domenica 26 settembre 2010

Dal postino Troisi a Sandro Penna, passando per Pessoa: l'inafferrabilità della poesia racchiusa in ogni scheggia del mondo

Postino: "Cioè voi che volete dire allora, che il mondo intero no? il mondo intero proprio...dico col mare, col cielo, con la pioggia, le nuvole..."
Poeta: "Ora tu puoi già dire eccetera eccetera..."
Postino"Eh, eccetera eccetera...cioè il mondo intero allora è la metafora di qualcosa?"
Poeta: "........."
Postino: "Ho detto una stronzata..."
Poeta: "No, per niente..."
Postino: "Avete fatto una faccia strana.."
Poeta: "Mario facciamo un patto: adesso faccio un bel bagno e rifletterò sulla tua domanda. E poi domani ti darò una risposta"
Postino: "Ma veramente?"
Poeta: "Sì, veramente"

Soltanto il postino Mario Ruoppolo conoscerà la risposta del poeta Neruda, semmai ci sarà stata. Ma forse la risposta era già presente nella domanda e Mario entusiasta della scoperta ha voluto porla comunque. La poesia è forse preesistente alla sua stesura, maestosa e inafferrabile, dirompente, si racchiude anche nella più (apparentemente) insignificante scheggia del mondo. E' dannatamente, magicamente misteriosa; silenziosa come la risposta di Don Pablo. Questo dice Pessoa. Ma Mario Ruoppolo crea una metafora incoscientemente, senza mettersi a tavolino per scrivere una poesia. E qui arriviamo a Sandro Penna.


La poesia è in ogni cosa: nel mare e nella terra, nel lago e sulla sponda del fiume. È anche nella città, non lo si può negare; qui dove sono mi sembra evidente: c'è poesia in questo tavolo, in questo foglio, in questo calamaio; c'è poesia nel frastuono delle vetture nelle strade, c'è poesia in ogni momento e persino nelle cose ordinarie, nel ridicolo movimento di un operaio che, dall'altra parte della strada, sta dipingendo l'insegna di una macelleria.
Il mio senso interiore predomina in tal misura sui miei cinque sensi, vedo in questa vita le cose -così credo- in un modo differente da quello degli altri. Per me c'è -c'è stata- tutta una ricchezza di significati in cose così ridicole come la chiave di una porta, un chiodo sulla parete, i baffi di un gatto. Per me, c'è tutta una pienezza di suggestioni spirituali in una gallina che attraversa la strada con i suoi pulcini. Per me c'è tutto un significato più profondo degli stessi timori umani, nell'odore del sandalo, nei vecchi barattoli di un mucchio di spazzatura, in una scatola di fiammiferi abbandonata in un fosso, in due fogli sporchi che in un giorno di vento svolazzano e si inseguono lungo la strada. Perché la poesia è stupore, meraviglia come qualcuno che, cadendo dal cielo con piena coscienza del suo cadere, contemplasse attonito le cose. Come qualcuno che conoscesse l'anima stessa delle cose, e facesse il possibile per rammentare questa conoscenza, ricordando che non erano così come le conobbe, non in questa forma e condizione, ma non ricordando nient'altro

Fernando António Nogueira Pessoa
  
 
Sarebbe ridicolo citare D'Annunzio che dice che i versi sono nell'aria, il poeta li deve solo cercare. Ma insomma, in fondo, un po' di verità c'era. E non per lui, forse per lui meno di tutti, ma per i poeti veri è così. I poeti veri non devono avere coscienza, non devono mettersi a tavolino e dire: 'Scrivo una poesia'.

Sandro Penna



Le riflessioni degli "Amici di Massimo Troisi":

- Ho dovuto aspettare qualche minuto per trarne delle riflessioni: così denso di significati che bisogna attendere un po' prima di rendere nero su bianco ciò che trasmette. Credo che la poesia esista anche prima che venga elaborata dall'artista, ma serve anche per rendere mediante metafore ed altre figure retoriche ciò che degli elementi oggettivamente semplici trasmettono a noi soggettivamente. Solo su un'affermazione non sono d'accordo, ovvero quella di non ritenere D'Annunzio un vero poeta: d'accordo, un autore molto sperimentatore, forse dallo stile un po' troppo "pomposo" ma anche lui un vero poeta della natura e delle emozioni, seppure un po' particolare.
 Valentina

- Credo che la poesia sia il contenitore di ogni nostro pensiero. Sia per chi la scrive, sia per chi la legge o "per chi gli serve". Quando i nostri sono pensieri che non vogliamo trattenere - perché fatti di amore, amicizia, contemplazione del bello, amarezza o tragedie che ci toccano nel profondo- il contenitore si apre e la poesia ci fa conoscere. Agli altri come a noi stessi. L'inafferrabilità della poesia sta nel nostro timore di dar loro una forma; l'inafferrabilità della poesia sta perciò in tutti i pensieri che preferiamo tenere nascosti. Sono poesie che non scriviamo o non leggiamo.
 Francesca
     
   

Quel narciso di Troisi geometra, tanti anni fa, in un aneddoto inedito

Grazie alla mail di un nostro amico lettore oggi possiamo proporvi un aneddoto inedito riguardante il Massimo studente. Il nostro amico si chiede: "si può avere la certezza che qualcuno ci guidi? Non ne ho un'estrema cognizione ma credo che qualcosa ci unisce con una dimensione che non conosciamo e che ci fa avere sensazioni ed emozioni che ci ispirano e si traducono, attraverso i grandi, in opere d'arte." E' esattamente quello che penso e sento nel confronto con tutti i veri appassionati troisiani sparsi per l'Italia con cui sono in contatto quotidianamente. Ma ora lasciamo spazio alle preziose parole dell'autore della mail.

"Eravamo, credo nel '76, al quarto anno dell'istituto per geometri di Torre del Greco, dove abitavo, e nella stessa mia sezione, la A, dove insegnavano gli stessi professori per l'ultimo triennio, un anno più avanti era iscritto Massimo Troisi. Lo conoscevo soprattutto perché spesso, prima delle lezioni del mattino, entrava in aula e sedendosi di traverso sopra la cattedra iniziava a imitare Berardi, il prof. di Topografia - omaccione tutto d'un pezzo che veniva dalla provincia di Bologna -, il prof. Rea di Estimo che era stato in sud America e altri ancora. Ancor prima di entrare nel vivo della giornata ci facevamo letteralmente una pancia di risate. Un giorno d'autunno, quasi inverno, ci accalcammo sotto un palco improvvisato nell'area della palestra scoperta per ascoltare i rappresentanti di istituto - il famoso Pantaleo appunto - che si alternavano in comizi, per avvalorare lo sciopero dalle lezioni e la protesta contro Nixon e Kissinger per l'intervento in non so più quale guerra. Noi, futuri geometri e ragionieri, guardavamo con un pizzico d'invidia le sciarpe a scacchi dell'intifada che, leggere, erano avvolte attorno alle gole di tanti amici studenti "caporioni" che erano i promotori ed il punto di riferimento di chi voleva dire qualcosa a riguardo e cogliere l'occasione della protesta politica per fare sciopero anche sulle condizioni delle aule, un pò fredde a dire il vero.

Ad un certo momento, sale sul palco Massimo ed iniza a parlare, soprattutto in dialetto, e a dire la sua su tutta la faccenda. E continua così per un bel pò. Alla fine prende un tiepido applauso e se ne scende mischiandosi tra gli altri. Subito dopo una figura piccola, con i baffetti e gli occhiali sale sul palco e chiede la parola: era il preside Pagliaro che inaspettatamente, con molta meraviglia di tutti, inizia il suo intervento con diplomatico accoglimento formale di alcune rimostranze, come quelle sul riscaldamento delle aule ma resta fermo su gli altri contenuti della protesta. Era apertamente in disaccordo con quegli scioperi e ad un certo punto focalizzò la sua attenzione sull'ultimo intervento prima del suo. Quello di Massimo, appunto. <>. Ma perchè invece di perdere tempo non si ritornava in aula...e poi: sì, proprio lui, quel Troisi che parla, parla, "capopopolo", con i suoi argomenti detti bene, ma poi senza consistenza - rivolgendosi alla platea che ammutolita per questa sfida pendeva dalle sue labbra e tutta come se pensasse: ma questo qui...dove vuole arrivare? Rimaneva tesa ad ascoltarlo - "Ma poi, - continuò - non vi siete resi conto che è un narcisista un vero e proprio narcisista? ........" Vuoto totale - ci aveva separati. Serpeggiava il dubbio tra tutti. E così con altre dissertazioni a manca e a dritta, tutto soddisfatto, finì il suo intervento lasciando il palco tra fischi, modesti insulti e dissensi rumorosamente goliardici.

Rimanemmo così ancora con gli occhi all'insù quando, tra un vociare ed uno starnutire dal freddo, notammo, tomo tomo, Massimo salire sul palco, forse per dare un'ulteriore comunicazone sulle azioni da intraprendere o chissacché replicare e prendendo la parola, stranamente in perfetto e meraviglioso italiano, senza inflessioni dialettali, incominciò a dire che aveva certamente apprezzato il coraggio dell'intervento del preside, che spontaneamente aveva detto la sua, era intervenuto in un'assemblea a lui contraria, aveva spiegato certe sue ragioni... <>. Al che, immaginatevi una platea che esplose tutta in una fragorosa risata, che rompeva la monotonia e riscaldava la freddezza di una giornata passata sì a protestare ma al freddo maggiore di quello delle aule. Non ci trattenemmo più, ed immaginammo il povero preside dall'alto del suo ufficio, prospiciente l'assemblea, torcersi dallo "scuorno", dalla vergogna. Ma così fu.

Scoprii allora il vero Massimo. Chiesi d'improvviso ai colleghi suoi se, casomai, facesse o avesse intenzione di fare teatro e come al solito mio di allora e non solo, mi fecero capire che mi stavo svegliando da un profondo torpore: Massimo aveva un suo teatro a San Giorgio a Cremano ed erano anni che "underground", da esistenzialista, in un sottopalazzo aveva una sua compagnia teatrale stabile. Mesto mi ritirai guardingo.

Lo amerò sempre."


Lo ameremo sempre anche noi, ed ameremo sempre intensamente questi piccoli frammenti di Massimo che voi amici ci regalarete per ridonarci anche solo poche righe di lui. Per appropriarci di tutto quanto di lui ci siamo persi, per i motivi più svariati. Il sottopalazzo citato nella mail era certamente il Centro Teatro Spazio, dove Massimo e compagni si erano trasferiti dopo esser stati cacciati dal teatrino della parrocchia di Sant'Anna a San Giorgio a Cremano. Quel "narcisista" stava uscendo fuori, vincendo la timidezza e trovando la sua strada, sprigionando man mano tutto il talento di cui era capace. Sferzante, vero, verace, vero leader "caporione", insofferente verso le istituzioni proprio come il Totò di tanti film e capace di ridere e far ridere su ogni cosa. Ancora grazie al nostro amico e lettore. Ci immaginiamo un pò tutti ai piedi di quel palco improvvisato, rapiti da quel narcisista che sembra venuto da un altro pianeta.

Cristiano
   

giovedì 16 settembre 2010

La Cucinotta diserta "Piazzetta Troisi", questione di successo e casse amplificatrici?

A navigare nella fama e nell'oro a quelli "meno attenti" capita di dimenticare da dove si viene e perché si è arrivati ad essere quelli che si è. Qualche voce di corridoio afferma che in occasione del gala finale del Premio Troisi 2003, condotto da Pippo Baudo e andato in onda su Raiuno, Maria Grazia Cucinotta minacciò fino all'ultimo di non salire sul palco a commemorare Massimo per questioni economiche, battagliando sul cachet. Salvo poi raggiungere il Pippo nazionale davanti alle telecamere e dichiarare di essere lì a San Giorgio a Cremano previa annullamento di un viaggio negli Stati Uniti perché sapeva bene che "senza Massimo in America non ci sarei mai finita".

Settembre 2010. A Procida si inaugura "Piazzetta Troisi" proprio alla Corricella, luogo dove si trova la locanda di Beatrice Russo, protagonista femminile interpretata dalla Cucinotta ne "Il postino". Un evento che doveva essere qualcosa di davvero speciale per ricordare Massimo, cosa che oggi si fa sempre meno e nell'indifferenza sempre più generale. Famiglia Troisi assente per via di una cerimonia (ma sono arrivati calorosi saluti da Rosaria, sorella di Massimo), Clarissa Burt bloccata da problemi di aerei e la Cucinotta che declina perché l'amministrazione comunale procidana nega, e giustamente, i 30 mila euro da lei richiesti. Anzi, dall'agenzia che cura i suoi interessi, perché la signora Cucinotta oggi è irreperibile direttamente, anche quando si tratta di Massimo Troisi, l'uomo a cui deve tutto almeno professionalmente. Sapeva recitare ancor meno di oggi nel lontano 1994, quando Massimo la prese per il suo film per una questione di tratti mediterranei e sotto la spinta della sua compagna Nathalie Caldonazzo, grande amica di Maria Grazia.

“Ha chiesto una cifra esorbitante - ha detto l’assessore al turismo, Fabrizio Borgogna - abbiamo deciso di non accettare per una questione morale più che economica. In fondo doveva solo presenziare a un'inaugurazione”.
E' di poche ore fa la risposta della Cucinotta: «Per gravi motivi familiari ho annullato ogni impegno - dice l’attrice - Ringrazio Troisi ogni giorno da 16 anni e in tutte le lingue del mondo, ingrata nei confronti del grande uomo che mi ha dato la possibilità di interpretare Il postino non credo proprio di esserlo. Se si sono rivolti al mio agente, io neppure lo so».
Non possiamo credere che la colpa sia tutta dell'agenzia che gestisce gli interessi dell'attrice messinese, e se così fosse lei farebbe meglio a riorganizzare un attimo la sua "gestione". Siamo qui per la memoria di Massimo, per mantenerlo più vivo di quanto è già, per ridere e piangere ancora con lui, per parlare della sua immensa poetica, e ciò che ci fa male o crediamo ingiusto nei suoi confronti lo raccontiamo senza peli sulla lingua. Nelle poche occasioni in cui si organizzano eventi simili ci piacerebbe che tutto andasse liscio e che lo si ricordasse nella maniera più sentita possibile.
 
Resta la gioia di avere un altro luogo intitolato a lui, in un posto legato a doppio filo alla sua arte. Resta la lettura del compiaciuto messaggio del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Resta e resterà per sempre la lodevole inziativa procidana, che oltre all'ovvio interesse a valorizzare turisticamente i propri luoghi ha mostrato un sincero affetto per la memoria di Massimo Troisi.
Ma adesso non fermiamoci, facciamo in modo che chi nasca oggi sappia chi è Massimo Troisi e con quale talento è partito da San Giorgio a Cremano per arrivare agli Oscar. E per restare nei nostri cuori per sempre.


AGGIORNAMENTO: Pare che Maria Grazia Cucinotta sia stata colpita in questi giorni da un lutto. In tal caso la sua assenza a Procida è ovviamente giustificata a pieno titolo. Resta però il fatto che la sua agenzia aveva chiesto davvero 30 mila euro al comune di Procida per una semplice inaugurazione nel nome di Massimo Troisi. Per gli amministratori isolani è stato impossibile contattarla direttamente senza passare dalla sua agenzia, nemmeno spiegando la motivazione. 

"Il successo è solo una cassa amplificatore...viene fuori quello che tu sei prima. Se eri imbecille prima di avere successo diventi imbecillissimo, se eri umano diventi umanissimo." 

Massimo Troisi
      


domenica 12 settembre 2010

"L'hanno già detto?" - Paolo Villaggio su Massimo Troisi

Iniziamo a spulciare nei nostri archivi troisiani per portare alla luce parole che contano, pensieri illuminanti e leggeri proprio come l'artista che tanto amiamo. Frasi magari poco conosciute ma che vale la pena di conoscere per riflettere meglio e guardare l'arte di Massimo da nuove prospettive. Per chi la conosce poco e per chi se ne nutre già quotidianamente.
La parola questa volta va a Paolo Villaggio, che quattro anni fa riceveva il Premio Troisi alla carriera a San Giorgio a Cremano.
      
"Se è vero che molti miti sono consacrati dalla morte prematura, secondo Paolo Villaggio questa regola non è del tutto valida a proposito di Massimo Troisi. Chiamato a ricevere il riconoscimento alla carriera alla XI edizione del premio intitolato all’attore e regista di san Giorgio a Cremano, Villaggio ha elogiato le capacità inespresse dell’artista scomparso a soli 41 anni, che lo avrebbero reso «il nuovo Eduardo».
     
Per Villaggio: «Il talento di Troisi è stato confinato in una zona della recitazione che gli apparteneva solo in parte. Lui non era soltanto un comico, ma anche un grande attore drammatico che purtroppo a causa della morte non abbiamo potuto scoprire». E ancora: «Non ho avuto il piacere di conoscerlo ma ho apprezzato la sua capacità di farsi comprendere da tutti, nonostante parlasse un linguaggio inventato, il troisese. Ho visto tutti i suoi film e ammetto che ancora oggi è un mistero il modo in cui riuscivo a capirlo. Penso che questa lingua curiosa e arlecchinesca fosse la rappresentazione di un suo disagio interiore, che però si è rivelata vincente.»"
 (stralcio dall'articolo di Francesca Bellino su "Il Mattino" del 7 luglio 2006)
       
Villaggio riconosce l'universalità della poetica troisiana, incentrata sulle difficoltà del vivere e dell'essere al mondo che uniscono gli esseri umani ad ogni latitudine. Esprime anche il suo rammarico per la scomparsa prematura di Massimo, che tanto ci ha tolto umanamente e artisticamente, e forse ha tolto anche a lui stesso i giusti riconoscimenti e l'investitura di erede di Eduardo. Un attore non confinabile unicamente nella sfera del comico ma caratterizzato anche da grandi corde drammatiche (riscontrabili soprattutto nella stupenda interpretazione in "Che ora è", al fianco di Marcello Mastroianni). Il tutto senza uscire mai dalla sua napoletanità verace ma mai urlata, sussurrata e comprensibile a chi vuole capire davvero e andare ben oltre la superficie.
      
Cristiano Esposito