Visualizzazione post con etichetta Alessandro Siani. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Alessandro Siani. Mostra tutti i post

venerdì 1 aprile 2022

Nathalie Caldonazzo: "Massimo Troisi è unico, ecco chi gli si avvicina di più"

Nathalie Caldonazzo torna a parlare del suo ex fidanzato Massimo Troisi, autore di film indimenticabili e frasi scolpite nell'immaginario collettivo, e lo fa in un'intervista su radio RTL 102.5. Reduce dalla partecipazione dello scorso inverno al reality "Grande Fratello Vip", sta concentrando i suoi sforzi tra l'altro per smuovere coscienze riguardo l'impellente tema della violenza femminile. Ha addirittura dato il nome "Squartalized" ad una mostra che in estate avrà luogo in quel di Roma.

Come accade il più delle volte arriva automatica la domanda sul rapporto di Nathalie Caldonazzo con Massimo Troisi. Questa volta la risposta evidenzia la sua difficoltà di descrivere brevemente l'essenza dell'attore e regista napoletano e la sua capacità di essere al tempo stesso un artista unico e di rimanere un anti-divo, umile, in sordina, mai sbruffone. Arriva anche la citazione dei suoi tempi comici da maestro e un piccolo aneddoto. Pare infatti che Nathalie, conosciuta da Massimo Troisi in un ristorante romano agli inizi degli anni Novanta, si prodigasse in alcune imitazioni e che lui si divertisse molto ad ascoltarla. Il tono cambia vistosamente quando si passa invece a parlare di chi, tra gli "artisti" di oggi, prova costantemente a scimmiottare Massimo Troisi. Paradossalmente la Caldonazzo cita però Alessandro Siani come colui che maggiormente si potrebbe accostare al comico di San Giorgio a Cremano, pur ammettendo che nessuno ha saputo riempire il vuoto che ha lasciato.

martedì 6 settembre 2016

Lello Arena: "Troisi un genio più di Einstein. Siani non dice la sua per piacere a tutti"

Ecco di seguito uno stralcio della recente intervista di "Libero" a Lello Arena.

[...] A 12 anni i suoi si trasferiscono a San Giorgio a Cremano.
«Solo 10 km di distanza da Napoli, ma li maledico accusandoli di egoismo e di volermi rovinare la vita. Penso che passare dal centro alla periferia sia la mia rovina, invece sarà la fortuna. Perché lì conosco Massimo».

Primo incontro?
«Spettacolo per la parrocchia e uno degli attori si ammala. Il regista dice: "Perché non prendiamo quel ragazzo che abita qui dietro? Quello che si lamenta sempre perché alle assemblee nessuno sta serio quando parla"».
massimo troisi lello arena scusate il ritardo

Chi è?
«Massimo, che è iper-attivo politicamente, è in tutti i comitati di scuola e interviene sempre. Però ogni volta che apre bocca, per quel suo stile strampalato di spiegarsi, gli altri ridono anche se sta esprimendo concetti importanti. E alla fine è sempre abbacchiato: "Ma che vita mi aspetta se la gente ride quando dico cose serie?"».

Diceva dello spettacolo.
«Troisi accetta la sostituzione anche se non ha mai recitato. Gli spiego che la scena è semplice, deve impersonare un salumiere che elenca i prodotti tenuti nel cestino: "Puoi dirli nell' ordine che vuoi"».

Poi?
«Il giorno dopo c' è lo spettacolo: "Lello, ho studiato il copione a memoria, so l' ordine preciso". Entra in scena e inizia: "Ci sta o' salame, poi o' capocollo e poi.. Anzi no". Mi guarda. "Sssscusate, aggio sbagliato. Cioè, prima ci sta o' capocollo e poi o' salame. O forse no...". E via così. Il risultato è che, ostinandosi nel cercare di dire l' esatto ordine del copione, la scena che doveva durare 20 secondi dura 20 minuti».

E funziona.
«Un successo strepitoso. Massimo mi guarda: "Ssscusa Lello, ma questo è o' teatro?". E io: "Più o meno". Lui: "Posso venire qualche altra volta?". "Certo, sono in via Recanati"». 

E lavorate insieme.
«Macché. Per otto mesi sparisce finché alle due di un pomeriggio di agosto, caldo soffocante, citofona: "Ti ricordi di me? Posso salire?". Gli dico: "Hai scelto il momento sbagliato per tornare: non si respira!". E lui: "Ero sicuro che saresti stato in casa"».

È l' inizio della vostra carriera, ma lei deve lasciare il rugby.
«Gioco in serie D, ma dopo ogni gara arrivo in scena ricucito e pieno di lividi. Massimo un giorno mi dice: "Lello, la gente pensa che allo spettacolo precedente ci hanno menato! Scegli: o il rugby o il teatro"».

Anche perché Troisi, più che la palla ovale, preferiva il calcio.
«Una volta mi obbliga ad andare a fare con lui una partita di beneficenza al San Paolo. Con noi gioca Mennea, che alla prima azione parte di corsa palla al piede e mi urla: "Lello, seguimi!!!". E io: "Ma che, sei cretino?"».

Meravigliosa questa. Continuiamo con il teatro.
«Io e Massimo apriamo il "Centro Teatro Spazio", una specie di comune frequentata da molti artisti».
Troisi però non sta bene e nel 1976 va negli Usa per farsi operare al cuore. Al suo ritorno nascono "I Saraceni": voi due ed Enzo Decaro.

È un successo e vi chiamano alla Rai per il programma "No stop".
«Magalli però ci chiede di cambiare nome, cosi decidiamo di diventare "La Smorfia", rifacendoci al libro dei sogni e alla mimica dell' attore».

È il boom. E lo sketch de "La Natività" (1979) diventa leggendario.
«Massimo ha pronto un monologo sui problemi di Napoli raccontati dalla moglie di un pescatore, ma sembra troppo pesante. Allora ci viene in mente di introdurre l' equivoco dell' Arcangelo Gabriele che sbaglia casa. E nasce: "Annunciaziò annunciaziò"».

Per fare l' Arcangelo lei si addobba in modo curioso.
«Trovo in casa la vestaglia di mia madre e la provo. Perfetta».
 
È un trionfo.
«Ma anche un grosso guaio dopo il primo passaggio in tv».
 
Perché?
«In Rai arrivano centinaia di proteste e veniamo denunciati per vilipendio alla religione di Stato».

Come finisce?
«Il giudice ci chiede: "Volevate vilipendere la religione?". Noi: "No, era solo un pezzo comico". "Va bene, andate". Assolti. Però per anni quello sketch è rimasto chiuso nelle teche Rai, solo Arbore ha avuto il coraggio di rispolverarlo».

Nel momento migliore, però, "La Smorfia" si scioglie.
«A Napoli facciamo 19 giorni di tutto esaurito con "Così è (se vi piace)": i bagarini vendono i biglietti da 3mila lire a 60mila. Siamo come i Beatles, abbiamo tutti ai piedi, le ragazze fanno a gara per andare a letto con noi».

Ma vi dividete.
massimo troisi lello arena enzo decaro la smorfia
«Ognuno ha ambizioni cinematografiche ed è meglio lasciarci all' apice del successo che continuare non riuscendo a restare allo stesso livello».

Lei e Troisi nel 1981 girate il film "Ricomincio da tre".
«Ci buttiamo nel cinema senza sapere come funziona e passiamo per stravaganti. Io mi occupo di tutto, dal casting alla produzione, dal caffè alla macchina da presa. E con Massimo c' è una grande intesa».

Tutta improvvisazione?
«Ma che scherza??? Quando si provava eravamo liberi di inventare e farci venire idee, ma una volta stabilita la scena Massimo voleva che si rispettasse il copione nei dettagli».

Dopo "No grazie, il caffè mi rende nervoso" (1982), esce "Scusate il ritardo" con cui lei vince il David di Donatello.
«Il film più completo, bella storia».

Eppure vi separate: Troisi si concentra sul cinema, lei continua a fare film, ma pure teatro e tv con Scherzi a Parte e Striscia la Notizia.
«Esigenze diverse, Massimo ha altri progetti. Ma forse anche la consapevolezza del futuro. E l' intenzione di non tenermi legato sapendo che prima o poi avrei dovuto fare a meno di lui».

Cosa intende?

«Non ha nemmeno voluto figli: sentiva che se ne sarebbe andato presto».
 
Morirà il 4 giugno 1994.
«Sono al saggio di mia figlia, squilla il cellulare. Una giornata di gioia si trasforma in tragedia».
 
Arena, ripensa ai tanti anni vissuti con Troisi e...
«Rido. Per la sua imprevedibilità, le sue fantastiche stranezze. La sua voglia di goliardia».


Troisi: per lei è stato...
«Un genio, più di Einstein perché è entrato nella vita delle persone comuni. Poi un amico. Un fratello. Una guida. Quando è morto mi sono detto che avrei fatto di tutto per non farlo dimenticare. Mi sto accorgendo che non serve: la gente lo ama ancora e lo amerà per sempre».

A proposito di artisti partenopei: Alessandro Siani le piace?
«Lo conosco per quello che fa e mi sembra stia girando un po' a vuoto. È un grande manager e ha ottime capacità, ma nun tiene o' coraggio di dire la sua, farci capire da che parte sta, prendere posizione su Napoli, sulla comicità, su se stesso. È il problema di chi vuole per forza piacere a tutti».



massimo troisi christian de sica carlo verdone
Piccolo notiziario troisiano di fine estate
Ad Ostia è stata intitolata una sala teatrale a Massimo Troisi, in Viale Cardinal Ginasi 12. E dal 22 settembre parte il cartellone con lo spettacolo "Beate noi", che vede protagoniste Milena Miconi e Francesca Nunzi.

Dedicata a Massimo anche la quarta edizione del Camaiore Film Festival, dedicata ai cortometraggi indipendenti e sperimentali. Appuntamento al teatro dell'Olivo dal 16 al 18 settembre. Nella piazza centrale di Monteggiori domenica 4 settembre è stato invece proiettato "Pensavo fosse amore invece era un calesse". 
 

domenica 12 ottobre 2014

Mauro Berardi: "Yesterday cantata da Troisi? Mi costò settanta milioni per i diritti ma ne valse la pena"

Il produttore di «Non ci resta che piangere» al Napoli Film Festival: «’Na cifra blu, puntò su quella e non ci fu verso. Ma aveva ragione, lo sketch ora è leggenda»

«Mi costò 70 milioni di lire quel semplice ‘Yesterday’...» ricorda il produttore Mauro Berardi, abbozzando un mezzo sorriso. Che poi si fa pieno: «Massimo non volle sentire ragioni: gli proposi di scegliere un’altra canzone ma lui voleva il pezzo dei Beatles, che quanto a diritti d’autore sono i più costosi in assoluto. Aveva ragione lui però, quello sketch ora è leggenda». Vero. Basta accennare ‘Yesterday’ che segue il bom-bom-bom, giro di basso prodotto a voce, perché quel karaoke immaginario s’è piantato in testa: Saverio/Troisi stornellò quell’incipit alla bella Pia/Amanda Sandrelli per sedurla in una scena stracult di Non ci resta che piangere (1984).

«TROISI, GENIO MA ANCHE DUREZZA» - Berardi - quasi zemaniano nel suo eloquio lento, cadenzato, a soppesare bene le parole, in bell’accento romano - regala perle al pubblico (in sala un centinaio di appassionati persi di quella pellicola-unicum per originalità ed eccellenza nella storia della risata). «Troisi era geniale, e questo si sa. Forse è meno noto - spiega Berardi - il suo carattere inflessibile. Non accettava mai compromessi. Anche quando gli implorai, spinto dai miei collaboratori, di attenuare quel napoletano così stretto, quando scommisi su Ricomincio da tre. Tentai di persuaderlo ma lui mise subito le cose in chiaro: ‘Io lavoro così’. Sapeva anche essere duro Massimo, convinto di agire per il meglio. L’idea di affidargli la regia mi venne proprio dopo aver visto i suoi spettacoli, tredici di fila da 3300 paganti a sera, proprio qui al Metropolitan quando negli anni Settanta era un teatro».

LE CARAVELLE DI COLOMBO MAI UTILIZZATE - Sul film ambientato nel ‘400-quasi Millecinque Berardi appunta: «Non c’era il finale. Dovemmo riprendere a girare 3 mesi dopo l’ultimo ciak. Costruimmo persino prototipi di caravelle per la partenza di Colombo, poi decisero di non usarle. La leggenda che la sceneggiatura veniva scritta praticamente giorno per giorno posso confermarvela: è vera. Tanta fatica ma anche un clima splendido sul set. Scherzi, risate, si rideva tanto. Le scene le ripetevano anche venti volte, chilometri di pellicola. Lavoro immane ma ripagato più che bene. Incassò 10 miliardi».

CONTRO LO SPOT DI PANARIELLO - Frecciata a Panariello: «Ho visto gli spot che fa in tv dove sembra rifare lo sketch ‘c’hai un’amica?’, che è stato uno dei punti forti del film. Non ho ancora un’opinione precisa su ‘sta cosa. Non ho capito se Panariello si deve vergognare di aver copiato oppure è un omaggio a Benigni e Troisi».

CANESSA: «CHE COPPIA IRRIPETIBILE» - Alla girandola amarcord si alternano spezzoni del film sul grande schermo della sala 4. Le battute si citano a memoria, si tramandano. Dei film comici del 2014 non si tramanda un bel nulla (chi ricorda le battute dei film di Ficarra e Picone, di Zalone, dei Soliti Idioti, di Siani?). Non perché non facciano ridere, ma non hanno la capacità speciale di forgiare tormentoni o singoli sketch che restino pietre miliari: ‘ricordati che devi morire’, la lezione di scopa a Leonardo, ‘quanti siete? Un fiorino’, la lettera a Savonarola. Il critico cinematografico Canessa ribadisce: «Non ci sarà mai più una coppia così nel cinema italiano: nessuno dei due fa da spalla all’altro ma si completano a vicenda, non sfigurando affatto rispetto ai mostri sacri del genere Totò e Peppino. Faccio enorme difficoltà a trovare oggi in Italia un comico da affiancare, per dire, a Checco Zalone, forse l’unico attore con film dai grandissimi numeri che non ha altro obiettivo che far ridere, senza particolari implicazioni sociologiche o di denuncia».

«CIAO MASSIMO!» - Gran finale. A quel punto Berardi perde il suo aplomb, afferra il microfono e ferma tutti. «...Vorrei fare un saluto a Massimo. Ciao Massimo», e agita la mano guardando lassù, verso il proiezionista, o forse più lontano.

Alessandro Chetta
Corrieredelmezzogiorno.it
 

lunedì 16 settembre 2013

Alessandro Siani ci regala un aneddoto su Massimo Troisi e Michael Radford (VIDEO)

massimo troisi alessandro siani
“Sicuramente Troisi mi ha ispirato ma ognuno ha i suoi modi e i suoi tempi per la comicità. Non sono mai andato a scuola di cinema e di teatro, ma ho imparato molto dagli attori che ho incontrato. Mi rendo conto oggi, ancora di più, della grandezza di Massimo Troisi dopo avere lavorato con i suoi vecchi amici”.

Alessandro Siani


Massimo TroisiNonostante le diverse analogie da noi rilevate in un montaggio video di alcuni anni fa, Alessandro Siani glissa sempre nelle interviste riguardo al paragone spesso posto tra la sua comicità e quella di Massimo Troisi. Non può far altro che parlarne con intelligente riverenza, spiegando l'impossibilità di raggiungerlo. Nella dichiarazione che abbiamo riportato qui, rilasciata a Metropolis Tv, ammette forse per la prima volta di essersi ispirato a Massimo. Di seguito, invece, trovate in esclusiva per "Amici di Massimo Troisi" un filmato in cui Siani ci regala simpaticamente un aneddoto raccontatogli da Michael Radford, regista de "Il postino".



                                                

venerdì 1 marzo 2013

Maradona fa autogol su Massimo Troisi

[...] Ha risposto con cordialità a tutte le domande, anche a quelle scomode, ma su una, la mia, proprio la mia, ha toppato. A metà, ma ha toppato. Che disdetta! Dopo 'o friddo ncuoll' al suo arrivo, il gelo! Gli chiedo se uomini come lui e Massimo Troisi, miti che negli anni '80 hanno difeso e valorizzato Napoli, oggi mancano alla nostra città. Lui mi risponde che c'è Siani. "Non ho capito, scusi", avrebbe detto Totò. Non l'avessi mai fatta questa domanda. Come è possibile mettere sullo stesso piano un filosofo, attore, regista e autore che ha cancellato le cattiverie che si dicono su Napoli valorizzando il talento, il senso della vita, l'arte di cui il nostro popolo è capace, e un cabarettista contemporaneo, bravo in quanto tale, che nel suo ultimo 'film' ripropone, cavalcandolo, il solito clichè di una Napoli scroccona, socialmente depressa e bersaglio facile facile da dare ruffianamente in pasto ad un pubblico misto tra ingenui e detrattori. Un autogol pazzesco. Peccato che i comici di oggi non abbiano ben assimilato o compreso i messaggi di poeti raffinati come Massimo, ma anche di artisti rispettabili come Guido Palliggiano. Che amarezza! Maradona ha evidentemente la memoria corta, o forse non ha mai capito granchè di cinema, di arte vera. 'O friddo ncuollo. Troisi perdona loro perchè non sanno quello che dicono! A Diego, col mio animo di bambino aggrappato alle reti di Soccavo, nei sogni, ho perdonato sempre tutto. Forse sbagliando, forse no, ma gli innamorati sono così. Questa, però, da innamorato, non gliela perdono pur concedendogli attenuanti generiche. Maradona e Troisi si sono conosciuti e frequentati per un po', bastava un pensiero, un ricordo. Evitando di bestemmiare seppure in buona fede.  L'immaterialità, i sogni dei bambini, sono spesso meglio della realtà. Ad ognuno la sua scelta...

"Diego, e quest' e quell' oh...E pure per te! I tuoi peccatori di prima, sempre zitti sotto".

Luca Cirillo



Da riconsiderare, a questo punto, l'autenticità della napoletanità di cui Diego si faceva portavoce in Italia con proclami demagogici contro il nord. Voglio pensarla come Cirillo, con un Diego in buona fede e che ci ha capito poco sui veri napoletani, artisti e non. Riflessione impopolare ma assai vera...
Cristiano

Mi spiace per Luca Cirillo e per tutti quelli che hanno avuto troppa considerazione per Maradona uomo. Io non resto delusa perchè non mi sarei aspettata mai una risposta intelligente da costui. Ma consolatevi perché la Napoli di Troisi, una volta entrata nei cuori delle persone, quelle vere, attraverso quei "mugolii dell'anima" descritti da Sommario non si scorda facilmente. La tua peccatrice di prima...sempre zitta...sotto!
 Francesca 

lunedì 18 giugno 2012

Massimo Troisi come Viviani ed Eduardo secondo Enrico Fiore, "il critico" teatrale

Eccolo qui, ancora lui, il piccolo grande Enrico Fiore. Ho scritto di lui proprio recentemente, nel post dedicato alle mie riflessioni su "Un poeta per amico (clicca qui per leggere). Il suo racconto, registrato ma tagliato per intero e senza alcuna motivazione logica nella messa in onda di Raiuno, è riportato in parte in questa bella intervista di "Lettera 43". Interessanti anche l'accostamento di Massimo a Raffaele Viviani, grande autore autodidatta capace di parlare di qualsiasi argomento in maniera lieve e profonda, e il parere di Fiore su Alessandro Siani, in cui ritrovo punti di contatto col mio pensiero qui pubblicato insieme ad un video che montai un pò di tempo fa... (clicca qui per l'articolo e il video)

Leggere le parole del "critico" per eccellenza, come l'ha definito Decaro, ci riporta alla vera essenza del teatro, alla sua arte e alla sua funzione sociale. Tanto affascinante sentirne parlare, tanto triste constatare quanto oggi tutto questo non esista quasi più.
Cristiano



È convinto che «certe morti sono emblematiche» e che la prematura scomparsa di personaggi come il drammaturgo Annibale Ruccello (che morì a 30 anni) o l’attore Massimo Troisi (che se ne andò a 40 anni) vada interpretata come una sorta di preveggente uscita di scena, anzi un atto di autodifesa «rispetto ai tempi beceri che oggi viviamo e con i quali Ruccello e Troisi mai si sarebbero ritrovati in sintonia».
RAPPRESENTANTE DEL TEATRO NAPOLETANO. Enrico Fiore, critico teatrale nato a Castellammare di Stabia, per gli operatori culturali che contano rappresenta il teatro napoletano: ha raccontato - severo e giusto - quello degli Anni 60 dei grandissimi Totò, Nino Taranto, Peppino ed Eduardo De Filippo, e degli Anni 90 di Toni Servillo e Mario Martone («Lo ricordo all’esordio, aveva 17 anni») e dello stesso Troisi, il cui talento Fiore scoprì grazie a un fortuito passaggio in auto. E quello di oggi, che a lui appare ridotto a «puro scambio commerciale» nel nome della «necessità di assicurarsi la sopravvivenza», ma anche in grado di far riempire gli stadi a interpreti come Alessandro Siani, uno «tutto forma e niente contenuto».
DOMANDA. Come ha conosciuto Massimo Troisi?
RISPOSTA. Una sera, dopo uno spettacolo, un giovanotto che ancora non si chiamava Enzo De Caro mi offrì un passaggio in auto. Non ho la patente, accettai. All’arrivo a casa, a Castellammare, il giovanotto disse: 'dotto’, faccio teatro con due amici, presto le chiederemo di venire a vederci'.
D. Mantenne la promessa?
R. Due mesi dopo, mi telefonò per invitarmi al teatro Sancarluccio. Era il 1977: lui, Lello Arena e Massimo Troisi (il trio de La smorfia) recitavano in Così è se vi piace, una parodia di Luigi Pirandello.
D. Come fu lo spettacolo?
R. Rimasi sbalordito dalla loro originalità.
D. Perché erano così speciali?
R. Rispetto al solito cabaret politicamente schierato, La smorfia agiva sul linguaggio: demoliva retorica e luoghi comuni su Napoli usando l’iperbole, il paradosso, la dimensione surreale e poi riconduceva il tutto alla quotidianità dell’uomo comune.
D. Qualche esempio?
R. Il monologo con il Padreterno: senza saperlo, Troisi lì fece surrealismo, espressionismo, dadaismo.
D. Le ricordava qualcuno o qualcosa?
R. L’innocenza autodidatta di Raffaele Viviani, il più grande fra gli autori napoletani che non a caso oggi viene ripreso da nomi di rilievo internazionale come Cristoph Marthaler e Robert Wilson.
D. Troisi figlio di Viviani?

R. Simile è la capacità di tirar giù di peso argomenti aulici fino al livello dei più emarginati o di chi, come gli zingari, è ritenuto border line. Un esempio è la scena dell’Annunciazione nella «umile casa di un pescatore», in cui si irride alla ripetitività del rito codificato.
D. Oppure?
R. L’esercizio di una religiosità basata sul rapporto individuale, ma anche critico e libero verso Dio, che è proprio della cultura ebraica.
D. Ci spieghi.
R. Nel famoso monologo, il Padreterno viene senza complimenti rimproverato da Troisi per i presunti errori commessi durante la creazione.
D. Quale è stato il merito principale di Troisi?
R. L’aver liberato il teatro napoletano dalla sua eterna palla al piede: il bozzettismo naturalistico, che invece abbiamo purtroppo ritrovato di recente nelle commedie di Eduardo De Filippo proposte in Rai da Massimo Ranieri.
D. Come finì quella serata del 1977 in cui conobbe La smorfia?
R. Mi offrirono un passaggio in auto fino a Castellammare.
D. Un altro.
R. Già. Troisi, fingendo di non aver capito niente, si divertiva a chiedermi allarmato se le cose che stavo dicendo su di loro fossero da considerarsi buone o cattive. Insomma, se doveva ridere o piangere.
D. E poi?
R. Scrissi un articolo su Paese Sera: fu un importante viatico, di cui i tre mi sono sempre stati riconoscenti.
D. A chi somiglia Troisi?
R. A Eduardo De Filippo nella recitazione, a Viviani nei contenuti. Ma l’ironia corrosiva con cui sapeva prendere in giro perfino se stesso era soltanto sua. E resta inimitabile.
D. Come si comporterebbe, oggi?
R. Una sera, ormai famoso, Massimo mi confidò: devo stare attento, mi offrono un sacco di soldi per convincermi a fare cose che non mi piacciono. Ma io non voglio svendermi.
D. Quindi?
R. Ne sono certo: se fosse rimasto fra noi, non avrebbe mai accettato di recitare cose indegne.
D. Avrebbe scelto il cinema o il teatro?
R. Non avrebbe fatto teatro, visto che oggi è un fenomeno puramente mercantile basato sulla pratica degli scambi di spettacoli per allestire cartelloni e sostenere i budget.
D. In che misura Troisi, da vivo, avrebbe condizionato il nostro stile di vita?
R. Non credo che avrebbe inciso in alcuna misura.
D. Perché?
R. Il Troisi di oggi si chiama Alessandro Siani, frutto dei tempi: è uno che tenta invano di imitare Massimo e riempie gli stadi con battute come «secondo me, secondo te, Secondigliano». Che sono pura idiozia.
D. Di chi è figlio il fenomeno Siani?
R. Di un pubblico che non pensa.
D. Cioè?
R. Siani per me è pura superficie. Dopo un suo spettacolo, non resta niente.
D. Non è un giudizio troppo severo verso il giovane comico?
R. Mi dispiace, ma non è in grado di sostenere neanche quella che tecnicamente si chiama la carrettella.
D. Cos'è?
R. È la capacità - tipica dei grandi del teatro comico - di riprendere e rilanciare la battuta finale di un monologo riaccendendo a ripetizione risate e applausi in sala.
D. E allora?
R. Un bravo attore, che conosce i tempi giusti, riesce a tirarla avanti divertendo il pubblico anche per 10 minuti: lui, no. Le sue battute fulminee muoiono in sé.
D. Come sta, più in generale, il teatro comico napoletano?
R. Sono figli delle tivù locali, a volte cooptati a sproposito a livello nazionale.
D. Se Troisi ci fosse ancora, il teatro napoletano starebbe meglio?
R. Oggi il contenuto non c’è più, tutto è vuota forma: nessuno potrebbe migliorare la triste realtà.

    

sabato 9 giugno 2012

Riguardando "Un poeta per amico": tra "Telethon" e "Alle falde del Kilimangiaro" prevale l'amarezza di non aver fatto abbastanza

Poco Massimo, poche emozioni. Resta certamente l'amaro in bocca di un'occasione persa per ricordarlo in maniera non convenzionale, più sentita e sensata. Non ho cronometrato, ma credo che su due ore di trasmissione montata forse nemmeno la metà del tempo è stato impiegato a parlare davvero di Massimo Troisi e a dedicargli pensieri, ricordi, ringraziamenti. Ne è venuto invece fuori uno strano incrocio tra "Telethon" e una puntata di "Alle falde del kilimangiaro" che ha deluso molti.
Ero presente all'auditorium della Rai di Napoli durante la registrazione e solo riguardando poi tutto quello che hanno trasmesso in tv ho capito meglio le numerose critiche che hanno infuocato il nostro gruppo facebook. Alcune scelte sono risultate davvero incomprensibili, superficiali. Un esempio su tutti: l'intervento e il racconto del grande critico teatrale Enrico Fiore completamente tagliato. Si era prodigato in un lungo racconto, che certo doveva essere ridotto, ricco di deliziosi aneddoti su La Smorfia, i cui componenti erano stati definiti da lui "marziani". Invece nulla, in trasmissione si vede solo lui che avvicina il microfono alla bocca e poi stop. Stacco e andiamo avanti. Poi invece ci lasciano il racconto delle tastiere anni  '70 di Gaetano Curreri, a cui va comunque tutto il nostro rispetto. E pensare che le parole di Fiore erano una delle poche cose interessanti e inerenti della serata.  
E' solo un esempio, vi dicevo. Oltre tre ore di materiale registrato in studio, alcune delle cose scartate e non utilizzate erano le migliori. In sala, dal vivo, un qualcosina in più che c'entrasse con Massimo si era fatto. Niente di straordinario, certo, ma allo spettatore da casa non è rimasto nemmeno quello. Ed è comprensibile la delusione, nonostante il 14,4% di share che comunque testimonia la sete di Massimo che ancora oggi hanno gli italiani. Sete rimasta insoddisfatta per anni e che adesso si protrarrà chissà ancora per quanto tempo.
Ad ogni modo devo constatare ancora una volta, mio malgrado, che sono pochissime le persone che possono dare emozione e giustizia al ricordo di Massimo Troisi. Che sia arrivato magari il momento di dar voce alla gente comune, non famosa, anche se non ha avuto la fortuna di conoscerlo direttamente? Proprio ieri ho letto una dichiarazione di Lello Arena che sembra pensarla allo stesso modo: "Massimo doveva essere messo in condizione di recitare ancora. Lui resta fonte di ispirazione non ricordo asettico. Vive tra la gente. Sarebbe stato importante veicolare le testimonianze di cittadini comuni che spesso incrocio: mi abbracciano, si commuovono soltanto perchè ho avuto la fortuna di lavorare con lui, di vivere il quotidiano con lui. Ecco, questa sarebbe stata la vera commemorazione di un personaggio unico e intramontabile". A costo di peccare di presunzione tiro in ballo noi, il nostro gruppo, composto da tanti irriducibili con una forte passione e una storia da raccontare riguardo Massimo. Emozione e qualità, anche se non dovrei dirlo io. Però vuoi mettere che non costiamo niente e che al posto di martellare la gente con l'sms solidale in beneficenza in Africa ci mandi direttamente i soldi, pur risicati, della produzione? Conosciamo veramente Massimo, non come alcuni passati dalla Rai di Napoli lunedì che probabilmente non sapevano nemmeno chi era, avremmo fatto sicuramente una cosa più emozionante, di contenuto, con criterio. Avevo inviato alcuni dei post di questo blog a Enzo, riguardanti la poesia e l'accostamento di Massimo a grandi poeti e scrittori. Magari non avrà avuto nemmeno il tempo di leggerli. Ma c'erano sei (e dico, sottolineo sei) autori preposti a scrivere un programma, sei menti che dovrebbero far questo di mestiere. Si poteva e si doveva tirar fuori di più. Mancava un'idea, un collante, un nesso, un filo rosso. Io, che non sono nessuno, butto lì un'idea: si poteva procedere per parole chiave tratte dai lavori di Massimo, con letture, riflessioni, citazioni. Amore, malattia, lavoro, religione, poesia, politica e così via. E invece troppa musica (alcune canzoni decisamente fuori tema), pochi fatti. Io che a volte mi chiedo se davvero sarei in grado di fare questo mestiere in questa occasione ho intravisto lampi di ottimismo personale.
Una domanda mi sorge poi spontanea: Enzo Decaro ha almeno supervisionato il montaggio? Ma soprattutto chi e come ha montato il tutto? Sul finale si sente Enzo, in un frangente tagliato malissimo, parlare come se la pianista Rita Marcotulli avesse tradotto un qualcosa in lingua napoletana. Quello che poi si scopre essere la poesia brasiliana riscritta in dialetto da Massimo. Emerge una certa improvvisazione e il pubblico, che non è stupido, se ne accorge. Ci sarà stato sicuramente poco tempo per le prove e solo la postproduzione ha celato, a volte maldestramente, i diversi errori e problemi tecnici della serata. Sono dell'opinione che una cosa o la si fa bene o non la si fa affatto. E che Massimo meritava una cosa fatta bene. Artisti senza alcun legame con lui messi lì in vetrina sembravano improvvisare anche loro (il leader degli Stadio canta una canzone del suo maestro Lucio Dalla con un foglietto in mano per leggere le parole???). Tra tutti salvo Enrico Fiore (che ho potuto ascoltare solo io), il grande Renato Scarpa (ma qui nessuna sorpresa) e  l'intervento di Anna Pavignano. Di ottima fattura anche il duetto sax soprano-sax tenore targato Di Battista-Senese, prodigatisi in una canzone scritta da Massimo a quattro mani con Gaetano Daniele. Il resto è noia, condito dalla demagogia spicciola di Alessandro Siani che gioca sul sicuro nell'accattivarsi le folle giocando sullo psicodramma Equitalia, apre il contributo video parlando inspiegabilmente della vittoria della Coppa Italia, sfoggia una furba riverenza verso il nostro (non si fa mancare un pizzico di retorica: Massimo era nei cuori della gente già prima della sua morte) e parla nostalgicamente di una Napoli "non banale, educata, dolce, arguta" salvo poi fare di un personaggio come Tatore il suo cavallo di battaglia. E vogliamo sorvolare sull'errore relativo alla data della morte di Massimo, un "5" giugno ridoppiato malissimo in "4" da qualcuno in Rai. 
Nobilissimo il fine della beneficenza (400 mila euro raccolti via sms), nulla da dire sulle buone intenzioni di Enzo Decaro. Non credo assolutamente a speculazioni di sorta o a scelte fatte in malafede e per convenienza. Si è sbagliato, è venuta fuori una cosa sicuramente non soddisfacente. Per fretta, inadeguatezza o non so cos'altro.
Chiudo ritornando per un attimo su Renato Scarpa, di cui forse pochi conoscono bene lo spessore umano, svelando un aneddoto che serve a inquadrare meglio un uomo, prima che un attore, di altri tempi. Alla Massimo, potremmo dire. Uno dei pochi che quando parla di lui si illumina, si commuove e si emoziona sempre, gli è sinceramente grato, proprio come noi. Sei certo che non ha secondi fini, materiali o egocentrici. Lunedì sera ha dovuto ripetere il suo ingresso con la bici due volte e tra la prima e la seconda aveva il microfono acceso. Si è sentito chiaramente quando ha detto a Decaro: "No, non dico cose non vere". Ho capito durante il suo intervento di cosa parlava, anche conoscendo alcuni retroscena. Ha detto davanti alle telecamere che la bici che aveva tra le mani era quella che usava perlopiù Gerardo Ferrara, controfigura di Massimo ne "Il postino". Volevano che dicesse diversamente, non l'ha fatto e hanno poi tagliato il relativo passaggio nel montaggio definitivo, in cui resta solo Decaro che ringrazia il sindaco di San Giorgio per aver concesso la bici. Racconto questo episodio non per far gossip, ma per far conoscere meglio di che pasta è fatto Renato Scarpa, professionista silenzioso e grande persona, conosciuta di recente a San Giorgio a Cremano. Mi piacerebbe molto vedere, anche se so per certo che non ne avrò mai la possibilità, un qualcosa organizzato e gestito proprio da lui in memoria di Massimo. Sono sicuro che metterebbe d'accordo molti di noi, se non tutti. Basta poco, basta il cuore.
Cristiano

mercoledì 8 febbraio 2012

Il nuovo Massimo Troisi (???)

Poco più di un anno fa pubblicammo questo post e il relativo montaggio video per segnalare alcune "analogie" filmiche tra Massimo Troisi e Alessandro Siani: http://amicidimassimotroisi.blogspot.com/2011/01/massimo-troisi-e-alessandro-siani-la.html. Il video riscosse un certo successo tra i lettori. A questo proposito segnaliamo un video di un membro del nostro gruppo facebook, che ci rende ancora più chiara la differenza tra un omaggio e un'analogia "sospetta": https://www.facebook.com/photo.php?v=2078109626521.

Da allora abbiamo trovato molti d'accordo con noi, anche sul giudizio relativo al comico napoletano più in voga attualmente. Riportiamo di seguito un articolo firmato da Marco Vignolo Gargini, che ci sembra abbia colto nel segno. Lui ci risponde con amicizia in uno dei commenti in fondo al post.
Dopo diversi anni quella di Siani resta una comicità sempre a spese di qualcuno, una continua aggressione allo spettatore in sala, uno sfottò e una retorica continui, privi di spessore e riflessioni acute. Se deve essere lui oggi a portare Napoli in giro per i cinema, i teatri o le televisioni italiane si auspicano meno demenzialità chiassose e più contenuti che si stacchino dall'epoca che, ahimè, stiamo vivendo.
Devo ripetere un concetto, visto che è duro da arrivare a tutti: qui non sto mettendo io in piedi un paragone, sono i giornalisti/giornalai, i media che insistono nel farlo, con ignoranza e opportunismo. E qualcuno ci crede pure, e questo non va bene.
Qualcuno nei commenti mi ha scritto: "Alla presentazione del film 'Benvenuti al Nord', Alessandro Siani ha risposto alla domanda sul confronto con Troisi. "No,Massimo era un fuoriclasse,era un Maradona,io al massimo sono un Lavezzi". Mi verrebbe da rispondere a Siani, sulla scorta del video che ho montato con le suddette "analogie": "E allora gioca semplice, non provare a palleggiare maldestramente con le arance come hai visto fare a qualcun altro".
Cristiano

Napoli: da Massimo Troisi… ad Alessandro Siani

Mancano soltanto due anni al ventennale della scomparsa di Massimo Troisi e già siamo in grado di poter stabilire che dell’antica e nobilissima arte comica e drammatica partenopea resta poco o niente. Troisi è stato l’ultimo esponente di una tradizione secolare, si può ben dire che a lui il testimone sia stato consegnato direttamente dalle mani del grande Eduardo, sebbene per poco tempo. Dopo Massimo Troisi abbiamo avuto tanti, tantissimi attori, o presunti tali, che hanno frequentato i cabaret, il teatro, la tv, il cinema, ma nessuno con il talento e le potenzialità dell’artista di San Giorgio a Cremano. È un dato di fatto, il posto di Pulcinella resta vacante, e per Pulcinella intendo anche l’evoluzione e il superamento della maschera napoletana. A livello linguistico, mimico, drammaturgico ci eravamo accorti tutti che Troisi avrebbe garantito questa rigenerazione, dando nuova linfa agli antichi copioni, purtroppo non potevamo sapere che sarebbe stata un’esperienza di così breve durata e, soprattutto, un’eredità difficile da raccogliere. Oggi sembra che Alessandro Siani rappresenti il non plus ultra dell’ultima generazione di comici napoletani, o perlomeno stanno facendo in modo di presentarcelo così… Al di là dei testi piuttosto banali, delle battute, dei tormentoni, dei personaggi (quel Tatore che trent’anni fa non avrebbe fatto ridere nessuno), Siani manca di spessore drammaturgico, sbraita, si muove come un Pazzariello in libera uscita, farfuglia, crede di poter attrarre con la barbetta e gli occhi cerulei… Massimo Troisi non aveva bisogno di personaggi, di tormentoni, era lui stesso lo spettacolo, il film, il dramma, e con la propria sottigliezza intellettuale sapeva traghettare Napoli fuori dai luoghi comuni, dalle macchiette. Siani invece è un regresso, un livellamento verso il basso, sia dal punto di vista lessicale che attoriale, quasi a rappresentare l’epoca che stiamo vivendo, priva di originalità, chiassosa, smunta, buffa più che comica. Troisi oggi è riconosciuto internazionalmente, a lui vengono dedicati convegni e rassegne cinematografiche… non credo che Siani saprà fare altrettanto (ha 37 anni, l’età in cui Troisi aveva già diretto, scritto e interpretato la maggior parte dei suoi film), almeno che… San Gennaro non faccia il miracolo!

Marco Vignolo Gargini


Da un'intervista della nostra Claudia Verardi a Renato Scarpa (il mitico Robertino e capo telegrafista di Mario Ruoppolo):

Qualche giovane comico napoletano sta riproponendo un tipo di comicità basato sui luoghi comuni e sui difetti partenopei, ribaltando in qualche modo il lavoro che proprio Massimo Troisi aveva fatto sul “nuovo napoletano che non deve per forza emigrare, ma può anche viaggiare” con tutto quello che ne consegue. Tu che ne pensi? Non sei napoletano, ma hai sempre frequentato molto sia la città che il suo cinema.
Renato Scarpa: Penso che Massimo abbia fatto una Rivoluzione. Proprio quella di cui Napoli ha bisogno. II soggettivismo esasperato che diventa senso di responsabilità individuale, l'autoironia, il ridere ammettendo la propria fragilità, coltivare il dubbio, trasformare la parola "cliente" in quella di "cittadino" come nel 1799.
 

venerdì 21 gennaio 2011

Massimo Troisi e Alessandro Siani: "la poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve"...ma senza esagerare (VIDEO)

UPDATE: Preciso alcune cose, superflue per chi legge attentamente il post, un po' meno a quanto pare per chi non lo fa. Questo post e il relativo montaggio video non intendono in alcun modo paragonare Massimo e Siani. Non viene criticato il fatto che Siani somigli a Massimo, ma semplicmente vengono messe in evidenza le scene, i personaggi, le situazioni, la mimica che sembrano "prese a prestito" e che non a tutti possono balzare all'occhio. Le conseguenti riflessioni vengono lasciate al lettore.

Alessandro Siani è un discreto cabarettista. Sa scovare, raccontare i tic e le manie di certi napoletani e sa farci ridere su. Per il momento quello che ha avuto da dire si ferma qui, frasi retoriche scritte da altri a parte. Finora non è riuscito a intingere efficacemente la sua comicità nel sociale, nell'attualità, anche per dare un certo spessore a ciò che dice (cosa che per esempio ha sempre fatto Simone Schettino, pur se meno celebre ma si sa, non è sempre la qualità di ciò che fai che attira di più). Forse sta iniziando a capirlo, e lo si può intravedere dal messaggio su Napoli che ha lanciato recentemente dal palco di Zelig. Staremo a vedere, e gli auguriamo di dare una svolta alla sua carriera che gli permetta di crescere come artista, con meno sfottò e con una comicità meno a spese degli altri.

Cinematograficamente parlando Siani ha recitato in due film da protagonista, partecipando in prima persona al soggetto e alla sceneggiatura. Gli incassi si sono rivelati modesti. Grande successo ha invece avuto "Benvenuti al Sud", dove il protagonista è Claudio Bisio, con lui in un ruolo di primo piano. In quest'ultimo film pare che Siani stia iniziando a ritagliarsi finalmente un personaggio tutto suo; sì, perché nei due film precedenti abbiamo colto, fin dalla prima visione, un pò troppe similitudini con i film di Massimo Troisi in scene, situazioni, personaggi, atteggiamenti, mimiche e persino nelle musiche. Ci siamo messi a tavolino, abbiamo confrontato queste scene ed è nato il montaggio video che potete vedere in coda al post. Manca l'analisi di due film come "Natale in crociera" e "Natale a New York" che, sinceramente, non siamo riusciti proprio ad autoinfliggerci. All'epoca non era uscito ancora il tanto acclamato "Il principe abusivo", dove però Siani, comunque affiancato dal più affermato De Sica, fa ridere utilizzando gli stereotipi e i luoghi comuni sui napoletani che Massimo tanto combatteva. Insomma, ancora retorica a parte, il napoletano non ne esce proprio bene.

Intendiamoci, gli omaggi e i tributi ai grandi del passato sono tantissimi nella storia del cinema, ma ci sembra che siano ben altra cosa rispetto a quello che abbiamo visto in questi film. Anche Massimo e Benigni si sono permessi di ricordare Totò nella scena della lettera in "Non ci resta che piangere", e lo stesso Roberto omaggia il suo amico Massimo in "La vita è bella" con il giro del palazzo per incontrare la donna che ama (già visto in "Ricomincio da tre"). Ma era un caso isolato e riconosciuto per quello che era...
Di certo le similitudini che abbiamo colto saranno sfuggite ai più, specie ai più giovani che oggi come oggi non hanno modo di scoprire Massimo e i suoi lavori, e questo montaggio è un modo "umile ma onesto" per riaffermare la paternità di certe trovate e di certi personaggi, anche mimicamente parlando. Alcuni accostamenti potranno sembrare forzati, ma alla base c'è chiaramente una matrice e uno spunto comuni.

Probabilmente anche lo stesso Siani ha capito che in questa maniera non può andare lontano (sempre cinematograficamente parlando, con l'arte oltre che con gli incassi), ci vuole qualcosa di veramente e solo suo. Cercare il successo di un film sulla scia di altri lavori e di un altro personaggio, utilizzando magari lo stesso cast artistico e tecnico, lo stesso produttore, lo stesso Pino Daniele per le musiche, non basta. Ci vogliono le idee e il talento, una poetica nel senso di idee artistiche e di espressione personale. Mauro Berardi, già produttore di Massimo, scommise sul primo film di Siani affermando: "dopo Troisi posso finalmente fare un altro bel film con un napoletano". Quei bei film di Massimo sono, riteniamo, tutt'altra cosa in ogni senso. Quindi attenzione prima di etichettare con leggerezza "il nuovo Troisi".
Per il resto non possiamo che augurare una brillante carriera ad Alessandro Siani, con la speranza ci possa regalare anche solo un decimo delle emozioni e delle risate intelligenti che il nostro Massimo ci ha donato e continua a donarci ancora oggi.