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giovedì 27 agosto 2015

Massimo Troisi in "Poetry Soundtrack" con Luis Bacalov: la poesia nel cinema, nella musica, nella voce

massimo troisi il postino luis bacalov oscar pier paolo pasoliniFare la storia del cinema suonando musica. Sembra un paradosso, ma si tratta del mestiere di compositore di colonne sonore, quel tappetto musicale più o meno discreto che accompagna la visione di un film sul grande (e anche sul piccolo) schermo. Un ruolo che a volte rischia di passare in secondo piano, ma che alcuni grandi interpreti del genere sanno valorizzare al punto da far ricordare i propri fraseggi più delle battute dei film.

È il caso di Luis Bacalov, il compositore di origini argentine che a tanti capolavori del cinema italiano ha dato un’anima con le sue composizioni, fino a ricevere il premio Oscar nel 1996 per la colonna sonora del film Il postino, l’indimenticabile ultima apparizione di Massimo Troisi. Un film che ha a che fare con la poesia: tratto dal romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skàrmeta, la storia ha tra i suoi protagonisti proprio il poeta cileno.
Assieme all’attore Cosimo Damiano Damato, Luis Bacalov sarà il protagonista dello spettacolo inaugurale di Poesia Festival ’15 giovedì 24 settembre al Teatro Ermanno Fabbri di Vignola, subito dopo la lezione magistrale del poeta Franco Loi.

Poetry Soundtrack è una carrellata emozionante attraverso le più note composizioni per il cinema di Bacalov, e allo stesso tempo un omaggio ai registi che si sono avvalsi del suo talento. Con diversi punti in comune con la poesia. La voce di Cosimo Damiano Damato dialogherà con il pianoforte del compositore argentino rievocando gli artisti che hanno concepito le importanti pellicole cui Bacalov ha dato il suo prezioso valore aggiunto attraverso poesie, ricordi degli amici, passi di scritti privati e di interviste. Si va dal tema Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, dove l’intellettuale scomparso tragicamente quarant’anni fa verrà ricordato attraverso le sue note al testo evangelico e un monologo inedito, passando per La città delle donne di Federico Fellini, con la lettura di pensieri del regista e degli amici fino al già citato Il postino, per ricordare la figura di Massimo Troisi attraverso le parole dell’autore napoletano e di chi lo ha conosciuto. Si passa poi al cinema di genere, che le musiche di Bacalov hanno contribuito a far amare anche al pubblico dei cinefili: dalle musiche di Django, composte per per lo spaghetti-western di Sergio Corbucci e volute anche da Quentin Tarantino per il suo recente remake (e proprio alcuni stralci di interviste ironiche e surreali del cineasta americano faranno da contrappunto alle musiche), a quelle per la pellicola cult Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo, con la sorprendente lettura di poesie scritte da uno dei registi più “duri” del cinema italiano.

Uno spettacolo per chi ama il grande cinema, la musica e le suggestioni letterarie, con la poesia a fare da fil rouge attraverso i diversi momenti, emergendo nelle letture e nel mondo artistico di ogni regista, rievocata dalla voce di Damato: un debutto all’insegna dell’incontro fra linguaggi per Poesia Festival ’15.

 

giovedì 11 dicembre 2014

Una comicità sempre nuova: Massimo Troisi come Totò e Peppino

Visto che ci copiano ormai senza nemmeno fare più lo sforzo di cambiare le foto, riproponiamo qui la prefazione al libro di Lunetta Savino firmata dal Nostro, già pubblicata on line quindici anni fa su "Non ci resta che ricordarti" al seguente link: http://digilander.libero.it/webtroisi/pagine/lui%20eduardo....htm. Un articolo acuto e pieno di spunti interessanti, a me però in particolare ha colpito questa frase: "A me capita quando vedo Totò, ma specialmente Totò e Peppino insieme, di vedere una cosa e di rivederla e scoprire altre cose, rivederla e scopri 'nu gesto: quindi, vuol dire che lui in quel momento, ha proposto e ha costruito un qualcosa che non è leggibile immediatamente; ecco perché io dico puro però eccezionale". E' esattamente quello che mi capita quando rivedo un film di Massimo per l'ennesima volta. Sarà che lui ha saputo diventare l'ultimo erede di due comici immensi come appunto Totò e Peppino.


Lui, Eduardo e papà Scarpetta
di Massimo Troisi
 
Purtroppo non ho mai conosciuto Peppino De Filippo e lui è sicuramente di quelle persone che ti rammarichi di non aver conosciuto. Però l'ho visto a teatro. Ero molto piccolo, e sono andato con mio cognato che era vigile del fuoco, al Politeama, a Napoli, e così sono entrato da dietro con lui, con tutta l' emozione... Davano “A che servono questi quattrini”, e io ho visto lui, Peppino, che passeggiava, cu' 'e 'mmane dietro, e m'ha dato l'idea come forse anche noi diamo agli altri di una persona molto seria, molto tranquilla... M'avrebbe fatto piacere si' me diceva qualche frase che poi potevo riportare nella vita, dire: "E poi disse...", invece no, non disse niente è forse è stato giusto accussì, perché poi, di solito, in queste occasioni i grossi personaggi dicono le cose più stupide e banali. Un'eccezionale normalità lui, secondo me, è come 'o sillabbario. Quando io l'immagino, l'immagino puro, immagino cioè una comicità allo stato puro. Si può immaginare che la comicità pura è anche di Totò, e invece no, Totò è già chella elaborata. Io credo, cioè, che della comicità portata al livello di Peppino non ne può fare a meno nessun comico. Eduardo si è affinato più nel classico, Totò nel surreale, in quello che lui è riuscito a inventarsi come personaggio, Peppino, nella normalità era il massimo. Credo comunque, al di là di tutti i discorsi che si possono fare, che quando si parla di questi grossi personaggi, si parte dal presupposto che, comunque, siano delle persone intelligenti: io credo che siano eccezionalmente intelligenti Totò, Eduardo, Peppino, ma pure Sordi, per non restare solo nell' ambito napoletano; Sordi, secondo me, è un inventore di cose nuove, di comicità nuova, è stato un precursore. Forse si può parlare di normale fatto da una persona eccezionale, perché Peppino è dentro quello che fa. Non so se poi c'è dietro uno studio, perché non so se lui studiava il personaggio, ma sicuramente un'immedesimazione, in quel momento, a far vivere quel personaggio, quindi a dargli quello che, forse, è più difficile per un attore, per un comico, a dargli i particolari. A me capita quando vedo Totò, ma specialmente Totò e Peppino insieme, di vedere una cosa e di rivederla e scoprire altre cose, rivederla e scopri 'nu gesto: quindi, vuol dire che lui in quel momento, ha proposto e ha costruito un qualcosa che non è leggibile immediatamente; ecco perché io dico puro però eccezionale, perché puro sarebbe veramente il sillabario scritto da tutti dove A è A, B è B, invece lui ha scritto quello dove nella A puoi leggere qualche cosa di più. Ma è un caso stranissimo che io mi ritrovo, proprio ora, a parlare di Peppino, in un momento in cui, io, dovendomi calare nel personaggio di Pulcinella (nel film che sto girando con Ettore Scola, "Il viaggio di Capitan Fracassa") non so per quale mistero, non so per quale spinta interiore, per quale intuizione, che poi è quella che fa fare ogni cosa, io ho pensato a Peppino. Ho pensato alla napoletanità trasmessa in un certo modo, io dico, del ritmo, nei tempi, nei tempi comici, nell'incrinazione della voce: la sua comicità irresistibile. Lui, secondo me, è tutto quello che c'è prima dell'invenzione in più. Credo che lui abbia fatto eccezionale la normalità, sia riuscito a rendere eccezionale quello che si pensa che qualunque comico debba avere come bagaglio naturale: lui l'ha fatto assurgere a eccezionalità. Non saprei dire dove inizia per me il ricordo del teatro napoletano, dove finisce, dove è qualcosa di mediato attraverso la televisione, e non saprei nemmeno dire chi ho amato di più, se Peppino, se Eduardo, se Totò, perché li ho amati veramente tutti, anche senza essere un assiduo, perché poi a teatro ci andavo veramente poco. Sarò andato a vedere una volta Eduardo, prima di iniziare a fare l'attore, e una volta sola, purtroppo, Peppino. Peggio per chi non ha capito però, soprattutto attraverso i film e la televisione, qualcosa forse mi è cresciuto dentro. Sicuramente qualcosa di mediato da uno che fa spettacolo, mediato dall'intelligenza della quale parlavo prima, intelligenza che vuol dire sensibilità, non vuol dire preparazione culturale; e allora tutti questi elementi fanno diventare un attore, e quindi di conseguenza il suo personaggio, somigliante a un modello preciso, che però nello stesso tempo non ti dà l'idea di qualcosa di già visto, che è importante, perché vedere o sentire il già visto toglie molto alla freschezza. So che Peppino si è rammaricato più volte di non essere considerato abbastanza anche come autore oltre che come attore. Ma...che dire, peggio per chi non è riuscito a entrare nel suo mondo, a capirlo; insomma va tutto a discapito di chi non è riuscito a godersi pienamente questa cosa, e lo sta facendo mo' o lo farà tra dieci anni; lui non c'entra niente. Pure il fatto, per esempio, che Totò non ha avuto più bisogno del cognome, Eduardo nemmeno, lui invece s' 'a avuta purta' pure 'o cugnome, ma, secondo me, stava benissimo anche lui solo con Peppino!
 

domenica 30 novembre 2014

Massimo Troisi come Enrico Berlinguer

"Nel momento in cui moriva ci siamo accorti che ognuno di noi aveva con lui un rapporto personale, fiducioso e confidenziale, anche se ci eravamo limitati ad ascoltarlo nella folla di una piazza".


La frase riportata appena sopra è tratta da un articolo de "L'unità" dedicato a Enrico Berlinguer, che sento di associare anche a Massimo. Sostituiamo la piazza al grande, al piccolo schermo e al teatro ed ecco che ci viene restituito il rapporto che noi "Amici di Massimo Troisi" intratteniamo con il Nostro. E che sopravvive, come direbbe Rosaria Troisi, "oltre il respiro", quotidianamente, perché lui è un po' uno di famiglia, uno su cui contiamo e al quale saremo eternamente grati. Una persona perbene con dei valori importanti, proprio come Enrico Berlinguer.

Cristiano

 

giovedì 9 ottobre 2014

Giuliana De Sio ospite del Napoli Film Festival: "Massimo Troisi era un comico elegante e colto"

"Per me fu un anno magnifico, arrivavo da tanti sceneggiati televisivi belli e di qualità e nel 1983 venni scelta per tre film importanti. Sciopèn di Luciano Odorisio (che vinse a Venezia come miglior opera prima) con Michele Placido, e poi, a distanza di pochi giorni, arrivarono i film che mi hanno particolarmente segnata Io, Chiara e lo Scuro con Francesco Nuti, diretto da Maurizio Ponzi e Scusate il Ritardo di Massimo Troisi. Ebbero tutti e tre grande successo di critica e di pubblico e io vinsi parecchi premi".

Com'è stata l'esperienza con questi due giovani attori/autori?
"Con Nuti abbiamo fatto cose che, viste oggi, restano per sempre. Allora le giudicavo come un trampolino verso un cinema più elevato; un salto che poi non c'è stato. Con Francesco c'era sempre un bel clima, era una personalità atipica nel mondo del cinema, con la sua comicità molto amara ma sentimentale. Io mi ci trovavo bene, proprio perché parlava d'amore".

Contemporaneamente arriva Massimo Troisi.
"Massimo era un ragazzo della nostra età che mi faceva molto ridere con la Smorfia. Dopo il primo film, sapevo che stava preparando il secondo e che l'attrice di questo film sarebbe stata baciata dalla fortuna. Volle me, perché era un fan di un mio sceneggiato tv, strappandomi al suo collega amico Lello Arena che mi voleva per "No Grazie, il caffè mi rende nervoso". Il mio agente mi propose entrambe le sceneggiature e io decisi di fare il film di Massimo".

Com'è il tuo ricordo di Massimo Troisi?
"Non ho più parole per raccontare Massimo, ho un ricordo nitido e triste. Aveva un cuore che batteva rumorosamente, per una piccola macchina che lo assisteva nel battito... Massimo era un comico elegante e colto nell'inconscio, cultura che non era arrivata con la lettura di tanti libri ma ce l'aveva dentro, innata. Non l'ho mai sentito dire una banalità. Aveva una comicità senza tempo, sarebbe stato bello fare un altro film con lui".

Fu un film difficile da realizzare per te.
"Sì, il mio compagno Elio Petri era gravemente ammalato. Io dissi a Massimo che, per questo motivo, non sarei stata troppo lucida durante le riprese e che con me si sarebbe preso una rogna; lui mi disse di non preoccuparmi. Poi accadde quello che poteva accadere ed Elio morì proprio durante le riprese. Feci il film con il pianto in gola per la mia situazione".

Hai fatto tanto cinema con altri grandi registi italiani.
"Certo, con Monicelli ho fatto due film: "Speriamo che sia Femmina" e "I Picari". Per i Picari mi disse che aveva avuto un'idea per il mio personaggio e mi chiese se me la sentivo: ero una schiava pagata a peso e dunque comprata nuda per spender meno, e lui mi propose di recitare tutto il film così, senza vestiti. Gli dissi "ci penso" ma poi non me la sentii anche se riconosco che era una grandissima idea. Per me Mario era nella mitologia cinematografica e spesso ci scambiavano per padre e figlia, visto che la gente riconosceva me e chiedeva se lui fosse mio padre. Una volta lui rispose "Sì, è mia figlia" e io in cuore fui molto felice, è il mio eroe. Adorava la vita e, a 96 anni, non potendo fare più quello che gli piaceva, ha deciso con coraggio di smettere di vivere".

Il teatro, la tv, il cinema. Sei sempre attivissima nel tuo lavoro.
"Il teatro per me è una garanzia, mi riconosce sempre un valore. In questa stagione saremo a Napoli, al Bellini, a fine ottobre con "Notturno di Donna con Ospiti" di Annibale Ruccello. Per la tv continuo con la fiction di oggi, ho spesso personaggi interessanti anche se ho nel cuore gli sceneggiati di qualità di una volta. Il cinema... il cinema di una volta mi manca moltissimo...".

Stefano Amadio - CinemaItaliano.info
 

lunedì 11 agosto 2014

Enzo Decaro: "Non esiste nessun erede di Massimo Troisi"

Con la frase sugli emigranti di "Ricomincio da tre", Troisi fece un’analisi sociologica che vale più di mille convegni. E quando chiedevano a Massimo se si sentisse l’erede di Totò o De Filippo lui si metteva a ridere e diceva: "Ma poveri loro a essere accostati a me!". Posso dire che non esiste nessun erede di Massimo”.

Enzo Decaro 


Giusto, Enzo. Fai bene a specificarlo, magari qualcuno avrà preso un abbaglio.

Cristiano

 

venerdì 8 agosto 2014

Ancora storia di "Amici di Massimo Troisi", da "Il mattino" del 4 giugno 2004

Eravamo a San Giorgio a Cremano, come spesso accade ogni 4 giugno. E tra una messa alla parrocchia di Sant'Anna e un occhio alle iniziative per il ricordo di Massimo acquistammo "Il mattino", che in quel giorno allegava un inserto speciale per il decennale della morte. Con grande sorpresa e contentezza lessi questo trafiletto. Quando ho cominciato a far correre la passione per Massimo on line c'era poco e nulla dedicato a lui, ma quel poco che c'era era fatto col cuore, genuino, di qualità e senza alcuna speculazione. Oggi c'è qualcosa in più, non dello stesso tipo, ma ciò che conta è la diffusione e la memoria dello splendore che Massimo ci ha lasciato. Perché chi nasce oggi deve avere la possibilità di sapere che c'è anche un altro tipo di profondità, poesia, spessore e contenuto possibile nella comicità.

Cristiano

   

giovedì 7 agosto 2014

Non dimenticate, assieme all'acqua e il gas aperti, il grande Renato Barbieri

Vi propongo oggi un breve video di Renato Barbieri che illustra il Centro Teatro Spazio a San Giorgio a Cremano, con a chiudere "La smorfia" nel suo periodo d'oro. Massimo iniziò a fare teatro sotto l'ala protettiva di Renato, che fingendosi suo zio gli firmava le giustifiche dei filoni a scuola e lo aiutava in tante cose... Con le sue risorse si arrivò al Centro Teatro Spazio. Ingiustamente poco ricordato, lo faccio io con tanta stima e riconoscenza. Uno che viveva di passioni, per il teatro, i burattini (veniva chiamato anche all'estero ad esibirsi con le sue marionette) e lo spettacolo in generale. Proprio come noi.

Cristiano


                                                   

domenica 3 agosto 2014

Immagini dalla presentazione di "Oltre il respiro", con Rosaria Troisi e il nostro Giuseppe Gifuni a Sorrento lo scorso 10 luglio

Il Circolo Endas Penisola Sorrentina Onlus, diretto da Antonio Volpe e presieduto da Adele Paturzo, ha organizzato presso il rinomato locale sorrentino Camera&Cucina, una specialissima serata dedicata al grande ed indimenticabile Massimo Troisi a vent’anni dalla scomparsa, con la straordinaria partecipazione della sorella Rosaria, che ha presentato, attraverso le domande mirate di Carlo Alfaro, responsabile eventi e sezione teatro dell’Endas, e della giornalista Caterina Vesta, il suo libro “Oltre il respiro”, dedicato al fratello, di cui l’attrice Eleonora Di Maio ha fornito lettura suggestiva di alcuni passi.

Il professore Volpe ha raccolto in un filmato alcune testimonianze e spezzoni inediti di film di
Troisi, mentre l’attore Giuseppe Gifuni, presidente e direttore artistico dell’Associazione Culturale Angeli, ha dedicato un suo toccante monologo all’amico di sempre Massimo Troisi. Una serata all’insegna del gusto e dell’allegria, con un menu ad hoc preparato dallo chef della casa, ma non senza momenti di commozione e nostalgia:  “Sono passati vent’anni dalla scomparsa di Massimo Troisi- ha commentato Carlo Alfaro- ma, come per tutti i veri miti, la sua immagine cresce nel cuore di tutti, e il suo messaggio positivo merita di essere veicolato alle nuove generazioni.

Erano appena terminate le riprese de Il Postino, Massimo è stanco e duramente provato dalla malattia che lo porterà a breve a una morte prematura. Alza il bicchiere e dice semplicemente: 'Ricordatevi di me. Voleva che restasse una traccia di lui e questo lo si sta facendo, nessuno potrà dimenticarsi di lui, e questo lo sento ogni giorno stando fra la gente.."   “Io e Massimo abbiamo deciso di destinare i proventi di Oltre il respiro a Italia Solidale, un’associazione che si occupa di adozioni a distanza”, precisa Rosaria “Le motivazioni che mi hanno spinto a parlarne sono tante. Il tempo che passa ti mette in una condizione emotiva di libertà perché sgombra il campo dal peso e dalla fatica del ricordo. Si dice che il tempo è galantuomo, ma al tempo stesso è spietato perché cancella tutto. In questo libro c’è il mio vissuto, la mia storia, e tutto un mondo che porto dentro e che non voglio vada perduto. Mi sono capitate delle cose straordinarie e vorrei che non andassero disperse, ma restassero vive per le nuove generazioni. Volevo lasciare qualcosa che potesse testimoniare questa grande avventura e il privilegio di aver avuto in famiglia una persona sorprendente e così speciale. Lui era pienamente consapevole del suo male, ma sino alla fine ha cercato di lottare ben sapendo di avere i minuti contati. Sapeva benissimo che cosa aveva passato e che cosa lo attendeva. Quell’ansia di finire Il Postino che è il suo testamento artistico e non solo era dovuta all’angoscia di avere la morte dietro la soglia"

Una riflessione di Lilly Ippoliti che ci ha colpito e riportiamo “Erri De Luca con un fotogramma luminoso descrive Massimo come l’esatto opposto della camorra. Troisi rappresenta quello che un napoletano per bene dovrebbe e potrebbe essere. Noi nel libro abbiamo avvicinato questo pensiero con la dedica a Saviano in una sorta di continuità nella lotta per la legalità in questa terra così disgraziata. Nonostante Massimo Troisi fosse un uomo timido e introverso, avrebbe sostenuto questo percorso per raggiungere questo obiettivo. Non lo dico io, ma emerge chiaramente da quanto sostengono Rosaria e i suoi familiari".

FONTE: Napolipost e Positano News.
    

mercoledì 16 luglio 2014

Giancarlo Giannini omaggia Massimo Troisi a Giffoni

Inaugura la stagione 2014 del teatro all'aperto di Giffoni Valle Piana (Salerno) Federico Salvatore, poliedrico e carismatico artista partenopeo che, a distanza di due anni, torna sabato 2 agosto con “…E noi zitti sotto”, il suo nuovo spettacolo teatrale in lingua napoletana. E se lui si lascia ispirare nel titolo dalla celebre citazione di Massimo Troisi nel film “Non ci resta che piangere”, in occasione del ventennale della scomparsa del grande attore e regista, Giffoni Teatro prosegue martedì 5 con un’anteprima assoluta: “Cosa ne penso della Svizzera”, il recital commemorativo scritto da Gian Paolo Mai e interpretato da Giancarlo Giannini. Composizioni musicali e contributi video, tracciano un un sentiero su cui verrà ripercorsa non solo la sua carriera artistica, dai primi passi della Smorfia ai grandi successi cinematografici, ma anche momenti personali per aiutare lo spettatore a comprendere ancor meglio il carattere e l’ironia che aveva nella vita privata. Il tutto sarà arricchito da contributi video inediti e mai trasmessi, in esclusiva mondiale assoluta, concessi e montati dal regista Stefano Veneruso, nipote di Troisi.
 
Inaugura la stagione 2014 Federico Salvatore, poliedrico e carismatico artista partenopeo che, a distanza di due anni, torna a Giffoni sabato 2 agosto con “…E noi zitti sotto”, il suo nuovo spettacolo teatrale in lingua napoletana. E se lui si lascia ispirare nel titolo dalla celebre citazione di Massimo Troisi nel film “Non ci resta che piangere”, in occasione del ventennale della scomparsa del grande attore e regista, Giffoni Teatro prosegue martedì 5 con un’anteprima assoluta: “Cosa ne penso della Svizzera”, il recital commemorativo scritto da Gian Paolo Mai e interpretato da Giancarlo Giannini. Composizioni musicali e contributi video, tracciano un un sentiero su cui verrà ripercorsa non solo la sua carriera artistica, dai primi passi della Smorfia ai grandi successi cinematografici, ma anche momenti personali per aiutare lo spettatore a comprendere ancor meglio il carattere e l’ironia che aveva nella vita privata. Il tutto sarà arricchito da contributi video inediti e mai trasmessi, in esclusiva mondiale assoluta, concessi e montati dal regista Stefano Veneruso, nipote di Troisi. - See more at: http://www.agopress.info/giffoni-teatro-omaggio-di-giannini-a-massimo-troisi/27740/#sthash.3gJ6Swtu.dpuf

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Inaugura la stagione 2014 Federico Salvatore, poliedrico e carismatico artista partenopeo che, a distanza di due anni, torna a Giffoni sabato 2 agosto con “…E noi zitti sotto”, il suo nuovo spettacolo teatrale in lingua napoletana. E se lui si lascia ispirare nel titolo dalla celebre citazione di Massimo Troisi nel film “Non ci resta che piangere”, in occasione del ventennale della scomparsa del grande attore e regista, Giffoni Teatro prosegue martedì 5 con un’anteprima assoluta: “Cosa ne penso della Svizzera”, il recital commemorativo scritto da Gian Paolo Mai e interpretato da Giancarlo Giannini. Composizioni musicali e contributi video, tracciano un un sentiero su cui verrà ripercorsa non solo la sua carriera artistica, dai primi passi della Smorfia ai grandi successi cinematografici, ma anche momenti personali per aiutare lo spettatore a comprendere ancor meglio il carattere e l’ironia che aveva nella vita privata. Il tutto sarà arricchito da contributi video inediti e mai trasmessi, in esclusiva mondiale assoluta, concessi e montati dal regista Stefano Veneruso, nipote di Troisi. - See more at: http://www.agopress.info/giffoni-teatro-omaggio-di-giannini-a-massimo-troisi/27740/#sthash.3gJ6Swtu.dpuf

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Inaugura la stagione 2014 Federico Salvatore, poliedrico e carismatico artista partenopeo che, a distanza di due anni, torna a Giffoni sabato 2 agosto con “…E noi zitti sotto”, il suo nuovo spettacolo teatrale in lingua napoletana. E se lui si lascia ispirare nel titolo dalla celebre citazione di Massimo Troisi nel film “Non ci resta che piangere”, in occasione del ventennale della scomparsa del grande attore e regista, Giffoni Teatro prosegue martedì 5 con un’anteprima assoluta: “Cosa ne penso della Svizzera”, il recital commemorativo scritto da Gian Paolo Mai e interpretato da Giancarlo Giannini. Composizioni musicali e contributi video, tracciano un un sentiero su cui verrà ripercorsa non solo la sua carriera artistica, dai primi passi della Smorfia ai grandi successi cinematografici, ma anche momenti personali per aiutare lo spettatore a comprendere ancor meglio il carattere e l’ironia che aveva nella vita privata. Il tutto sarà arricchito da contributi video inediti e mai trasmessi, in esclusiva mondiale assoluta, concessi e montati dal regista Stefano Veneruso, nipote di Troisi. - See more at: http://www.agopress.info/giffoni-teatro-omaggio-di-giannini-a-massimo-troisi/27740/#sthash.3gJ6Swtu.dpuf

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Inaugura la stagione 2014 Federico Salvatore, poliedrico e carismatico artista partenopeo che, a distanza di due anni, torna a Giffoni sabato 2 agosto con “…E noi zitti sotto”, il suo nuovo spettacolo teatrale in lingua napoletana. E se lui si lascia ispirare nel titolo dalla celebre citazione di Massimo Troisi nel film “Non ci resta che piangere”, in occasione del ventennale della scomparsa del grande attore e regista, Giffoni Teatro prosegue martedì 5 con un’anteprima assoluta: “Cosa ne penso della Svizzera”, il recital commemorativo scritto da Gian Paolo Mai e interpretato da Giancarlo Giannini. Composizioni musicali e contributi video, tracciano un un sentiero su cui verrà ripercorsa non solo la sua carriera artistica, dai primi passi della Smorfia ai grandi successi cinematografici, ma anche momenti personali per aiutare lo spettatore a comprendere ancor meglio il carattere e l’ironia che aveva nella vita privata. Il tutto sarà arricchito da contributi video inediti e mai trasmessi, in esclusiva mondiale assoluta, concessi e montati dal regista Stefano Veneruso, nipote di Troisi. - See more at: http://www.agopress.info/giffoni-teatro-omaggio-di-giannini-a-massimo-troisi/27740/#sthash.3gJ6Swtu.dpuf

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domenica 11 maggio 2014

Renzo Arbore: "Io e Massimo Troisi ultimi ambasciatori della Napoli più vera. Ignorati dal Palazzo"

"Massimo Troisi. A giugno sono vent'anni che è morto, ce ne vogliamo ricordare? Era colto, gentile, ironico. Veniva visto come un napoletano anomalo e invece era un napoletano esemplare. Passavamo le notti intere a cantare, avevamo in programma di fare un disco insieme. Canzoni classiche napoletane, ovviamente". 

Renzo Arbore, a Napoli con la sua Orchestra Italiana

lunedì 17 marzo 2014

Luigi Troisi: mio fratello, un introverso col dono dell’ironia, la prova vivente che si può partire da zero

Come vivevate in famiglia il talento di suo fratello Massimo?

lunedì 28 ottobre 2013

Quel che resta del Premio Massimo Troisi secondo uno dei suoi creatori: intervista ad Aldo Vella

scultura massimo troisi il postino

Cominciamo col dire che il Premio Massimo Troisi, quello di San Giorgio a Cremano, non è stato celebrato a Morcone. Ne è semplicemente nato un altro, diverso, in un altro posto. E San Giorgio a Cremano non deve sentirsi derubata o umiliata da tutto ciò, semmai deve vedere in ciò un nuovo stimolo ad uscire da questa impasse e a ripartire con una nuova organizzazione, seria e disinteressata a tutto tranne che al celebrare nella giusta maniera la memoria di Massimo. E so bene quanto ciò che ho appena scritto sia difficile da realizzarsi. Il premio Troisi a Morcone non è nemmeno da etichettare come un tradimento della famiglia di Massimo, che è e resta patrimonio di tutti, in Italia e nel resto del mondo. Se altrove c'è qualcuno che fa le cose per bene (non posso giudicare perché non sono stato a Morcone ma conoscendo appena Luigi Troisi credo proprio di sì) è giusto che ci siano anche dieci, cento, mille premi Troisi. Siamo d'accordo su questo con Aldo Vella, di cui riportiamo qui un'intervista significativa pur se mal redatta e con qualche inesattezza qua e là.

Cristiano 
 

Il Premio Troisi, per anni fiore all'occhiello delle amministrazioni sangiorgesi, dopo due anni di sospensione è stato per la prima volta celebrato a Morcone, nel beneventano. La cosa ha suscitato un certo scalpore nella cittadina vesuviana, dove s'è visto questo trasloco come una sorta di perdita se non addirittura un tradimento da parte della famiglia dell'attore. Abbiamo deciso dunque di interpellare l'ex sindaco, e attivo cittadino sangiorgese, Aldo Vella, per entrare in merito alla questione e dialogare con colui che creò il premio.

Iniziamo innanzitutto con il pregresso, ovvero su quale base nasce Massimo Troisi e l'arte comica sangiorgese.
«Il Premio Troisi ha dei prodromi molto interessanti, al mio insediamento di sindaco, nel '93, pensai a Troisi, ancora vivente, per farlo tornare qui, per un laboratorio permanente, per formare gli attori locali. Infatti, io ritengo che qui ci sia una presenza culturale teatrale straordinaria».

Cosa c'era, un laboratorio, qualcosa del genere …
«Ce n'erano vari! C'era quello delle monache, c'era quello di Carlo (Renato? ndr) Barbieri, quello dove poi Troisi è nato teatralmente, il Centro Teatro Spazio…».

C'era allora un terreno abbastanza fertile …
«Diciamo che San Giorgio, è da oltre un secolo un terreno fertile per l'attività teatrale, e questo se non vogliamo considerare tutta la fase dei saltimbanchi girovaghi all'epoca delle Ville Vesuviane del settecento, quando le compagnie giravano e venivano ospitate nei saloni delle residenze nobiliari, creando un'aderenza tra tipologia di architettura, quella delle Ville Vesuviane e il teatro, ma questa è un'altra storia.»

E queste compagnie da dove venivano?
«Erano itineranti, perché c'era una pratica del teatro e quindi, come per gli scalpellini, come per i giardinieri che vennero per la fondazione del Bosco Reale di Portici, anche quei comici itineranti hanno creato un apprendistato, sono rimaste le tradizioni, hanno lasciato qualcosa …del resto erano girovaghi per modo di dire, restavano qui estati intere! Tra Torre del Greco e qua, giravano tutte le Ville, facendo il teatro a casa, avendo i locali adibiti proprio all'incontro, per la festa, per l'esposizione della famiglia che in tal modo segnava il suo livello di ceto. Se poi vogliamo storicizzare la cosa, dobbiamo arrivare a fine ottocento, con Recanati. Mario Recanati era un sangiorgese trasferito in Venezuela e che poi era tornato qui. Era un imprenditore edile (quello che costruì e regalò alla città la strada omonima) ma la cosa importante di quest'uomo è che è stato il primo produttore cinematografico nazionale, italiano!».

In che anni stiamo?
«Nel 1883, '84, agli albori della cinematografia. Sono stati trovati anche dei copioni, per la Notari, una famosa attrice dell'epoca. Recanati faceva il cinema, per così dire, d'avanspettacolo, infatti il cinema era l'avanspettacolo dello spettacolo teatrale, tutto il contrario di quello che è successo con l'avanzamento dell'arte cinematografica, dove l'avanspettacolo è poi diventato lo spettacolino prima del cinema! Questa è la dimostrazione che abbiamo una tradizione straordinaria! La Federico II, fece anche una mostra tempo fa, chiamata "Da Recanati a Troisi", descrivendo tutto l'arco della storia del cinema, che cominciava a San Giorgio a Cremano e finiva a San Giorgio a Cremano. Noi siamo una delle patrie del teatro e del cinema! Non lo dobbiamo dimenticare! Perché è il brodo culturale dove è nato Troisi! Non si spiega Troisi se non si va a vedere il contesto dove è nato! Questa è la prima base di partenza per ragionare su di lui. Nel '93 dunque, col mio insediamento, tentai di far venire Troisi in patria, per produrre altri attori come lui. Gli proposi, tramite il cognato, questo laboratorio, ma non feci a tempo perché nel '94 morì. Per cui decisi di affidare questo laboratorio, per due anni, a Renato Carpentieri, e che produsse, dal '95 al '96, una ventina tra registi e attori importanti come Bruno De Paola, Leonardo (Eduardo? ndr) Tartaglia, Pignatelli…».

Ma questi erano di San Giorgio o …
«Specialmente di Napoli, ma sono venuti anche da Genova. Col primo anniversario della morte di Massimo Troisi facemmo una grande mostra, qui a Villa Bruno e vennero una serie di personalità, tra cui gli amici di Massimo, venne anche D'Alema, e venne Scola, Ettore Scola, che era un amico intimo di Massimo e infatti non volle proprio entrare nella sala dove c'erano i ricordi, temeva di emozionarsi troppo e quindi conversammo fuori, non volle entrare, ma venne! Poi ci fu la notte degli oscar. In cui, "Il postino", l'ultimo film di Massimo Troisi, era candidato. Ci fu una serata con doppia sede, al cinema Flaminio di San Giorgio e al Mercadante di Napoli. Dove io e l'allora sindaco Bassolino, ci scambiammo di posto, anche se poi decisi di venire qui (portandomi anche Bassolino) perché a Napoli l'ambiente era troppo salottiero e preferivo l'ambiente familiare di San Giorgio, dove restammo in un teatro pieno fino alle due di notte. Tutto questo mi aveva convinto a procedere per istituire questo Premio Troisi, che era al principio incentrato sul corto comico. E in effetti c'eravamo accorti che non esisteva nessun festival del cortometraggio comico, tant'è vero, che quando facemmo il bando, arrivarono centinaia di cassette (perché allora si usavano le cassette VHS), una cosa impressionante! Poi, dopo, cominciammo ad aprire altre sezioni finché sono andato via, ed altri sono saliti sul cavallo vincente, ma azzoppandolo!».

E lei nel frattempo, cos'ha fatto?
«L'ho seguito come cittadino e vicino di Villa Bruno, dove ho dovuto turarmi le orecchie, perché hanno aumentato solo il volume delle manifestazioni ma hanno ridotto e squalificato il resto. Hanno modificato il premio enfatizzandolo a tal punto che s'è gonfiato come un palloncino, fino a farlo scoppiare. Si è proceduto sempre di più fino alla kermesse e sempre meno verso il laboratorio, non hanno lanciato più nessuno, io non vedo in giro persone che in questi ultimi anni si pregiano di essere stati lanciati dal Premio Troisi. Io avevo in mente, assieme al direttore artistico Iannuzzi (Fulvio Iannucci? ndr), di proseguire, col Premio, la logica del laboratorio teatrale, ma poi, il mio mandato è terminato e la storia è stata quella di concerti e concertoni e così via».

Non le sembra che si stia tentando di usare il nome di Massimo Troisi come una specie di marchio di fabbrica, un brand come si direbbe oggi, con un termine più mercantilistico e che sicuramente si discosta da quella che era la realtà Massimo?
«Ha indovinato! Hanno fatto tre errori importanti (tra i tanti commessi!); il primo è quello che non hanno mai riflettuto sulla filosofia artistica di Troisi. Solo in un rivista, Cinema Sud, c'è stato un grande approfondimento sul linguaggio di Troisi, ma non l'ha fatto certo il Premio! Questo lavoro fu sì presentato alla manifestazione ma fu un momento di riflessione che non crearono loro! Il secondo errore è quello di aver esagerato nel voler tirare sul marchio Troisi, usandolo solo per la spettacolarizzazione dell'evento. E terzo, hanno dimenticato che Massimo Troisi, nel frattempo, fino al Postino, ha seguito un'iperbole, ascendendo, nella sua arte, da comico ad attore drammatico. Infatti io non direi che Troisi è comico, Massimo ha sempre più pulito questa sua comicità facendola alla fine diventare poesia. Nel Postino è scomparsa qualsiasi smorfia, volendo usare questa parola. È probabile che se non fosse morto, la trasformazione sarebbe stata ancora più complessa! E tutto questo non è stato considerato. In tutto questo, c'è poi un errore complessivo che li racchiude tutti, il comico, è diverso dall'attore comico, il comico parte per fare la battuta, invece, gli attori comici, partono dal cinema, dal teatro per dire la barzelletta! Walter Chiari, ad esempio, parte attore, poi si può permettere di fare la barzelletta scema, facendola durare mezz'ora, e poi facendoti anche ridere, perché non è più importante la barzelletta, ma l'attore che la recita. È la televisione che ha inguaiato tutto! Adesso, i comici, non sono attori comici! Tanto è vero che non resistono alla prova del cinema, devono mettere assieme quattro o cinque di loro assieme per durare un'ora. Tutto questo vuol dire che, il premio, tu lo stai dando all'attore da cabaret, e Troisi, nella sua produzione è lontano mille miglia dal cabaret! Questo è un errore che hanno commesso i direttori artistici del premio, anche di grande calibro come Costanzo e Giulio Baffi, ma hanno fallito, diciamolo pure!».

E adesso? Come intravede il futuro di questo premio? Cosa ne pensa di questo trasferimento a Morcone?
«Il trasferimento non è tale! È un'occupazione di spazio vuoto! Come nella comunicazione, così nello spettacolo, se lascio uno spazio vuoto questo viene occupato! E due anni di assenza del Premio sono già assai! Morcone merita, è un contesto da festival. Che poi San Giorgio voglia prendere di nuovo il Premio Troisi è fanciullesco, e tra l'altro, io, m'aspetto che altri premi Troisi nascano! Perché la sua è ormai una figura liberalizzata, non la puoi più fermare, s'illude la famiglia di poter mettere il marchio, non dando tra l'altro il via alla fondazione, perché tutto questo non lo puoi fermare, ora pure i bar portano il suo nome, e solo una fondazione poteva mantenere la garanzia del marchio. Mettersi poi in concorrenza con gli altri premi Troisi, non spetta al comune di San Giorgio a Cremano, patria di Troisi, la offende quest'atteggiamento. Io direi invece di considerare il valore della città teatro, quella che ha dato i natali all'arte di Troisi. Bisogna fare tutto il contrario! Bisogna promuovere la città, il territorio, il cui fenomeno apicale è stato Troisi, ma ce ne possono essere degli altri se vi mettete col pensiero! Il compito dell'amministrazione comunale non è più quello di promuovere Massimo, che ormai è promosso tantissimo, avrebbero certo potuto fare molto di più, come ad esempio restaurare "Ricomincio da tre" (già restaurato, ndr), che ne avrebbe bisogno, ma neanche questo è stato fatto, allora dico, avete una città che è una città del teatro, promuovetela in tal senso!».

Ciro Teodonno

  

mercoledì 9 ottobre 2013

Prima lezione gratuita di laboratorio pratico teatrale al "Piccolo Teatro Massimo Troisi"

Piccolo Teatro Massimo Troisi Napoli
Lo scorso sabato abbiamo inaugurato il nuovo piccolo "tempio" di Massimo Troisi, così soprannominato da Luigi Troisi, intervenuto per l'occasione. E' già partito il laboratorio teatrale per bambini, mentre lunedì 14 ottobre ci sarà la prima lezione, gratuita, del laboratorio pratico di teatro per adulti diretto dall'attore e regista Agostino Chiummariello. Un nome, una garanzia. Vi aspettiamo in tanti, alle ore 18, in via Giuseppe Tomasi di Lampedusa 48, Napoli.



PROGRAMMA LABORATORIO TEATRALE
Articolazione e contenuti del progetto:
Piccolo Teatro Massimo Troisi Napoli

Il progetto sarà articolato in più fasi, legate in sequenza logica l’una all’altra e programmate secondo una logica coerente.
In una prima fase, esplorativa, emergeranno gli interessi e le aspettative degli allievi. Di seguito si getteranno le basi per sviluppare il discorso del lavorare insieme, con esercizi che svilupperanno il senso di cooperazione e di coralità degli allievi. A questo punto si procederà alla selezione del testo da rappresentare. Scelto il testo, verrà studiato l’autore, la sua storia, il suo pensiero e si confronterà la realtà storica e sociale nella quale si muove il testo con quella attuale. Infine, l’ultima fase sarà quella più laboriosa, che vedrà impegnati insieme gli allievi per giungere alla rappresentazione finale con un lavoro di affinamento continuo e di rafforzamento degli obiettivi personali.

I FASE
Laboratorio di espressione teatrale: (esplorazione – formazione)
• Imparare a lavorare insieme realizzando concentrazione, attenzione e rispetto reciproco.
• Puntualizzare l’esatta pronuncia.
• Comprendere la valenza comunicativa della gestualità.
• Acquisire il concetto di interpretazione.
• Esercitazione con parole e suoni.
• Esercizi di fonetica, dizione.
• Esercizi di postura, intesa come indice del rapporto che si ha con il mondo circostante.
• Lettura ad alta voce di un testo dialogato.
• Improvvisazione singola e di gruppo.

II FASE
Laboratorio di espressione teatrale: (Produzione)
• Scoprire insieme perché è in programma uno spettacolo e cosa si vuole ottenere.
• Studio della lingua del testo scelto (italiano o dialetto).
• Distribuzione delle parti.
• Muoversi nello spazio scenico.
• Prove per la messinscena.

III FASE
Contenuti: Una volta scelto il testo da rappresentare, verranno date agli allievi informazioni sintetiche sull’autore, la sua storia, la realtà sociale del testo, per ricreare il clima coerente con il testo stesso. Saranno distribuiti gli incarichi, stabilendo i ruoli per una produzione di uno spettacolo e le responsabilità, imparando a pianificare il proprio lavoro nell’ambito di esigenze comuni.
• Ciascuno allievo sarà aiutato ad approfondire il lavoro individuale, tracciando il percorso preciso del personaggio lungo tutto il testo, evidenziando i singoli rapporti con gli altri personaggi, ricercando una fisicità adatta al personaggio stesso. Ci saranno prove di lettura a tavolino, che evidenzieranno i passaggi logici e gli stati d’animo di tutti i caratteri. Seguiranno le prove in piedi con copione, che consentiranno agli allievi di prendere confidenza con lo spazio scenico. Di seguito, ci saranno prove a memoria delle scene separate, il collegamento delle scene e affinamento delle azioni per fissare nella memoria la struttura logica dello spettacolo. Poi seguiranno “le filate”, per dare scioltezza e ritmo allo spettacolo, le prove generali e lo spettacolo, che coinvolgerà il pubblico e gli allievi in un unico evento: “ lo spettacolo” appunto.

domenica 2 giugno 2013

Sostiene Nathalie Caldonazzo: Massimo Troisi mi ha insegnato lo stile, non l'ho usato per restare a galla

L’ultima compagna di Massimo Troisi, a 19 anni dalla sua scomparsa, spiega alla rivista "Donna al Top" le ragioni che finora l’avevano spinta per lungo tempo a non parlare di lui, al contrario di tanti colleghi che dalla conoscenza con il compianto avevano ricavato una discreta pubblicità. Non solo, la 43enne attrice romana racconta che cosa l’abbia spinta ad allontanarsi dal piccolo schermo, confidando il suo disamore verso un mestiere che l’ha spesso delusa e amareggiata. Attualmente lavora in teatro con Roberto Ciufoli.
«Da Massimo ho imparato lo stile», afferma la Caldonazzo. Riportiamo di seguito uno stralcio dell'intervista.

A differenza di molti tuoi colleghi che in ogni intervista rivendicano o millantano rapporti importanti, tu hai sempre evitato di parlare di Massimo Troisi, al quale sei stata legata prima che morisse…
«E mi fa piacere che questo si sia notato. All’epoca ho lasciato parlare tutti quelli che ritenevano di dover dire qualcosa, restandomene da parte ad ascoltare, disgustata».
Disgustata da cosa?
«Da tanti atteggiamenti tenuti da gente che se ne approfittava, senza fare nomi. Io ho seguito più il suo stile, diverso da quello con cui si muove la maggior parte delle persone. Non faccio di tutto per conquistare una copertina, e penso che si sia notato. Anche a discapito mio, me ne rendo conto! Non uso gli altri per stare a galla» .

Nel 2004, inoltre, una Nathalie Caldonazzo incinta di sette mesi dichiarò a "Chi": "Avevo provato a fare un bimbo anche con Massimo Troisi. Credevo di non poterne avere. Durante i due anni del nostro amore lo desideravamo entrambi molto, ma non ci fu verso: non arrivò". 
  
La copertina del giornale di "Noi" in foto dal mio archivio è del giugno 1994. A voi le riflessioni.

venerdì 22 giugno 2012

La verità di Enrico Fiore in risposta ad "Amici di Massimo Troisi"

Non avevo potuto fare a meno di definire il taglio dell'intervento di Enrico Fiore per "Un poeta per amico" su Raiuno un emblema della superficialità e dell'incomprensibilità di alcune scelte di questa evento dedicato a Massimo (nel post che potete rileggere qui http://amicidimassimotroisi.blogspot.it/2012/06/riguardando-un-poeta-per-amico-tra.html). Adesso, oltre a scoprire con grande gioia che il signor Fiore ci legge e ciò che scriviamo tra post e commenti gli stimola argomentazioni, non posso esimermi dal riportarvi un articolo del suo blog partorito anche a causa di "Amici di Massimo Troisi". Articolo che forse racconta una verità scomoda, paventa la peggiore delle ipotesi che motivano la scomparsa del suo intervento in trasmissione. Ad Enrico Fiore va tutta la nostra stima e solidarietà, che spero attenuino almeno un briciolo di delusione. D'altronde lui come Massimo è un uomo d'altri tempi, probabilmente oggi fuori dal suo tempo per serietà e onestà intellettuale.

Cristiano


Non me ne sarei occupato più. Ma poiché sul sito «Amici di Massimo Troisi» e su Lettera43.it trovo dei commenti a quella trasmissione (e in particolare a quanto è capitato a me nel corso di quella trasmissione), mi vedo costretto, adesso, a qualche chiosa circa l'«omaggio» allo stesso Troisi andato in onda su Raiuno, col titolo «Un poeta per amico», il 5 giugno scorso.
Dunque, succede che la domenica precedente mi telefonino a casa Giorgio Verdelli, uno degli autori dell'«omaggio», ed Enzo Decaro, un altro degli autori nonché conduttore del programma, per invitarmi a partecipare alla trasmissione: visto che, ricordano i due, io fui, in pratica, lo scopritore (giornalisticamente e criticamente parlando) della Smorfia. E, in particolare, Decaro mi invita a rievocare la circostanza singolare - il passaggio in macchina offertomi da lui fino a Castellammare, dove all'epoca vivevo - da cui scaturì il mio primo incontro con il trio, allora sconosciuto, di San Giorgio a Cremano.
Accetto l'invito, in memoria di Troisi, e lunedì 4 giugno registro nell'Auditorium del Centro di produzione della Rai di Napoli (facendo l'una di notte) l'intervento concordato con Decaro. Ma il giorno dopo, appunto il 5 giugno, rimango letteralmente di stucco davanti al televisore: l'intervento in questione era stato completamente tagliato.
Di conseguenza, il giorno successivo, alle ore 10,53, mando a Francesco Pinto, direttore del predetto Centro di produzione della Rai di Napoli, la seguente mail:
«Caro Francesco,
mi sai dire che senso ha avuto invitarmi a partecipare a "Un poeta per amico", dichiarare in trasmissione che sono non "un critico" ma "il critico" e, poi, non farmi dire nemmeno una parola? Il risultato è stato che, nel corso del programma, nessuno ha spiegato ai telespettatori perché Massimo Troisi era un grande attore e in che cosa si distingueva dai suoi colleghi. Forse, senza questa omissione, si sarebbe reso alla sua memoria un omaggio migliore».

Alle 14,52 dello stesso giorno Pinto mi risponde laconicamente, sempre con una mail:
«Caro Enrico,
mi dispiace molto per quello che è successo». Così, senza alcuna spiegazione. E allora provo io, a dare una spiegazione dell'accaduto. Nel corso del mio intervento, io avevo detto, fra l'altro, che il merito principale di Massimo Troisi era stato quello di liberare il teatro napoletano dalla vera e propria palla di piombo che si è trascinato e ancora si trascina al piede: il bozzettismo naturalistico. E magari una simile dichiarazione risultava indigesta, per l'appunto alla rete ammiraglia della Rai che aveva appena finito di mandare in onda - grazie alle commedie di Eduardo De Filippo nella versione di Massimo Ranieri - un autentico trionfo di quel bozzettismo.
   «A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca», dice un certo Giulio Andreotti. E insomma, non è che dobbiamo parlare di censura? Se sì, mandiamo tanti bei saluti alla cultura (fa pure rima) di cui ci si riempie la bocca ad ogni pie' sospinto.

Enrico Fiore

FONTE: http://blog.libero.it/Controscena/11392619.html 

UPDATE: Enrico Fiore ha letto anche questo post e mi ha scritto queste due righe: 
"Caro Cristiano, grazie a Lei, per quanto fa, in memoria di Massimo Trosi, al di fuori degli interessi di bottega dei tanti che oggi si riempiono la bocca col suo nome (così come con quello di Annibale Ruccello) soltanto per mettersi in mostra o, peggio, per mettersi dei soldi in tasca. Enrico Fiore
Ha centrato in pieno la ragione unica per cui esiste questo blog, e che dovrebbe muovere tutti, volti più o meno noti e non, senza secondi fini quando si parla di Massimo Troisi. Chapeau.