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sabato 6 giugno 2015

Ne è uscita un'altra: Eleonora Giorgi rivela la passione segreta con Massimo Troisi

Altro giro, altra donna che decide di rivelare pubblicamente il suo flirt con Massimo Troisi. Eleonora Giorgi conosce Massimo poco prima delle riprese di "Morto Troisi, viva Troisi!", nel 1982. Due anni dopo l'incontro galeotto in Costa D'Avorio
Al di là del mero gossip, come sempre ci interessa la descrizione e la testimonianza delle peculiarità del nostro.

Cristiano


Eleonora Giorgi ha svelato il segreto al settimanale Visto. I due si sono conosciuti grazie a Verdone, poi una vacanza in Costa D’Avorio… Sulle pagine del settimanale Visto, la Giorgi ha rivelato una breve relazione con Massimo Troisi, che risale a trent’anni fa. In quel periodo, l’attore era già molto amato grazie al successo del film “Ricomincio da tre”. Fu Carlo Verdone a farli conoscere.

“(Massimo Troisi) accetta la regia di uno show Tv che ospita fra gli altri Roberto Benigni e Carlo Verdone ed è proprio Carlo, con il quale ho appena girato Borotalco, a presentarmelo, a cena a casa sua. Massimo è timido ma magnetico, delicato ma sicuro di sé, soffuso di grazia, di una lieve malinconia, ma pur sorridente e solare”.

Due anni dopo, poi, i due attori si ritrovano in Costa d’Avorio: “Massimo è allegro ed espansivo, ma resta per ore seduto all’ombra e io gli faccio compagnia; così, più da vicino, mi accorgo del ticchettio meccanico del suo cuore, che nel silenzio si fa più evidente: fra noi scoppia una passione improvvisa, breve e bruciante”, da cui poi sarebbe nata una bella amicizia.

“Insieme ridiamo e ci raccontiamo mille cose e al ritorno siamo ancora amici. Poi ci si perde, io vado a stare in campagna mentre la sua carriera continua a crescere con successo, fra i film di Ettore Scola e i suoi. (…) La sua morte, a soli 41 anni, arriva il 4 giugno 1994, pochissimo tempo dopo la conclusione delle riprese del film Il postino, e le sue immagini in quel film, magro e sofferto, a cavallo della bici del portalettere, a picco sul mare dell’isola, sono uno choc doloroso. Pare che Massimo avesse bisogno di un urgente intervento al cuore, molto invasivo, e che avesse voluto fatalmente rimandarlo per poter girare questo film-apologo sulla bellezza e sull’arte, cui teneva moltissimo, con ancora nel petto il suo vero cuore, quasi fosse il custode del suo più profondo sentimento”.  

"Ci sono artisti - scrive Eleonora Giorgi, icona del cinema italiano per il settimanale Visto - che nessun emulo, per quanto amato, può sostituire nel cuore del suo pubblico. Massimo Troisi era nato sotto il vulcano, sotto quel temibile Vesuvio che, però, ha sempre risparmiato dalle peggiori conseguenze a San Giorgio a Cremano, piccolo centro a pochi chilometri da Piazza del Plebiscito".

(Anita Sciarra, Il Giornale)
 

domenica 1 giugno 2014

Dai giornali dell'epoca: Masimo Troisi, dire cose nuove con il coraggio di esprimere il dubbio

Umile ma conscio di poter dare qualcosa di importante, con una lucidità disarmante, fuori dagli schemi e dal coro, senza inutili peli sulla lingua. Questo era Massimo Troisi già nel 1982, e lo sarebbe stato per sempre. Di seguito pubblico un prezioso e inclassificabile articolo scritto da lui per il Radiocorriere.

Cristiano


Quella che segue è una riflessione che Massimo Troisi consegnò al glorioso Radiocorriere Tv nel 1982, quando era atteso all'opera seconda dopo lo straordinario successo di «Ricomincio da tre». L'articolo accompagnò lo special tv a lui dedicato in «Che fai...ridi?», in onda su RaiTre il 21 gennaio '82, in prima serata. Invece di raccontare la sua vita, intervistando amici e parenti a San Giorgio a Cremano, Troisi ebbe l'idea geniale di raccontare la sua morte. E così in «È morto Troisi, viva Troisi!» tutti i colleghi, da Arbore a Benigni, da Nichetti a Verdone, porgendogli l'estremo saluto, trovano il modo per parlarne, finalmente, malissimo. «Abbiamo come al solito - disse Troisi - lavorato bene, scherzando molto».

di MASSIMO TROISI
Non ho cominciato questo mestiere con premeditazione. Ero poco più che adolescente, passato già attraverso la rivoluzione, l’America, le donne e i motori… insomma tutta la trafila. Così mi sono ritrovato a fare l’attore per alcuni amici che avevano messo su uno spettacolino. Io ero convinto di essere timido, ne ero sicuro; poi, stando «là ’n coppa» con le luci in faccia, senza vedere la gente che stava sotto a guardare, mi sono accorto che invece stavo proprio bene. Mi è venuta voglia di continuare, di scrivere le mie cose, e la gente ha fatto il resto: si è messa a ridere. Io non sono un «faticatore» instancabile; ho pure pensato: «Ecco un modo per non andare in un ufficio, per non avere degli orari…» Ora sono programmato fino all’’83… ma non mi lamento, non è che dico «guarda un po’ se il successo doveva capitare proprio a me che sono un bravo ragazzo, semplice, senza grilli per la testa…» Lo so di essere un privilegiato. Anche rispetto a mio padre, che ho visto andare a «faticare» con la febbre alta, ai miei fratelli… La comicità è una cosa seria. Se sia un modo per star dentro la realtà o per sfuggirla non saprei. Sono l’ultima persona in grado di dare risposte precise su qualsiasi argomento e questo è un argomento difficile. Personalmente la realtà la esorcizzo, cercando però di non perdere di vista il problema, il fatto che sto raccontando. Non mi sento un professionista né, d’altra parte, credo nell’improvvisazione: i tempi della comicità, con le domande e le risposte, sono già stati scritti. E dai «grandi»… Noi «piccoli» ci dobbiamo prostrare, mantenendo però l’inconscia presunzione di poter dire cose nuove. Appena questa sana presunzione diventa conscia, ci si ritrova ad essere degli epigoni più o meno bravi di questi miti. 

Tutto il rispetto, dunque, per Sordi, Manfredi, Totò, Scarpetta, Eduardo (che comunque non vivono con il nostro rispetto) e andiamo avanti cercando di fare del buon cinema. Io non penso di avere inventato nulla, racconto quello che vedo, le cose che vorrei smuovere o di cui vorrei in qualche modo liberarmi: la religione, la patria, la famiglia… Spero solo che quando sarò vecchio qualcuno mi dia un posto d’attore, perché allora non avrò tanto da dire di mio. Già ora non potrei più parlare dei problemi degli adolescenti… arriverebbe subito un quindicenne a dirmi «Massimo, vedi te le fesserie che vai dicendo…» e avrebbe ragione: l’ultimo ha sempre ragione, racconta la sua storia, la sua esperienza e può farlo solo lui. Questo è successo per i «vecchi» autori e quelli «nuovi». È arrivato Moretti e sembrava il Messia, si è gridato al miracolo. Che fosse bravo o no, portava un linguaggio diverso da quello a cui il pubblico era abituato da decenni. Oggi chiunque abbia meno di trent’anni ha quasi l'obbligo di fare un film. Abbiamo il filone del «giovanilismo», come abbiamo avuto quello western o quello pornografico… Si arriverà ai ragazzini di otto anni («se quello di tredici ci ha detto qualcosa di nuovo, figurati questo!») e poi qualcosa accadrà. Secondo me non bisogna aspettarsi troppo dalla gente di spettacolo, anche perché più diventa famosa e più si ritrova strangolata dall’obbligo di dimostrare quanto è intelligente. Specialmente i comici vivono questo personale e terribile dramma e arrivano al punto in cui non fanno più ridere. 

Ecco spiegato il motivo per il quale il mio secondo film non è ancora uscito: non voglio dimostrare niente. Anzi, io credo profondamente nel dubbio e nel coraggio di esprimerlo. Questa società è competitiva, devi vivere facendo finta di sapere tutto… Così poi torni a casa e hai l'insonnia da «diverso»… Invece è bello sapere che c'è tanta altra gente che non dorme, che si sente diversa, come te. Ci sono stati tempi in cui sembrava che la «rivoluzione» dovesse scendere da un palco insieme a una chitarra e quattro battute: ma come si fa a dire alla gente quello che deve o non deve fare? «Questo è uno che ha capito» e invece, pure se ha capito qualcosa, quel poveraccio vive i problemi di tutti e non ha proprio niente da insegnare. Personalmente, poi, ho sempre creduto più al prefetto che a Bennato.

  
 

martedì 8 aprile 2014

Il servizio di "Supercinema" dedicato a Massimo Troisi lo scorso 4 aprile (VIDEO)

Per chi se lo fosse perso ecco il servizio dedicato a Massimo da "Supercinema", andato in onda lo scorso 4 aprile. Insieme all'apertura del Tg5 che annunciò la sua scomparsa e alcune immagini poco popolari il video propone estratti di "Morto Troisi, viva Troisi!", proiettato al Bari Film Festival in corso dal 5 al 12 aprile e presieduto da Ettore Scola. Proprio il regista ha rivelato di essere stato prescelto agli inizi degli anni Novanta per dirigere una commedia, poi mai girata, con Massimo Troisi e Gian Maria Volonté, una storia di due anarchici a cui viene assegnata una missione segreta, poi fallita. Buona visione!


Cristiano




                           

domenica 11 novembre 2012

Dai giornali dell'epoca: "Morto Troisi, viva Troisi!" col senno di poi, secondo il Corriere della sera (VIDEO)

Un po' di amarcord: ripeschiamo oggi un vecchio articolo del Corriere della Sera datato 18 luglio 1994.
  
 
Troisi: al di la' dell' estremo sberleffo

C'e' un gioco antico e lancinante nel quale tutti ci siamo crogiolati, almeno una volta nella vita. E quello di immaginare il proprio funerale, la straziante cerimonia di cui si e' protagonisti assenti. Ci si abbandona a questa fantasia spinti da un misto di masochismo e di narcisismo. Si soffre, certo, nel "vedere" lo strazio dei parenti, il dolore attonito degli amici, lo sgomento di folle commosse accorse a darci l' estremo tributo. Ma ci si compiace nel rappresentare il grande amore di cui siamo stati degnamente depositari. In realta' la strana tentazione di farsi sfilare davanti le scene della mesta cerimonia nasce soprattutto dal bisogno inconscio di tenere a bada la paura. La paura di morire appunto. Con il gioco innocente e doloroso del funerale ci si illude di fermare il tempo su di noi, ma anche di restare registi di quell'evento estremo che per definizione ci esclude. E se saremo li' a dirigerla, la morte non potra' decidere più di noi stessi. Tutto questo ha certamente contribuito ad accrescere la grande commozione degli spettatori che hanno seguito giovedi' su Raitre il finto funerale che Massimo Troisi aveva girato su se stesso ("Morto Troisi, viva Troisi!"). Massimo che era un uomo di spettacolo si è potuto permettere di sporgere il gioco al di là del sogno a occhi aperti.
Ha fissato in un film il suo dolente immaginario e ha chiamato a interpretarlo i suoi amici più cari. È struggente scoprire adesso, col senno di poi, quanto fosse grande il bisogno del grande attore di esorcizzare quella morte che, per via della sua malattia, doveva sentire molestamente vicina. Si diverte, il compianto regista, a immaginare, vecchi e rintronati, Benigni, Nichetti, Verdone e Arbore. I quattro sono ospiti di una casa di riposo per artisti intitolata proprio a Massimo Troisi. Verdone è su una sedia a rotelle, Arbore completamente sordo, Nichetti autistico e Benigni più delirante che mai. Parlano di lui, di Massimo, gli amici artificiosamente invecchiati. "Ultimamente aveva difficoltà per tante funzioni - dice Verdone - problemi alla prostata...". Ed è come se Troisi, attribuendosi quelle malattie tipiche degli anziani, volesse assicurarsi una vecchiaia. Lui che sentiva la sua morte giovane. Al tempo stesso però sembra voler profeticamente sottolineare che lui non ci sarà più quando i suoi amici saranno così malridotti. Il film è dolcissimo e struggente. "Com'era Troisi?" domanda una voce fuori campo a un Renzo Arbore rincitrullito: "Meglio vivo" risponde lui. Non si può che, desolatamente, convenire.
Schelotto Gianna
Fonte: Corriere della sera

Qui sotto trovate la versione integrale del mediometraggio "Morto Troisi, viva Troisi!"
 

venerdì 18 maggio 2012

Massimo Troisi, l'unico intelligente(?). Un possibile omaggio tra le righe di "To Rome with love" di Woody Allen

Giuro che non stavo già pensando a Massimo. E' stata una battuta di Roberto Benigni a far riemergere in superficie il "nostro", durante la visione di "To Rome with love" di Woody Allen. Per quest'ultimo l'età avanza e ciò si avverte nei suoi film, ma come per tutti i grandissimi trovi in ogni lavoro sempre almeno due-tre cose che valgono la fruizione. Chissà se quella battuta se l'è scritta Roberto o se era già presente nella sceneggiatura originale di Woody. Fatto sta che l'associazione mentale è scattata immediatamente nella mia mente e ho rivisto davanti ai miei occhi l'intervista di Massimo a Taormina tra Franco e Ciccio. E successivamente quella a Londra dove Sandro Paternostro gli dice che lì l'hanno definito il Woody Allen italiano. Fatto sta che Massimo c'è ancora, lo si ritrova nelle cose di oggi, attualissimo ed universale. Magari Woody non l'ha fatto apposta, ma il suo amico Roberto avrà pensato a lui almeno per un attimo.
 
"Dopo che uno che ha fatto un film di successo, e altre cose prima del film, sembra che adesso tutti abbiano scoperto Troisi come se fosse l'unico intelligente in Italia, per cui iniziano a domandarmi se Dio esiste oppure se c'è vita sulla Luna. Ma che ne so? Io ho solo fatto un film! Mi propongo di far ridere, di far divertire e basta. Non dobbiamo né esagerare, né dare subito addosso come notoriamente succede per il secondo film."                (Massimo Troisi, 1981)     
 
"Ma perché proprio io? Che cosa sta succedendo? ...Tutti che chiedono l'opinione mia, non lo so! Tutti mi domandano le cose, un inferno è diventata la mia vita! Una giornalista due giorni fa mi ha chiesto se esiste Dio. Gli ho detto che ne so, non lo so, è rimasta male...Ah, il signor Pisanello non sa se esiste Dio. Tutti mi chiedono le cose. Come si gratta la testa, con la testa o con la sinistra? Io la testa me la gratto con la mano che mi pare...è privato! La normalità, che nessuno mi interrompa, come un bel dialogo come ora.... [invasione giornalisti] "  
(Roberto Benigni in "To Rome with love", di Woody Allen, 2012)

La televisione avrà senza dubbio anche dei meriti, non è solo un mezzo di comunicazione becero. Ma contribuisce allo stesso tempo alla banalizzazione del Pensiero, come ammoniva già anni fa Pasolini. Soprattutto oggi, il piccolo schermo prova ad imporre più che proporre i criteri per determinare ciò che è "degno di nota", spesso senza lasciare spazio al confronto. E' strumento di distrazione anziché di informazione. Crea un rapporto asimmetrico con lo spettatore: la televisione dice la Verità, il Giusto, il Bello e afferma tutto da una cattedra. Ed è all'"imbecillissimo" di turno (o al primo "umanissimo", il discorso non cambia) che viene chiesto di propinare perle di saggezza o svelare aneddoti inconsistenti.
A questo punto diversi quesiti ci sorgono spontanei: come è possibile che anche giornali con una grande storia come Corriere, Repubblica ecc. pubblichino articoli e articoli su Mister Nessuno che fa una passeggiata al parco o sui (veri o montati, è uguale) litigi, riappacificazioni, tradimenti e bla bla bla... Queste sarebbero cose importanti???

"Ricordati Mario che è proibito ai postini infastidire i clienti con richieste atipiche." 
(Il capo telegrafista al postino Mario Ruoppolo)