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martedì 22 marzo 2016

Massimo Troisi al Bari International Film Festival accompagna l'omaggio a Ettore Scola e a Marcello Mastroianni

Vent'anni fa se ne andava Marcello Mastroianni ed Ettore Scola avrebbe parlato in questo periodo personalmente con alcuni attori e registi per organizzarne l'omaggio al Bari International Film Festival 2016. Il maestro, presidente della manifestazione, ci ha lasciato però lo scorso 19 gennaio, ad un mese esatto dal compleanno di Massimo Troisi. E adesso sarà egli stesso uno dei personaggi al centro del prossimo Bif&st. All'interno della rassegna "Scola-Mastroianni 9½" troverà spazio anche il nostro Massimo: l'8 aprile sarà infatti proiettato il film "Che ora è" (ore 20:00, ingresso libero), che è valso a lui e a Mastroianni la Coppa Volpi per la Migliore interpretazione maschile al Festival di Venezia.

Altri appuntamenti del Bif&st 2016 riguardanti Massimo Troisi saranno i seguenti: il 5 aprile "Ettore Scola su Troisi e il lavoro degli attori" (ore 17:00, ingresso libero), il 7 aprile "Il viaggio di Capitan Fracassa" con a seguire una conversazione con Ornella Muti (ore 15:45, ingresso libero) e l'8 aprile la proiezione di "Splendor" (ore 9:15, ingressso riservato). 

Una importante manifestazione cinematografica che dà, insomma, il giusto spazio a Massimo accanto a due suoi grandi amici e colleghi.
 

giovedì 3 settembre 2015

Massimo Troisi nei ricordi della sorella Rosaria, dieci anni fa

massimo troisi rosaria troisi cinema comici
La migliore chiave di lettura per capire Massimo è di estreme semplicità e tenerezza. Basta vedere cos'è successo dopo di lui per comprendere quanto sia riuscito a entrare nel cuore di tutti. Vedere com’è ancora forte la voglia di tenerlo con noi, nel calore della vita, grazie al suo ricordo costante, basta per rendersi conto di come abbia saputo vivere una vita piena e intensa, anche se troppo breve. Per noi della famiglia Massimo non è mai cambiato: quando tornava a casa era sempre talmente uguale a se stesso che non ci eravamo resi conto fino in fondo del suo successo, del suo lavoro. Con lo sgomento della sua scomparsa è arrivato anche lo stupore di prendere atto di quanto le cose che aveva fatto fossero importanti. Lui diceva sempre di essere fortunato. Un privilegiato che poteva esprimersi nel modo che gli era più congeniale, ma era pur sempre lavoro e Massimo, tornando in famiglia, non parlava quasi mai del lavoro. 

Noi preferivamo andarci cauti, sapevamo bene quali problemi avesse avuto in passato e preferivamo avvicinarci a simili argomenti in punta di piedi: ho sempre pensato che la vita gli dovesse un risarcimento, quello di poter godere in modo completo dell’esistenza, dopo un inizio che era stato tanto avaro. Noi siamo una famiglia semplice, lo dico con orgoglio, senza evocare cliché e stereotipi: mio padre ha sempre lavorato, era nelle Ferrovie, non si navigava certo nell'oro, ma avevamo una vita dignitosa e, soprattutto, molto «viva». Come diceva sempre Massimo, parlando del modo in cui siamo cresciuti: «Se si’ imbecille, diventi imbecillissimo, se si’ umano, umanissimo». Ecco, lui è diventato umanissimo, con quei piccoli difetti come la pigrizia, l'indolenza e la capacità di astrarsi da ogni conversazione, se non aveva voglia di ascoltare, ma con pregi giganteschi: una semplicità disarmante, una lealtà assoluta e una mitezza totale che gli impedivano di essere scortese persino con quelli con cui non andava d'accordo. Anche in casa, persino nei momenti di «scontro generazionale» con il padre, non ha mai alzato la voce. Se contestava, lo faceva sempre in modo elegante, intimo, civile, proprio come ha poi fatto nel «Postino». Del resto Massimo ha mantenuto sempre il contatto con le radici, con gli amici della giovinezza, a San Giorgio a Cremano. E quando sono arrivati gli amici della vita professionale, erano sempre speciali, come Roberto Benigni: del resto sono molto simili, sarebbero diventati amici comunque. In famiglia, quando al telefono sentivamo che c'era qualche nuova fidanzata, lo «sfruculiavamo» citando Viviani: «Femmene belle, sempre 'na dozzina», ma Massimo era molto riservato. Come diceva, «le famiglie numerose diventano teatri stabili», e noi abbiamo sempre avuto il gusto di scherzare e prenderci in giro anche se lui, in privato, non era «nu pazzariello». Del resto, mica perché uno è attore comico deve passare la vita a far ridere gli altri, no? Nei suoi film vedo sempre tanto di lui e della nostra famiglia. In «Che ora è», ad esempio, quando tira l'orologio fuori dal taschino e dice «sono le tredici», Massimo cita papà, il suo modo da ferroviere di scandire ore e minuti, una finezza che mi ha dato un'emozione in più, mentre in «Le vie del Signore sono finite» c'è la tradizione della memoria storica narrata dai nostri nonni, nei loro racconti sulla guerra. «Scusate il ritardo», poi, più leggero, è proprio un ritratto delle dinamiche della nostra famiglia. 

Io credo che oggi Massimo possa ancora trasmettere un messaggio importante a quei giovani che si sentono bloccati e impotenti, che pensano non si possa fare nulla se non si va in televisione: se Massimo, nato in una cittadina che non figura nemmeno su tutte le carte geografiche, che non ha studiato recitazione, che non aveva un padre ricco e potente, che aveva pure una salute cagionevole, ce l'ha fatta ed è arrivato fino agli Oscar, partendo da San Giorgio a Cremano, allora bisogna imparare ad avere sempre fiducia in se stessi e nelle proprie qualità. In tanti anni di carriera Massimo non ha mai partecipato a un talk-show, non ha mai messo piede nel salotto di Costanzo e se fosse vivo oggi non andrebbe alle trasmissioni di Vespa: se lui ce l'ha fatta con queste scelte, allora vuol dire che tutti possono farcela, è questo il messaggio di ottimismo che ci ha lasciato. Spero che le nuove generazioni sappiano ascoltarlo.

Rosaria Troisi 
29/10/2005

martedì 23 settembre 2014

Silvia Scola: "Massimo Troisi e mio padre avevano la stessa idea di Napoli"

"Papà aveva un rapporto molto stretto con Massimo, che frequentava casa nostra, ed è stato molto addolorato per la sua morte, solo di recente è riuscito a rivedere "Il postino", era troppo triste per la perdita del suo amico. Papà quando mi chiese di scrivere il film "Che ora è" in cui Troisi interpreta il figlio e Mastroianni il padre, aveva proprio in mente Massimo per quel ruolo. Per scriverlo mi sono ispirata al nostro rapporto di padre e figlia, anche se paradossalmente io ho scritto più il personaggio di Mastroianni e papà quello di Troisi. Mio padre e Troisi erano uniti anche dalla stessa idea di Napoli, come Massimo, anche lui detesta quell'oleografia di una città tutta spaghetti e mandolino, vuole sempre vederne anche le ombre."  

Silvia Scola, figlia del regista Ettore e co-sceneggiatrice di "Che ora è" e "Il viaggio di Capitan Fracassa" con Massimo Troisi.
  

lunedì 22 settembre 2014

Massimo Troisi non assomiglia a nessun altro. Parola di Marcello Mastroianni


"Massimo è intelligente, bravo. Non assomiglia a nessun altro, è interessante quel suo modo di recitare fatto tutto di invenzioni, rotture, recitazione sincopata, sembra che non finisca mai i discorsi, che non abbiano un senso e invece ce l'hanno moltissimo. Mi piace pure essendo molto diverso da me". 

Marcello Mastroianni
  
   

domenica 6 luglio 2014

Massimo-tour a Civitavecchia sui luoghi di "Che ora è", con Massimo Troisi e Marcello Mastroianni

"Abbiamo girato Che ora è proprio per non far finire Splendor, per continuare a stare insieme, ma veramente. Di Che ora è ne abbiamo parlato tanto tutti e tre (con Scola e Mastroianni), è nato al ristorante. Poi giravamo Splendor ma parlavamo dell'altro continuamente. Dei tre film con Scola senz'altro amo di più questo, il più piccolo nel senso buono e dove con Marcello stavamo sempre insieme. Nella storia io e Mastoianni quasi ci scambiamo i ruoli: lui è allegro, anzioso, vitale, irrequieto come un giovane; io sono calmo e posato come un uomo maturo".

Massimo Troisi


                         

lunedì 9 dicembre 2013

Una retrospettiva, una mostra e alcuni incontri dedicati a Massimo Troisi al Bari International Film Festival 2014

troisi“Quest’anno il festival ci rimette addosso il fiato di due grandi del cinema riproiettando sui propri schermi, con due importanti e ricchissime retrospettive, il volto, la voce, la presenza scenica di Massimo Trosi e Gian Maria Volontè, entrambi  scomparsi 20 anni fa. Due personalità differenti che la morte ha separato prima che si potessero incontrare perché probabilmente insieme avrebbero voluto costruire un’opera. Noi cercheremo di tornare sulle tracce sia dell’impegno civile e straordinario di Volontè, che ha rappresentato il volto di tutto ciò che aveva a che fare con il cinema civile e di denuncia, sia della straordinaria sapienza, tipica della millenaria scena partenopea, di Troisi. Due grandi del cinema italiano che abbiamo amato molto e che con grande felicità riportiamo qui in questa scena mediterranea che è il festival internazionale di Bari. Gian Maria Volontè e a Massimo Trosi, hanno rappresentato due tra i protagonisti di percorsi fondamentali per la nostra educazione sentimentale”.

Nichi Vendola, presidente della regione Puglia
 

Due corposi tributi saranno dedicati a due grandi protagonisti del cinema italiano, entrambi scomparsi 20 anni fa: Gian Maria Volonté e Massimo Troisi. Di Volonté verranno presentati, oltre ai film da lui interpretati e a una mostra fotografica, anche tutti gli sceneggiati televisivi dei quali è stato interprete provenienti dalle Teche RAI, dirette da Barbara Scaramucci, che metteranno a disposizione del Bif&st anche i materiali di documentazione sul grande attore. Una serie di 8 incontri con i registi e gli attori che con Gian Maria hanno lavorato - curati da Giovanna Gravina Volonté - contribuirà ad approfondire il particolarissimo metodo interpretativo da lui elaborato per creare quella galleria di straordinari personaggi entrati nella storia del cinema.
L’altra grande retrospettiva verrà dedicata al regista, sceneggiatore e attore Massimo Troisi cui saranno anche dedicati, a parte i film e una mostra, alcuni incontri con quanti con lui hanno collaborato, a cura di Orsetta Gregoretti. Da segnalare che Gian Maria Volonté e Massimo Troisi avevano elaborato un progetto per lavorare insieme in un film. Progetto purtroppo non realizzato.

Il Festival, presieduto da Ettore Scola che ha diretto Massimo in ben tre film, si terrà a Bari dal 5 al 12 aprile 2014, al Teatro Petruzzelli e in altre 10 sale della città. 
  

mercoledì 11 aprile 2012

Massimo Troisi around the world

"Non si capisce", urlavano sicuri,
"questo Troisi se ne resti al Sud!"
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Holliwood!

(Roberto Benigni)









"Splendor" - Trailer francese
                                  
"El cartero (Y Pablo Neruda)" - Trailer spagnolo
                                                      
"The postman" - Trailer inglese
                                 
Massimo Troisi a Little Italy
                                                    
Da "Morto Troisi, viva Troisi!": LA PRINCIPESSA ANNA D'INGHILTERRA
                                
Da "Morto Troisi, viva Troisi!": CHE COSA NE PENSI DELLA SVIZZERA?
                                                
Da "Hotel Colonial": EMIGRANTI VENETI E CAMPANI
                                

Locandine estere

 

 

 

Commenti "internazionali" sulla nostra pagina facebook dedicata a "Il postino":
 
"PRACHTIGE FILM!!!! (Film magnifico!!!)" (Samira Mahassine - Belgio)


"Il postino è il mio film, graziiiiiiiiiie!!!" (Hayaty Amal - Olanda)

"Gefällt mir! Sehr! Sehr! (Mi piace! Moltissimo! Moltissimo!" (Christina Piontek - Germania)

"マッ シモ・トロージ、繊細な演技をする素晴らしい役者さんでした。この映画を見て、パブロ・ネルーダという詩人の事を知りました (Gli attori sono di grande effetto, incredibile. Massimo Troisi è delicato. Grazie a questo film, che è da vedere, ho conosciuto il poeta Pablo Neruda)" (... - Giappone)

"Un coeur simple et pur qui rencontre la poésie de Pablo Neruda. Une grande leçon d'humilité et d'émotion. La beauté du sud de l'Italie, l'amour et la poésie, baignés par un soleil lumineux. Du vrai bonheur." (Bernard Cali - Parigi)    

giovedì 22 marzo 2012

Ettore Scola, il lato buffo dell'esistenza e il ricordo di Massimo Troisi

«Scarabocchi personali» di Ettore Scola, in mostra nella Sala Murat di Bari. Il regista disegna il repertorio umano con uno stile incisivo, duro e spigoloso

BARI - Per Ettore Scola i suoi disegni sono qualcosa in più di un pensiero trasformato in tratto grafico, sono, come egli stesso li definisce, «scarabocchi personali, destinati più al cestino che al cassetto». Per chi invece conosce lo Scola regista, quello capace di aspri affondi sociali su una commedia umana tutta italiana, tagliata con sguardi a tutto tondo sui ceffi grotteschi del sottoproletariato, sui saccenti e patetici intellettuali salottieri, sulle delicate solitudini di donne o di omosessuali, questi universi di bizzarre creature aiutano a tratteggiarne meglio la fisionomia creativa.

E’ un’umanità in cerca del «buffo dell’esistenza», costipata in affollati disegni o staccata in più sfoltite ambientazioni, da oggi in mostra a Bari all’interno della Sala Murat in occasione del BifEst. Per l’inaugurazione ufficiale bisognerà aspettare invece il 23 marzo quando ci sarà anche l’autore, che del festival barese è il presidente. La mostra invece sarà visibile fino al 30 marzo e poi proseguirà per Parigi. In realtà lo Scola disegnatore è sempre esistito, da quando giovanissimo partecipava alla rivista satirica Marc’Aurelio, storico magazine di cui condivideva le pagine con mostri sacri del calibro di Fellini, Camerini, Steno, Scarpelli, Marchesi, Metz, Zavattini. All’amico Fellini è peraltro dedicata una microsezione della mostra, dove il maestro è trasformato in un’icona, assolutamente riconoscibile anche quando compare di spalle seduto sulla sedia di scena con l’inconfondibile cappello, o quando campeggia isolato a tutta pagina in una grandezza che suona come un deferente omaggio. Molti dei suoi personaggi di penna, spesso precisati con più marcate identità direttamente nei suoi film, affidati a lapis o a inchiostro di china, disposti su fogli, tovaglioli, e margini di giornali, sono al contrario anonime comparse, esponenti di una variegata tipologia sociale.

Un repertorio umano popolato da nani, donne procaci, ometti opachi, turisti improbabili, incalliti e sfigati spettatori tv, tutti in uno stile compendiario ma incisivo, duro e spigoloso, ideale per una messa a nudo di vizi e virtù. Appena deformate o semplificate nel tratto, le figure si impongono nelle addensate impaginazioni dove si schierano come in un lungo piano sequenza, oppure si palesano in composizioni più rade, dove si impegnano in eccentriche ritualità o citano celebri fumetti, come nel caso del Bobo di Staino. Comunque difficilmente lasciano del tutto indifferenti, piuttosto recapitano quello stesso amaro retrogusto dei suoi più popolari personaggi cinematografici. La celebrazione scoliana avrà il suo punto di forza il 26 marzo quando nella Sala 1 del Multicinema Galleria verrà proiettato il film documentario intitolato Un ritratto di Ettore Scola diretto da Davide Barletti e Lorenzo Conte.

Marilena Di Tursi
Fonte: Corriere del mezzogiorno
 
 
Un disegno di solito è un progetto, organizzato prima mentalmente poi graficamente, quasi sempre ispirato da intenzioni illustrative, ornamentali, celebrative e caricaturali, eseguite per studio, per committenza e per omaggio.
I miei disegni invece - se si escludono le vignette del mio giovanile apprendistato nel settimanale "Marc'Aurelio" e qualche schizzo buttato giù durante la preparazione di un film per chiarire a me stesso e ai miei collaboratori lo spunto iniziale di un carattere, di una scena o di un costume - sono scarabocchi personali, destinati più al cestino che al cassetto.
Sono ghirigori mentali, giochi di parole visivi, segni tracciati per distrazione riflettendo ad altro o a niente.
Li faccio da sempre, su fogli, tovaglioli, margini di giornali (quasi mai su album da disegno), a lapis, a penna a inchiostro di china (mai con l'odiata biro). Non essendo io particolarmente dotato né per il ritratto né per il paesaggio, i miei "soggetti" sono figurine anonime, passanti e astanti irreali che trovano la loro possibile realtà nel riferimento a similitudini, tic e comportamenti di ordinaria quotidianità.
Sono personcine dall'esistenza abbreviata in una sola dimensione, senza chiaroscuri, perplesse nella fissità di un cenno o di uno sguardo: come quando un improvviso pensiero ci blocca per un istante in un gesto a mezz'aria. Ometti di periferia, donnine di case modeste, nudi o vestiti ma sempre alla ricerca di un contegno che sperano di trovare magari mettendo una mano in tasca e avendo un bicchiere nell'altra. Accostati per contrasto, figli giganti e padri nani, mariti minimi e mogli debordanti tentano di farsi notare con una occhiatina allusiva, un passo elegante, un atteggiamento allegro che ci faccia dimenticare la loro mostruosità.
Umanità piccola e malinconica che, se proprio le si vuole trovare uno scopo, è lì per affermare il lato buffo dell'esistente. Che poi è quello che ci aiuta a trovare il coraggio di vivere.


Con Massimo Troisi ci siamo trovati fuori dai film, umanamente. L'ho conosciuto quando ancora non faceva cinema, con La Smorfia. Mi piaceva il suo essere così poco napoletano nelle cose che non mi piacevano, io che sono di mamma napoletana. Era un intellettuale della contronapoletanità, fu contento di lavorare con Mastroianni perché non è che amasse molto fare il regista, mestiere di grande fatica fisica e dispersività. Ognuno vuole fare una domanda al regista che non ha quasi mai una risposta ma deve fingere di averla. Fu un rapporto facile, comodo e facemmo altri due film, nonostante gli dissi che non gli conveniva riguardo gli incassi. Con me faceva film di nicchia, ma lui amava questo. Abbiamo fatto tre film insieme più per il piacere di stare insieme che per i film.
Ettore Scola

Nel video seguente c'è anche Rosaria Troisi, che a proposito di "Che ora è" ci parla del rapporto di Massimo con papà Alfredo con divertenti aneddoti.
  
                                 

giovedì 9 febbraio 2012

"Che ora è" a teatro con Pino Quartullo. E' sempre l'ora di Massimo Troisi

Una volta tanto sono andato a teatro anche per Massimo. "Che ora è" è arrivato a Napoli, e con lo spettacolo anche la mostra fotografica documentata per il nostro blog da Angela poco più di un mese fa (http://amicidimassimotroisi.blogspot.com/2012/01/massimo-troisi-la-passione-che-non.html). A dire il vero non ho trovato qui a Napoli tutte le foto che avevo visto nelle immagini inviatemi da lei. Ad ogni modo grandi emozioni per un qualcosa dedicato anche a Massimo Troisi, ogni tanto, nella sua città. 
E poi lo spettacolo. Potete leggere le mie impressioni nella recensione che segue, qui desidero spendere due parole per Pino Quartullo, che ha voluto fortemente questo spettacolo. Ha spazzato via ogni scetticismo con la sua regia e la sua interpretazione; davvero un attore concreto e misurato. E una gran bella persona, conosciuta in camerino dopo la rappresentazione davanti ad una torta per festeggiare la sua prima napoletana. Abbiamo discusso della messa in scena, ha addirittura accolto una mia osservazione che più tardi Ettore Scola a cena ha approvato. Piccola modifica in corso alla pièce. Io mi sono azzardato, ma lui si è rivelata una persona umile e pronta all'ascolto di chiunque. Umile...ma onesta, insomma. Proprio come piace a noi. 
Se potete fateci un salto, fino a domenica lo spettacolo è in scena al Delle Palme di Napoli.

Cristiano

Pino Quartullo in scena con “Che ora è” al Delle Palme di Napoli

“Che ora è”, spettacolo prodotto, diretto e interpretato da Pino Quartullo e tratto dalla sceneggiatura del film omonimo diretto da Ettore Scola nel lontano 1989, arriva a Napoli. L’emozione è palpabile e Pino lo confessa a fine serata dal palco. Il fascino della prova del pubblico napoletano in questo caso raddoppia per via di quel Massimo Troisi che fu splendido protagonista insieme a Marcello Mastroianni della pellicola che fruttò ai due una Coppa Volpi a ex aequo per la migliore interpretazione. L’esame è superato, il pubblico applaude entusiasta anche per la presenza di Ettore Scola in sala. Uno spettacolo misurato, attento a non scimmiottare il film e i suoi attori, con una messa in scena essenziale ma efficace. Accanto a Quartullo (che interpreta il ruolo che fu di Mastroianni, quello di un brillante avvocato romano) c’è la piacevole sorpresa Clementino (nei panni che furono di Troisi e cioè del figlio Michele, militare indolente). Non da meno la giovane Valentina De Giovanni, che interpreta la fidanzata di Michele.
  
Lo spettacolo racconta di un padre e un figlio che trascorrono una giornata insieme in quel di Civitavecchia, un incontro-scontro che termina in fin dei conti alla pari, lasciando spazio a sprazzi di comprensione reciproca. Un vecchio orologio da taschino del nonno regalato a Michele scherma e fa superare i momenti più aspri del confronto, risvegliando ricordi ed emozioni sopite. Quartullo e Clementino si cuciono addosso i personaggi strizzando spesso l’occhio ai toni della commedia e dimostrando un ottimo affiatamento. La trasposizione dal cinema al teatro è perlopiù riuscita; appaiono talvolta ridondanti le spiegazioni date dai protagonisti al pubblico, ma per il resto la rappresentazione fila via snella e gradevole.

Si ride, si riflette e ci si rispecchia. L’adattamento è firmato, oltre che da Quartullo, da Paola e Silvia Scola. Le musiche sono quelle originali, composte dal maestro Armando Trovajoli per il film. Un piccolo capolavoro per la profondità con cui tocca il tema del rapporto padre-figlio, in maniera talvolta dura ma senza mai rinunciare ad un’ironia sagace, che lascia il segno.

Cristiano Esposito

Lo spettacolo resta in scena al teatro Delle Palme di Napoli fino a domenica 12 febbraio 2012. Per info consultare il sito www.teatrodellepalme.it.

  

mercoledì 4 gennaio 2012

Massimo Troisi, la passione che non delude mai. Racconto di una giornata alla mostra fotografica di "Che ora è"

Alle volte ci accingiamo imperterriti a cercare ciò che più amiamo con l’idea di trovare a tutti i costi quello in cui crediamo. Non sempre è così, ma in questo caso…

Che ora è? Ore 8:05 stazione Termini, binario 25, avevo dimenticato che fosse uno degli ultimi, una distanza da accorciare solo correndo.

Ore 8:15  partenza: direzione Civitavecchia.
Immediatamente l’affanno subiva un arresto inaspettato, aprendo il varco ad uno stato emotivo già noto: una serenità; un affetto improvviso a dir poco familiare; una voglia di andare, tornare e di nuovo andare, pur di ritrovare… Un po’ come capita a chi si mette in viaggio per ritrovare un proprio caro portato via dal tempo, che ad un certo punto e chissà per quale arcana ragione ci si ritrova a rivivere comunque in un modo o nell’altro. 

Mentre il treno si muoveva lentamente e si lasciava alle spalle gli addii delle partenze, poco lontano, alla mia sinistra, altri suoi simili fermi, in rimessa, forse in disuso mi hanno portato alla mente l’immagine di quel bambino che ogni anno sperava in un dono diverso, ma che puntualmente riceveva sempre e solo l’ennesimo trenino. Che scema quella befana!  
 
All’arrivo, Civitavecchia aveva l’aspetto tipico che si scorge quando il vento e la pioggia bisticciano con il mare dando origine a suoni, immagini e addirittura dialoghi, ben rappresentati nell’invenzione di Ettore Scola, trasfusa nella pellicola del 1989 propriamente intitolata “Che ora è”.
Uno dei capolavori più delicati sul tema del contrasto generazionale padre-figlio, ma soprattutto di un padre e di un figlio che con un po’ di ritardo scoprono di non conoscersi abbastanza e che lentamente, ripercorrendo  le fila dei ricordi e delle parole non dette, portano alla luce i disagi e le incomprensioni trascorse. Il tutto dietro uno scenario fermo, dalle luci basse; che sa di umido come tutti i ricordi, anche un po’cupo, che paradossalmente rende vivo tutto ciò che viene a galla.

A distanza di 22 anni il teatro Traiano di Civitavecchia rende omaggio ai protagonisti del film, Massimo Troisi e Marcello Mastroianni, con una mostra fotografica realizzata con le foto di Mario Tursi, da poco scomparso.
All’arrivo il teatro sembrava attendermi, entro, mi giro intorno, un po’ disorientata direi, forse dall’emozione. Un momento assai difficile da descrivere, volevo riempirmi di quegli sguardi, umori, sorrisi accesi, accennati, di ogni ghigno impresso lì sulle stampe, riempirmi di tutto ciò che era stato.
Inizio pian piano a scorgere una serie di foto, ordinate in successione in base alle scene del film. Più che in un teatro sentivo di stare in una chiesa, un luogo caro, ma sacro.
Lentamente mi sono affacciata nella sala per guardare da dove aveva inizio tutto quello che stavo cercando e retrocedendo di qualche passo, per un attimo ho sperato che quel percorso numerato fosse più lungo del previsto.

E’ bastato il primo telo su cui si adagiavano le prime foto ed improvvisamente eccomi lì! Un balzo vertiginoso mi ha buttata in quella storia dai toni grigi; in quei giorni trascorsi e rappresentati passo dopo passo dalle foto successive, ed io, senza avere la benché minima cognizione di quello che fu veramente, ho cominciato a rivivere momento dopo momento, tutte le dinamiche di un set.

Mentre seguivo lentamente l’ordine delle scene, sono stata assalita da una strana sensazione: non si trattava di un set qualunque dove si dava vita semplicemente ad una sceneggiatura, ma di un set che, volutamente o non, narrava la storia vera di due uomini diversi, ma complementari: Massimo, più giovane, dedito al gioco, ma con la consapevolezza che solo lui conosceva alla sua età, ripreso a volte in momenti di grande riflessione e Marcello, che fuori dal set più che un papà sembrava essere un consigliere, un sostegno, un caro zio che avendo qualche anno in più si muoveva da gran benefattore elargendo e tramandando aneddoti, proverbi ed esperienze a chi in quel momento gli stava più vicino.
Due uomini diversi, dal cui volto si evinceva il senso di ogni cosa che si muoveva nelle loro vite.
La sensazione che si prova guardandole tutte, sia quelle sul set, che fuori dal set è che questi due uomini alternino momenti di giocosità assoluta a momenti di forte compostezza.
Scene oggi inusuali.
Una carrellata di pose, che dall’inizio alla fine sembrano rappresentare con minuzia di particolari tutta la mimica dell’uomo-attore. Paradossalmente la semplicità delle immagini descrive ed esalta la poliedricità dell’artista. Invano risulterebbe l’intenzione di descriverle tutte, perché in ognuna vi sono mille sfaccettature ed ognuna racconta i sorrisi e le lacrime di una vita.
Ci sarebbe troppo da dire…

Ve n’è una che ritrae Massimo seduto ed attorniato da una decina di giovani leve rigorosamente in divisa da cui si evince l’espressione tipica del compagnone qual’era, addolcita da un leggero imbarazzo e da quella timidezza che in fondo non lo aveva mai abbandonato.

Un’altra molto intensa, una tra le più belle, dove lui seduto su un vecchio muretto, con il capo girato, con una gamba penzoloni e l’altra richiusa e riposta in alto verso di se, mostra un profilo inedito, con lo sguardo di un pensatore rivolto in lontananza.

E poi ancora lui, con i suoi sorrisi variopinti di allegria, consumati di ironia, dolci, amari che prova un giro di giostra con Mastroianni.
Sempre lui che segue interessato un discorso di Scola, che chissà quali consigli gli avrà riservato.
Lui, il ragazzo del 1989, schivo, modesto e generoso, alle volte straordinariamente “biricchino”.

Ancora una volta ho trovato tutto quello che cercavo…

Angela Paoletta