprire con la triste notizia. Delizioso il riquadro de "La voce" del grande Indro Montanelli. A chiudere, un accorato servizio del telegiornale dell'emittente VideoMusic. Torniamo a quel triste giorno per capire meglio l'affetto del paese per lui e il grande vuoto, tuttora incolmato, che ha lasciato in tutti gli italiani.

Cristiano

 
 
                          

lunedì 9 dicembre 2013

Una retrospettiva, una mostra e alcuni incontri dedicati a Massimo Troisi al Bari International Film Festival 2014

troisi“Quest’anno il festival ci rimette addosso il fiato di due grandi del cinema riproiettando sui propri schermi, con due importanti e ricchissime retrospettive, il volto, la voce, la presenza scenica di Massimo Trosi e Gian Maria Volontè, entrambi  scomparsi 20 anni fa. Due personalità differenti che la morte ha separato prima che si potessero incontrare perché probabilmente insieme avrebbero voluto costruire un’opera. Noi cercheremo di tornare sulle tracce sia dell’impegno civile e straordinario di Volontè, che ha rappresentato il volto di tutto ciò che aveva a che fare con il cinema civile e di denuncia, sia della straordinaria sapienza, tipica della millenaria scena partenopea, di Troisi. Due grandi del cinema italiano che abbiamo amato molto e che con grande felicità riportiamo qui in questa scena mediterranea che è il festival internazionale di Bari. Gian Maria Volontè e a Massimo Trosi, hanno rappresentato due tra i protagonisti di percorsi fondamentali per la nostra educazione sentimentale”.

Nichi Vendola, presidente della regione Puglia
 

Due corposi tributi saranno dedicati a due grandi protagonisti del cinema italiano, entrambi scomparsi 20 anni fa: Gian Maria Volonté e Massimo Troisi. Di Volonté verranno presentati, oltre ai film da lui interpretati e a una mostra fotografica, anche tutti gli sceneggiati televisivi dei quali è stato interprete provenienti dalle Teche RAI, dirette da Barbara Scaramucci, che metteranno a disposizione del Bif&st anche i materiali di documentazione sul grande attore. Una serie di 8 incontri con i registi e gli attori che con Gian Maria hanno lavorato - curati da Giovanna Gravina Volonté - contribuirà ad approfondire il particolarissimo metodo interpretativo da lui elaborato per creare quella galleria di straordinari personaggi entrati nella storia del cinema.
L’altra grande retrospettiva verrà dedicata al regista, sceneggiatore e attore Massimo Troisi cui saranno anche dedicati, a parte i film e una mostra, alcuni incontri con quanti con lui hanno collaborato, a cura di Orsetta Gregoretti. Da segnalare che Gian Maria Volonté e Massimo Troisi avevano elaborato un progetto per lavorare insieme in un film. Progetto purtroppo non realizzato.

Il Festival, presieduto da Ettore Scola che ha diretto Massimo in ben tre film, si terrà a Bari dal 5 al 12 aprile 2014, al Teatro Petruzzelli e in altre 10 sale della città. 
  

lunedì 18 novembre 2013

Tanto Massimo Troisi nell'intervista a Lello Arena de "Il fatto quotidiano"

Massimo Troisi Lello Arena Scusate il ritardoLello Arena: “I miei sessant’anni tra Troisi, manganelli, comunisti e mezze aragoste”
 
Una famiglia di sinistra poco convinta della professione di attore, le manifestazioni e le cariche della polizia, il palco dell'oratorio, l'incontro fondamentale con l'amico Massimo e un'amicizia che si rinnova nel ricordo: chiacchierata con l'attore napoletano in occasione del suo sessantesimo compleanno
Tra pochi giorni, il primo novembre, compie sessant’anni. Le date possono anche servire per fare bilanci, per capire, prendere la matita rossa o blu, a seconda dei gusti, tracciare una linea, sbrogliare matasse di ricordi. Quindi parlare di se stessi, dare sfogo all’io imperante, un io esposto sul palco da quaranta e più anni. Con Lello Arena tutto questo è relativo, tra un ricordo e un altro c’è un richiamo costante, suo, lo custodisce con rispetto, da testimone consapevole: quello dell’amico Massimo Troisi, morto a giugno del 1994 ad appena 41 anni “e anche lui a febbraio scorso ne avrebbe compiuti 60. Sì, siamo coetanei, cresciuti insieme dentro un oratorio. In quel luogo è nata la magia”.

Il vostro primo incontro?
Al teatro della parrocchia, avevamo 13 anni.

Mai conosciuti prima?
No, ma lui aveva una fama leggendaria, perché era iper-attivo politicamente, era dentro a dei comitati, ma frequentavamo istituti diversi, lui geometra io magistrali.

Da dove arrivava la fama? 
Quando andava alle assemblee studentesche chiedeva sempre la parola perché era uno con delle idee già formate. Con un però: il suo stile, la sua mimica facciale e anche un punto di vista strampalato rispetto all’epoca, provocavano ilarità. Quindi esprimeva concetti agguerriti con una platea che rideva sempre. Ne usciva addolorato e ci chiedeva: ‘Ma che vita mi aspietta se la gente ride quando dico cose serie?’.

E poi?
Stavamo mettendo in scena un piccolo spettacolo per la parrocchia di San Giorgio a Cremano, uno degli attori dà forfait. Arriva il regista e fa: ‘Possiamo prendere questo ragazzo, pare faccia ridere molto’. Era Massimo.

Come andò lo spettacolo?
Dirompente. Il suo ruolo era quelle del salumiere che si presenta con un paniere di prodotti: doveva solo elencarli, libero nella sequenza. Macché, si ostinava a rispettare la scaletta, ma non riusciva a memorizzarla, così in scena era un continuo interrompersi e ricominciare, il pubblico con i crampi per le risate. Alla fine mi disse: ‘Sscusa, ma è questo il teatro?’ Sì. ‘Ma ti posso venire a trovare qualche volta?’. Certo, sono in via Recanati .

Nato il sodalizio.
Sparì per mesi, poi un pomeriggio d’estate sentii citofonare: ‘Ti ricordi di me? Posso salire?’. Fu una fortuna.

Il palco vi aiutava con le ragazze?
Per me no, lui era molto appassionato del genere e i guai arrivarono ai tempi della Smorfia. 

                                                                                                                   Quali guai?
Lello Arena Lina Polito Scusate il ritardoNon c’erano cellulari e Massimo non sapeva gestire certe situazioni, andavano smistate anche tre spasimanti.

Troisi torna spesso nei suoi discorsi. 
Anche se non volessi pensarci, sarebbe impossibile: il novanta per cento delle persone che mi ferma, chiede di lui.

Un po’ le scoccia? 
No, penso sia una buona funzione rispetto a come ognuno di noi si rapporta con il mondo.

Non ha partecipato al suo ricordo in Rai.
Ho avuto alcuni contatti, ma la serata era stata data in prima battuta a Enzo De Caro, poi ad Anna Pavignano, infine a me. Alla prima riunione mi sono reso conto dell’impostazione sbagliata: Massimo era ai margini.

Momento chiave della sua vita?
Andare a vivere a San Giorgio a Cremano: quando avevo dodici anni i miei acquistarono casa lì, Napoli era cara.

E lei?
Sono appena dieci chilometri di distanza, ma nel primo periodo li ho maledetti, li ho accusati di egoismo, di volermi rovinare la vita, di volermi assassinare, da quello che consideravo il centro, mi portavano in periferia. E invece stavano costruendo il mio futuro, un futuro di passioni, ideali, cinema. Che non sarebbe mai stato possibile se non avessi avuto la possibilità di incontrare Massimo.

In quale famiglia è nato?
Impiegati alla manifattura tabacchi, due operai. Mio padre per un certo periodo ha rigenerato le sigarette di contrabbando: arrivavano le bionde sequestrate, selezionava le categorie e valutava quelle che potevano rientrare nel circuito legale. Poi lo hanno spostato al ruolo di cuoco della mensa.

Un padre chef.
Un tipo serissimo. Gli affidarono un budget settimanale per la spesa: iniziò a comprare aragoste, mezza a testa. Tutti sconvolti. Scoprirono che i suoi predecessori rubavano.

La politica entrava in casa?
Comunisti veri. Militanti. Insieme alle manifestazioni.

Ha mai preso una manganellata?
All’università sono stato menato da tutti i celerini di Napoli, ero sempre ridotto in pezzi.

Sfortunato o molto attivo? 
Nooo, la seconda. Ero sempre lì, mi piaceva e a Napoli le forze dell’ordine erano organizzate, sapevano bene dove, come e chi menare. Alcuni celerini li ho incontrati dopo molto tempo. A uno sono arrivato a dirgli: ‘Senti, picchiami sempre tu, almeno so che mi fai un po’ meno male’.

Da incendiario poi sarà diventato pompiere… 
Mica tanto. Nel 1994, sul set di Facciamo paradiso abbiamo girato una scena all’università sulle occupazioni: mi hanno dovuto bloccare, non capivo più niente, pensavo fossero celerini veri e mi difendevo con la mazza del pennone.

Suo padre solidale? 
A un certo punto è diventato cattolico-praticante e con il voto sull’aborto scoppiò una tragedia casalinga: io e mamma favorevoli, lui no. Per dieci giorni non ci ha parlato.

Cosa pensavano della sua carriera? 
Mia madre diceva ‘dove ti avvii, come fai?’. Per lei gli attori dovevano essere belli come Cary Grant, non come me.

Poi avrà cambiato idea. 
Ricordo una giorno, siamo tutti in casa. I miei davanti al televisore mentre la Rai trasmette un programma registrato con noi della Smorfia. E mia madre: ‘Mo’ questo sta lì, ma quanto dura? ma che è un mestiere?’ Non solo. Una sera vengono al teatro Metropolitan, tremila paganti, e lei: ‘Oggi è così, chissà domani’. Un continuo.

Come reagiva? 
Risolse tutto mio padre, quando decise di chiudere la questione con una frase storica: ‘Addolorà, finché non se ne accorgono fallo fa!’

Da cattolico praticante come giudicò lo sketch di “Annunciazione”? 
I problemi veri non nacquero in famiglia, dopo il primo passaggio in tv siamo stati denunciati per vilipendio alla religione di Stato.

Chi vi denunciò? 
Arrivarono in Rai centinaia e centinaia di proteste, tutte le associazioni religiose. Siamo finiti in tribunale.

E voi? 
Stupiti, non capivamo. Ma la situazione si risolse in maniera semplice: il giudice ci chiese: ‘Volevate vilipendere la religione di Stato?’ No, era solo un pezzo comico. ‘Va bene, andate’.

Resta uno dei pezzi più famosi. 
La Rai per anni lo ha chiuso nelle teche, temevano altre denunce. L’unico che si è preso la briga di farlo riemergere è stato Renzo Arbore. Pensi, la vestaglia di mia mamma è finita in un museo dei costumi dell’attore.

Come, scusi? 
Ci hanno chiesto il costume di Gabriele in Annunciazione e quella esposta è la vestaglia di mamma.

È prevista una fiction sulla storia di lei, Troisi e De Caro. 
Una strage annunciata.

Addirittura… 
La nostra è una vicenda così avventurosa, straordinaria, complicata, nata anche per caso. Leggerla in maniera banale come una storia di ragazzini che da piccoli giocavano a pallone e che poi diventano artisti è sbagliato. Se racconti questo offendi la qualità del guizzo geniale che la vita può avere, a prescindere da noi. Se vuoi raccontarla devi narrare lo straordinario.

Però giocavate a pallone… 
Massimo Troisi Diego Armando MaradonaNo, io non volevo, ero costretto da Massimo, lui in realtà sognava una carriera da calciatore, io ero appassionato di rugby, sono arrivato fino alla serie D. Poi quando siamo diventati famosi è nata una squadra per beneficenza. Abbiamo giocato al San Paolo.

Anche lei? 
Per forza! Massimo mi diceva: ‘Se non vieni non ti parlo più per tutta la vita. Non sai cosa cazzo ti perdi’. Aveva ragione, c’era anche Maradona a dare il calcio d’inizio e Mennea nella nostra formazione che partiva di corsa, palla tra i piedi, e mi urlava: ‘seguimi’, ma quando mai! Ecco, questi momenti qui, se non li racconti, non puoi capire la straordinarietà di un progetto che non ci riguarda, noi abbiamo solo accettato di far parte di questa situazione, noi ci abbiamo messo la disposizione d’animo. Mentre qui prendono tre attori e vogliono banalizzare tutto.

Fabio Troiano sarà Trosi.
 
Ma non può! Se qualcuno mi dicesse: ‘E’ arrivata una major americana e devi interpretare Chaplin’, mi rifiuterei! Bisogna avere il coraggio di dire no.

Chi interpreterà Lello Arena?
 
Nic Nocella. Al massimo potrebbe fare mio figlio adesso, ma non ha niente a che vedere rispetto a me dell’epoca. I fan club sono scatenati , tutti i giorni attaccano Valsecchi, produttore della fiction: uno come lui dovrebbe rinunciare a questo tipo di guadagni.

Ha mai rinunciato a qualcosa per stare con Troisi? 
Esce "Ricomincio da tre" prodotto da Fulvio Lucisano, il quale pretende di realizzare anche il secondo film. Massimo gli risponde ‘vedremo’, tanto per sondare il mercato. Dopo un po’ lo stesso Massimo mi spiega che se non avesse accettato, Lucisano avrebbe fatto saltare anche l’accordo per il mio esordio dietro la macchina da presa. E io: ‘non ti preoccupare’. Ebbene, dopo il ‘no’ definitivo di Massimo a Lucisano, ho trovato tutto il mio materiale fuori la porta, su un pianerottolo. Va bene così, eravamo realmente solidali.

Ora c’è Siani a portare in giro la napoletanità. 
E’ un grande manager. Mi dà l’idea di uno che sa alla perfezione come vanno le cose, come colpire. Non capisco la sua tendenza a chiudersi dentro luoghi comuni su Napoli.

Rispetto alla sua generazione, a chi è legato? 
A molti, noi napoletani siamo una comunità. Non è difficile incontrarsi, sentirsi, più complicato realizzare cose insieme. In particolare con i fratelli Servillo, poi Enzo Evitabile, Gabriele Sepe.

Da un po’ manca dalla tv. 
Mi avranno chiamato dieci volte, altrettante ho risposto di no, è giusto non ci sia la undicesima. E comunque sono stato abituato male, ho fatto il grande varietà di prima serata, poi Scherzi a parte e Striscia la notizia.

Cosa guarda in tv? 
Striscia, ci lavorano ancora i miei amici.

Non va più benissimo.
Si è persa un po’ l’idea originaria. Un tempo si andava in onda con la tensione di dire ‘chissà cosa accade questa sera’, la ricerca dello scoop. Rompevamo le palle.

                                                                                                                   Si divertiva? 
La smorfia Troisi Arena Decaro
Tanto, con Enzo Iachetti tantissimo. E poi Antonio Ricci era molto propositivo, a caccia di rogne. Un gruppo straordinario, giocavamo il pomeriggio a biliardino, battute, poi scaletta, cena, magari cinema. Una famiglia. Certo ora con quei due baccalà mezzi nudi…

Li hanno tolti 
Ho chiamato Antonio è gli ho detto ‘non si fa così, ai miei tempi le Veline erano molto più vestite, c’è discriminazione, dovevano stare in topless!’

I suoi figli? 
Ne ho due, la prima ha 26 anni, il secondo nove. La grande è attrice.

Consigli? 
Inizialmente evitavo di seguirla, poi capii l’errore. Ora cerco di esserle di supporto anche per le questioni pratiche.

La trova brava? 
A me piace molto, è fuori registro nel senso positivo, ma per le attrici è tutto più complicato, devono essere gradevoli, di talento; devono resistere a tutte le naturali ostilità dell’ambiente dedicate al femminile. Poi quando sono in platea mi gioco sempre un paio di coronarie.

Il piccolo? 
A lui per ora ho trasmesso la passione per la magia, lo porto con me alle riunioni dei prestigiatori dove ci scambiamo i segreti del mestiere.

Il suo studio è circondato da fumetti… 
Ho imparato l’inglese grazie a loro.

E come? 
A Napoli, quando ero piccolo, arrivavano quelli statunitensi in lingua originale. Ne compravo in continuazione. Dopo anni vado in Inghilterra e lì non solo scopro di capire la lingua, ma di essere anche in grado di esprimermi, ma con un vocabolario fumettistico. Tutti gli interlocutori mi guardavano con un’aria tra l’interdetto e l’incuriosito.

Cosa non rifarebbe? 
I compromessi: quando cedo mi incazzo, non mi riconosco.

Non le ha mai pesato questo legame con Troisi? 
Per me è una grande gioia anche oggi. Oh, lui era Massimo! Essere secondo? A lui ben venga, forse non è chiaro di chi stiamo parlando. 

Alessandro Ferrucci

martedì 7 maggio 2013

La "leggerezza incisiva": Massimo Troisi su Giulio Andreotti

Riporto il video pubblicato da Tommaso Putignano sul nostro gruppo Facebook, ovviamente di grande attualità in relazione alla dipartita di Giulio Andreotti. Come unica didascalia Tommaso ha scritto "leggerezza incisiva", estrapolando le due parole dall'ultimo post che avevo pubblicato un paio di giorni fa. Grazie Tommaso e grazie a tutti i troisiani del gruppo, gli spunti che Massimo ci dona ogni giorno li mettiamo in circolo e facciamo in modo che nutrano la nostra passione con linfa sempre fresca e nuova.

Cristiano

                                                    

domenica 24 marzo 2013

"Massimo Troisi: lieve, più forte dell'arroganza". Il ricordo di Gianni Minà

Siamo felici di ospitare, dietro sua gentile concessione, stralci dell'articolo che Gianni Minà scrisse a dieci anni dalla scomparsa di Massimo Troisi. 


Nel mese di giugno del 2004, sono stati dieci anni che Massimo Troisi se n'è andato anzitempo da questo mondo. Sempre nell'anno che è appena trascorso, Massimo avrebbe compiuto cinquant'anni. Le manifestazioni per ricordarlo sono state poche e, in alcuni casi, modeste e provinciali, come una serata su Rai Tre organizzata dal Comune di San Giorgio a Cremano dove c'era tutto meno lo spirito e l'eredità di Massimo Troisi. Ho custodito nel mio ufficio un programma in due puntate su Massimo registrato quasi due anni fa al Teatro Bellini di Napoli, intitolato "Noi meridionali, presunti emigranti" che è un percorso diverso sul mondo artistico e umano di Massimo, sulle sue scelte, sul suo modo di proporsi, sulla sua generazione che ha regalato a Napoli, venticinque anni fa, un incredibile rinascimento culturale nel teatro, nel cabaret, nel cinema, nelle arti plastiche e figurative oltre che nella musica. Il programma finora è stato visto solo da alcune centinaia di spettatori al Festival Sergio Leone di Torella dei Lombardi (provincia di Avellino) dove una sera dell'estate scorsa abbiamo ricostruito lo spirito della singolare amicizia che ha avvicinato a Massimo un burbero e visionario creatore di cinema come Sergio Leone, complice un viaggio in un villaggio vacanze della Costa d'Avorio.
Il programma nato con l'idea di presentarlo a Rai Tre non ha potuto finora essere proiettato per una questione di diritti delle sequenze de “Il postino” utilizzate per spiegare meglio la personalità di Troisi e il perchè dell'innamoramento per il libro dello scrittore cileno Antonio Skármeta che ha ispirato il film-testamento di Massimo. Volle girare, infatti, “Il postino” a rischio della propria salute (rinviando l'intervento al cuore già programmato) perchè la storia, riambientata in Italia del postino Mario Ruoppolo, che attraverso Pablo Neruda e la sua poesia scopre la coscienza civile e muore in una manifestazione di piazza repressa dalla polizia dell'epoca di Scelba, lo aveva emozionato così come i versi del grande Nobel cileno, esule nel '51-'52, proprio fra Napoli e Capri.
Quella scoperta lo aveva incuriosito e gli aveva rivelato l'universo appassionato dell'autore del “Canto general”.
Spero che un giorno o l'altro le autorizzazioni a trasmettere questo omaggio arrivino per ricordare agli italiani un attore e autore inimitabile. Perchè quel viaggio nel mondo e nelle idiosincrasie di Troisi, con le testimonianze di Antonio Skármeta, di Pietro Ingrao, di Roberto Benigni, di Ettore Scola, di attori come Mariano Rigillo e Linda Moretti, di Enzo Decaro, di Massimo Bonetti, di Anna Pavignano (sceneggiatrice di tutti i film di Massimo) e anche di Enzo Gragnaniello e James Senese, quel viaggio è un'occasione unica per riflettere sulla modernità artistica di Troisi, sulla vena innovativa della sua comicità, sul suo linguaggio, sul suo cinema e perfino sulla sua passione civile.
Per ricordarlo, ora che ci manca da dieci anni, mi piace riproporre quanto scrissi allora sull'Unità. 
 
Massimo Troisi era un essere umano leggero, lieve, forse stonato in un'epoca ed in una società dello spettacolo dove imporre la propria presenza, essere arroganti, è il comportamento di moda. Massimo sapeva stare al mondo rendendo gradevole la vita dei suoi amici e della gente che gli era cara senza sfiorare mai gli altri con le sue angustie. Del suo "cuore malato", operato a Houston per due volte, non parlava mai, al massimo ci scherzava sopra facendo il verso alle parole di una immortale canzone che talvolta intonava cercando di imitare Sergio Bruni. Si era fatto conoscere come comico negli anni ‘70 con il gruppo La Smorfia composto, oltre che da lui, da Enzo Decaro e Lello Arena, ed aveva raggiunto il successo con "Non Stop", una di quelle trasmissioni-laboratorio della RAI inventate da Bruno Voglino dove nascevano spesso artisti che duravano molto più di una stagione e comici non schiavi di una battuta o incapaci di andare oltre i due minuti di esibizione. Erano comici spesso inventori di un genere, lettori ironici del quotidiano, o interpreti sarcastici della società in cui vivevano. Fu la stagione, oltre che di Troisi, di Benigni, di Verdone, di Grillo. Sono passati soltanto 25 anni e sembra un'eternità. La tv schiava dell'audience, la tv commerciale ha disintegrato anche la capacità di far ridere intelligentemente. E non dico questo perchè Troisi, come gli altri che ho citato, erano indicati come "comici di sinistra", cosa che oggi apparirebbe un peccato. "Scusa, ma da che parte potevo stare? - mi disse una volta Troisi sorridendo - Songo nato a San Giorgio a Cremano e al pizzicagnolo che ogni mattina mi dava pane e mozzarella io dicevo sempre di aver fede, perché ai poveri ci pensa Dio. Pover'omme. Un giorno, stanco di segnare sul quaderno dei crediti, mi disse 'non sarebbe meglio, aspettando Dio, che a saldare il conto passasse tuo padre?'". Nel cinema fu una rivelazione con "Ricomincio da tre", un film del 1981 dove c'erano tutti i dubbi e le disillusioni della sua generazione, ma anche tutto il suo senso della vita, la sua filosofia basata sull'arte di accontentarsi, forse anche un po' della sua famosa pigrizia. Fu questo il sentimento che Massimo apprezzava come una cultura, più che il timore di non riuscire a ripetersi, a convincerlo ad aspettare più del previsto prima di dirigere "Scusate il Ritardo". Amava le donne e lo sport e voleva aver tempo per queste due passioni. "Chi l'ha detto che non è serio amare due donne nello stesso momento e perder tempo per fare la formazione della propria squadra?". Quando il Napoli vinse lo scudetto fu memorabile l'intervista a cui mi costrinse nella trasmissione organizzata per l'occasione facendo finta di essere l'unico napoletano a non aver avuto la notizia e commentandola sorpreso con tutti i luoghi comuni che riguardano il calcio e le interviste. Ricordo ancora come un incubo gioioso le puntate intere in cui Massimo e Benigni occupavano "Blitz", il programma domenicale che vent'anni fa facevo su Raidue. Come i grandi del neorealismo sapeva cogliere il particolare delle cose, delle situazioni, perfino i tic delle persone e trasformarli in una introspezione ironica. Eduardo De Filippo mi disse una volta che era un comico di domani con le radici nel passato. Sotto la sua pigrizia nascondeva però talvolta una volontà di ferro. "Il postino di Neruda", il film con Philippe Noiret terminato il giorno prima di morire, lo aveva inseguito per anni, dopo aver scoperto, come ho scritto, il libro di Skàrmeta, un autore cileno del quale mi aveva chiesto ogni dettaglio. Forse per una volta ha voluto controllare il suo cuore per riuscire a portare a termine un progetto amato. Se la storia è andata così, è stata una delle poche volte che ha permesso al suo raziocinio di prevalere sulle passioni. Ci manca tanto, Massimo. 


Gianni Minà, in "Vivaverdi", maggio-giugno 2004

Questo il link dell'articolo sul sito ufficiale di Gianni Minà: http://www.giannimina.it/index.php?option=com_content&task=view&id=157&Itemid=53
Stralci di questo pezzo furono pubblicati anche su "L'Unità" domenica 5 giugno 1994, all'indomani della scomparsa di Massimo.
 

domenica 11 novembre 2012

Dai giornali dell'epoca: "Morto Troisi, viva Troisi!" col senno di poi, secondo il Corriere della sera (VIDEO)

Un po' di amarcord: ripeschiamo oggi un vecchio articolo del Corriere della Sera datato 18 luglio 1994.
  
 
Troisi: al di la' dell' estremo sberleffo

C'e' un gioco antico e lancinante nel quale tutti ci siamo crogiolati, almeno una volta nella vita. E quello di immaginare il proprio funerale, la straziante cerimonia di cui si e' protagonisti assenti. Ci si abbandona a questa fantasia spinti da un misto di masochismo e di narcisismo. Si soffre, certo, nel "vedere" lo strazio dei parenti, il dolore attonito degli amici, lo sgomento di folle commosse accorse a darci l' estremo tributo. Ma ci si compiace nel rappresentare il grande amore di cui siamo stati degnamente depositari. In realta' la strana tentazione di farsi sfilare davanti le scene della mesta cerimonia nasce soprattutto dal bisogno inconscio di tenere a bada la paura. La paura di morire appunto. Con il gioco innocente e doloroso del funerale ci si illude di fermare il tempo su di noi, ma anche di restare registi di quell'evento estremo che per definizione ci esclude. E se saremo li' a dirigerla, la morte non potra' decidere più di noi stessi. Tutto questo ha certamente contribuito ad accrescere la grande commozione degli spettatori che hanno seguito giovedi' su Raitre il finto funerale che Massimo Troisi aveva girato su se stesso ("Morto Troisi, viva Troisi!"). Massimo che era un uomo di spettacolo si è potuto permettere di sporgere il gioco al di là del sogno a occhi aperti.
Ha fissato in un film il suo dolente immaginario e ha chiamato a interpretarlo i suoi amici più cari. È struggente scoprire adesso, col senno di poi, quanto fosse grande il bisogno del grande attore di esorcizzare quella morte che, per via della sua malattia, doveva sentire molestamente vicina. Si diverte, il compianto regista, a immaginare, vecchi e rintronati, Benigni, Nichetti, Verdone e Arbore. I quattro sono ospiti di una casa di riposo per artisti intitolata proprio a Massimo Troisi. Verdone è su una sedia a rotelle, Arbore completamente sordo, Nichetti autistico e Benigni più delirante che mai. Parlano di lui, di Massimo, gli amici artificiosamente invecchiati. "Ultimamente aveva difficoltà per tante funzioni - dice Verdone - problemi alla prostata...". Ed è come se Troisi, attribuendosi quelle malattie tipiche degli anziani, volesse assicurarsi una vecchiaia. Lui che sentiva la sua morte giovane. Al tempo stesso però sembra voler profeticamente sottolineare che lui non ci sarà più quando i suoi amici saranno così malridotti. Il film è dolcissimo e struggente. "Com'era Troisi?" domanda una voce fuori campo a un Renzo Arbore rincitrullito: "Meglio vivo" risponde lui. Non si può che, desolatamente, convenire.
Schelotto Gianna
Fonte: Corriere della sera

Qui sotto trovate la versione integrale del mediometraggio "Morto Troisi, viva Troisi!"
 

venerdì 13 luglio 2012

Le vie del Premio Massimo Troisi sono finite...per ora, si spera

"Chi ha preso i soldi del Premio?"
Continuo a immaginarmi Massimo in quella tutta blu da attrezzista Rai che invece di parlare dei soldi del Belice chiede del Premio a lui dedicato. Un "Morto Troisi, viva Troisi" edizione 2012, insomma. Ma poi in fin dei conti magari non è che gliene fregherà più di tanto.
 
Non in tantissimi se ne saranno accorti, e non parlo di noi troisiani doc, ma dopo sedici anni per la prima volta non si è tenuto il Premio Massimo Troisi. Niente kermesse tra giugno e luglio quest'anno a San Giorgio a Cremano. Non ci siamo persi probabilmente chissà cosa, specie negli ultimi anni il premio di Massimo portava solo il nome e poco più. Fatto sta che dopo la sanguinolenta (per le casse degli organizzatori) nomina di Maurizio Costanzo a direttore artistico questa volta, probabilmente anche a causa delle recenti elezioni comunali, il piatto piange e tutti restano a casa. Per ora, perché si spera di recuperare per settembre anche solo per un Premio Troisi "umile ma onesto", magari come piacerebbe di più a noi, con più Massimo e meno inutili lustrini. Noi siamo a disposizione a costo zero, tra le altre cose, esclusivamente per la memoria di Massimo. Come ci ha scritto Enrico Fiore "al di fuori degli interessi di bottega dei tanti che oggi si riempiono la bocca col suo nome soltanto per mettersi in mostra o, peggio, per mettersi dei soldi in tasca". E quanti ce ne sono, anche che lo hanno conosciuto...

Adesso che l'acqua è poca e la papera non galleggia vedremo chi davvero ha a cuore questo Premio, chi si prodigherà per l'illustre cittadino sangiorgese anche senza poter intascare più di tanto. A chi interessa adesso salvare il Premio Massimo Troisi, unica manifestazione a lui dedicata (almeno sulle carte ufficiali)? In Rai in tanti erano in prima fila lo scorso giugno per la registrazione di "Poeta Massimo". Adesso aspettiamo e vediamo, sperando di non rimanere ulteriormente feriti e delusi. Per quanto ci riguarda, quando c'è di mezzo Massimo è come ci fosse di mezzo uno di famiglia. Allora per piacere date, diamo al suo ricordo e a ciò che ci ha lasciato quello che merita. Noi ci siamo.

Sarò ancora una volta a Salina questa estate. Vi aggiornerò sullo stato della casa rosa di Don Pablo e della spiaggia, entrambe a rischio, a causa di incuria nel primo caso e delle mareggiate nel secondo.

Buone vacanze a tutti

Cristiano