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sabato 6 settembre 2014

Gli aneddoti dell'addetta stampa Cristiana Caimmi su "Non ci resta che piangere"

«Ero giovanissima, agli inizi. Adesso è chiaro che con "Non ci resta che piangere" partecipammo a un film che è rimasto nella storia del cinema italiano, ma allora ricordo che ho sofferto le pene dell’inferno alla proiezione perché la critica non fu così entusiasta. Il pubblico però premiò le fatiche dei due comici imponendoli definitivamente nella nuova Commedia all’Italiana. Iniziai con Ricomincio da tre. Poi Troisi mi disse: "Prova a fare per me l’ufficio stampa di questo film". E da allora lavorai con Massimo fino al Postino, e da Non ci resta che piangere in poi anche con Benigni».

«Essendo girato in presa diretta, spesso sentivi che la troupe non ne poteva più dal ridere. Si faceva fatica a trattenersi. Per la conferenza stampa invece i giornalisti erano una quarantina. A quell’epoca erano molti di meno. Benigni e Troisi fecero praticamente uno spettacolo dal vivo con le loro improvvisazioni. I giornalisti erano disperati, facevano domande, e loro raccontavano storie di fantasia senza parlare della trama. Oggi non potrebbero mai».

«La prima foto inviata all’Ansa li ritraeva in macchina, serissimi e in bianco e nero con il titolo che campeggiava in basso. Sembrerà serioso. Invece no! Bastava questo contrasto impensabile a farti ridere. Loro insieme erano così. Due persone serissime sul lavoro, estremamente colte e soprattutto geniali. Massimo mentre lavoravamo era capace di citare da Sant’Agostino agli Scritti corsari di Pasolini, per poi tornare sulla sceneggiatura. Furono scuola per tutti noi». 

Cristiana Caimmi
  

lunedì 13 maggio 2013

Poesia di Massimo Troisi a sua madre

Anche il rimpianto
 
Io sciupai il tuo candido seno di giovane madre, di donna piacente
Rubai allo specchio la tua bellezza
E nelle tue mani sempre più vecchie, fotografie. 
I discorsi di mio padre li ho imparati a memoria. 
Fosse per lui crederei ancora ai libri di storia. 
Con te devo riincontrarmi in un fiume nero
E tra fiori e marmi ritorna il rimpianto.
La guerra ti tolse dalle labbra il sorriso
Io cancellai anche quel po' di rossetto.
Ti vedevo gigante, poi un rivolo di saliva all'angolo della bocca. 
E ti vidi bambina, ti vidi morire e tra fiori e marmi
Tra un pugno e un bacio, tra la strada e il mio portone
Tra un ricordo e un giorno nero
Torna e vive anche il rimpianto.

Massimo Troisi 
   
In questa poesia si sente l'eco dei versi di Pasolini, autore che Massimo ammirava molto.
Il documento, che rivela un aspetto di Troisi sconosciuto ai più, è stato reso pubbico da Enzo Decaro, suo compagno d'esordio insieme a Lello Arena ne "La smorfia". La versione originale della poesia, scritta a mano, risale ai primi anni Ottanta. Decaro l'ha custodita gelosamente e l'ha donata a Rosaria Troisi in occasione della XXX rassegna degli Incontri di Sorrento nel dicembre 1994, durante la quale lei ricevette anche un premio alla memoria del fratello. Massimo perse la madre all'età di 18 anni, il 22 ottobre 1971.
   

venerdì 18 maggio 2012

Massimo Troisi, l'unico intelligente(?). Un possibile omaggio tra le righe di "To Rome with love" di Woody Allen

Giuro che non stavo già pensando a Massimo. E' stata una battuta di Roberto Benigni a far riemergere in superficie il "nostro", durante la visione di "To Rome with love" di Woody Allen. Per quest'ultimo l'età avanza e ciò si avverte nei suoi film, ma come per tutti i grandissimi trovi in ogni lavoro sempre almeno due-tre cose che valgono la fruizione. Chissà se quella battuta se l'è scritta Roberto o se era già presente nella sceneggiatura originale di Woody. Fatto sta che l'associazione mentale è scattata immediatamente nella mia mente e ho rivisto davanti ai miei occhi l'intervista di Massimo a Taormina tra Franco e Ciccio. E successivamente quella a Londra dove Sandro Paternostro gli dice che lì l'hanno definito il Woody Allen italiano. Fatto sta che Massimo c'è ancora, lo si ritrova nelle cose di oggi, attualissimo ed universale. Magari Woody non l'ha fatto apposta, ma il suo amico Roberto avrà pensato a lui almeno per un attimo.
 
"Dopo che uno che ha fatto un film di successo, e altre cose prima del film, sembra che adesso tutti abbiano scoperto Troisi come se fosse l'unico intelligente in Italia, per cui iniziano a domandarmi se Dio esiste oppure se c'è vita sulla Luna. Ma che ne so? Io ho solo fatto un film! Mi propongo di far ridere, di far divertire e basta. Non dobbiamo né esagerare, né dare subito addosso come notoriamente succede per il secondo film."                (Massimo Troisi, 1981)     
 
"Ma perché proprio io? Che cosa sta succedendo? ...Tutti che chiedono l'opinione mia, non lo so! Tutti mi domandano le cose, un inferno è diventata la mia vita! Una giornalista due giorni fa mi ha chiesto se esiste Dio. Gli ho detto che ne so, non lo so, è rimasta male...Ah, il signor Pisanello non sa se esiste Dio. Tutti mi chiedono le cose. Come si gratta la testa, con la testa o con la sinistra? Io la testa me la gratto con la mano che mi pare...è privato! La normalità, che nessuno mi interrompa, come un bel dialogo come ora.... [invasione giornalisti] "  
(Roberto Benigni in "To Rome with love", di Woody Allen, 2012)

La televisione avrà senza dubbio anche dei meriti, non è solo un mezzo di comunicazione becero. Ma contribuisce allo stesso tempo alla banalizzazione del Pensiero, come ammoniva già anni fa Pasolini. Soprattutto oggi, il piccolo schermo prova ad imporre più che proporre i criteri per determinare ciò che è "degno di nota", spesso senza lasciare spazio al confronto. E' strumento di distrazione anziché di informazione. Crea un rapporto asimmetrico con lo spettatore: la televisione dice la Verità, il Giusto, il Bello e afferma tutto da una cattedra. Ed è all'"imbecillissimo" di turno (o al primo "umanissimo", il discorso non cambia) che viene chiesto di propinare perle di saggezza o svelare aneddoti inconsistenti.
A questo punto diversi quesiti ci sorgono spontanei: come è possibile che anche giornali con una grande storia come Corriere, Repubblica ecc. pubblichino articoli e articoli su Mister Nessuno che fa una passeggiata al parco o sui (veri o montati, è uguale) litigi, riappacificazioni, tradimenti e bla bla bla... Queste sarebbero cose importanti???

"Ricordati Mario che è proibito ai postini infastidire i clienti con richieste atipiche." 
(Il capo telegrafista al postino Mario Ruoppolo)
 

                                

lunedì 19 settembre 2011

Ancora su Massimo Troisi e Pasolini: la certezza di continuare ad essere compresi

 


La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi.
P. P. Pasolini





 
Quanto aveva ragione, Pier Paolo. Anche su questo.
E quanto meglio mi fa capire perché Massimo è vivo più che mai tra noi appassionati. E tra le persone che lo scoprono per la prima volta. Fa parte dei grandi, e in quanto grande si fa sempre comprendere, non appare mai anacronistico, obsoleto. E c'è sempre da comprendere qualcosa di nuovo in ciò che ha fatto; la morte è quindi solo fisica.

La mia e la vostra passione, palpabile e calorosa, me lo fanno sentire sempre più presente. Ognuno porta il suo tassello in questo interminabile puzzle. Quanto sarebbe bello vedere la stessa passione, la stessa ispirazione, la stessa originalità, lo stesso affetto sincero e "intelligente" nelle (poche) iniziative che ricordano, o dovrei dire purtroppo "commemorano" Massimo. 

Ma in fin dei conti mi basta questo. La nostra dimensione seppur piccola, lontana dai riflettori e dalle serate mondane. Vera e disinteressata. La più nobile. Dove non ci sono egoismi, interessi e invidie. Ma solo PASSIONE. E voglia di comprendere, per far sì che la morte sia solo fisica.

Grazie, Amici di Massimo Troisi.

 
"Io credo che i giovani non lo capiranno. Non mi illudo di esser capito dai giovani, perché con i giovani è impossibile instaurare un rapporto di carattere culturale perché i giovani vivono nuovi valori con cui i vecchi valori nel nome dei quali io parlo sono incommensurabili."
Pasolini durante un'intervista sul set di "Salò o le 120 giornate di Sodoma"

"Io che ricordo i suoi grandi ottimismi posso capire che non possa che essere pessimista e scettico."
Un suo compagno di classe durante la trasmissione del 1971 "III B facciamo l'appello" condotta da Enzo Biagi

Nella parte finale della sua vita Pier Paolo era pervaso da pessimismo e rassegnazione. Guardava all'Africa come ultima oasi per cercare l'autentico e il genuino. Grandissimo precursore e profeta.

Cristiano Esposito
   

venerdì 29 aprile 2011

Massimo Troisi, Pier Paolo Pasolini e la metafora



"MA IL MONDO INTERO E' LA METAFORA DI QUALCOSA?" 

(Massimo Troisi ne "Il Postino")
   
   
"Tra le figure retoriche, dal cui amalgama si costituisce lo stile, la metafora è la predominante. Anzi, si può dire che non ci sia frammento di un'opera letteraria che non sia sospesa, lievitata, individuata, da una metaforicità almeno albeggiante. Si può dire che la metafora rappresenti la sostanziale unicità delle parole, la possibile riduzione di tutte le infinite parole a una sola, archetipa: la Parola dell'uomo. Attraverso un trascolorare infinito di metafore si può giungere a stabilire una analogia tra il caldo e il freddo, tra la luce e il buio, tra il buono e il cattivo...Nulla resiste alla potenza unificatrice della metafora: ogni cosa, attraverso essa, è paragonabile con tutte le altre cose."

(Pier Paolo Pasolini)



venerdì 14 gennaio 2011

Il rispetto di Pasolini per i comici (e per Massimo Troisi)

Quello che segue è uno stralcio di una recensione del film "Che cosa sono le nuvole?", episodio del film collettivo "Capriccio all'italiana del 1967". L'episodio diretto da Pier Paolo Pasolini vede come protagonista il grande Totò e ne consiglio a tutti la poetica visione. 
Pasolini non ha avuto il tempo di conoscere niente di Massimo, ma Massimo ha dichiarato più volte la sua ammirazione per la sua opera di poeta, regista e scrittore. Leggere del rispetto di Pier Paolo per i comici è come raccontare di una stima in qualche modo reciproca.

Cristiano
 
Pasolini ha realizzato un'opera dimostrando di possedere ciò che il cinema italiano non ha mai avuto: rispetto per i comici. "Con Pierpaolo non andavamo spesso al cinema, però quando c'erano Franco e Ciccio in televisione li guardavamo e se ammazzavamo da ride". È Davoli che parla. Grandi comici facevano ridere pur recitando in film pietosi. La grande opportunità di sfogo è stata offerta solo ai mattatori, talenti onnipresenti come Gassman, Sordi, Manfredi: attori capaci di abbracciare anche il comico. Ma i veri comici sono come i poeti: ne nascono tre o quattro dentro un secolo. E com'è vero che a secolo concluso Pasolini sarà tra i pochi che conteranno, i suoi comici sono tra i pochi che meritano di essere ricordati, ed approfonditi. Il coraggio del regista è stato davvero notevole; nessuno avrebbe pensato a Franco Franchi per un cinema di poesia. Pasolini l'ha fatto. 

Tratto da Pasolini.net



MASSIMO TROISI SU PIER PAOLO PASOLINI:

"Il film che mi ha fatto avvicinare al cinema è stato "Edipo re" di Pasolini. Lo vidi a San Giorgio a Cremano, quando ero ragazzo. Non capii niente eppure ne fui affascinato. Ancora oggi Pasolini è l'autore che maggiormente mi emoziona. Ha proprio ragione Ettore Scola: per amare non c'è bisogno di capire. Pasolini è una persona che stimo. Mi piace tutto di lui: i libri, i film… Tutto.  A me piacerebbe essere così. C'è sempre la speranza che la gente sbagli sala, e invece di entrare in quella dove fanno Rambo entri in quella dove fanno un vecchio film di Pasolini". 

"Insomma, io non è che voglio levare Rambo agli altri.  Però non levate Pasolini a me."
(in “Il Messaggero”, 12 febbraio 1989) 


"Quando penso a un Pasolini, a come agiva rispetto alla società, alle cose, mi stimo molto poco."  (intervista di Alessandra Levantesi a Massimo Troisi apparsa su “Videoparade”, 1989)
 

venerdì 4 giugno 2010

Massimo, sei ancora qui

Il 4 giugno del 1994, in un pomeriggio tranquillo, Massimo Troisi si spegneva nel sonno a Roma (a Ostia, per l’esattezza), a casa della sorella Annamaria, per un attacco cardiaco. Se ne andava dopo sole 12 ore dalle ultime riprese de Il Postino, lasciando un enorme senso di vuoto nel mondo del cinema italiano. Per me, Massimo Troisi ha significato – e significa – molto. Sono cresciuta con la sua comicità lieve e garbata, se pur ricca di significato, e ho legato le battute dei suoi film e i pezzi della Smorfia a momenti particolarmente importanti della mia vita. Momenti che mi riportano con il pensiero alla mia famiglia (soprattutto a quella parte che non c’è più) e che mi fanno ripercorrere, come in un film, le tappe salienti della mia esistenza. Massimo Troisi era una persona forte, un attore di cui si parla spesso come se fosse ancora qui. Una personalità dirompente nonostante l’indolenza congenita, con una carica umana naturale e intelligente, e un’umiltà vera nonostante la grandezza d’animo. Sapeva mantenere una natura elegante, sempre e comunque. Un attore spontaneo, geniale, grande amante di Pasolini nelle cui tematiche affonda l’acume di quello che ha saputo realizzare. 

Massimo aveva la capacità di stupirsi sempre di qualsiasi cosa, di affrontare la vita, così come la macchina da presa, con ingenuità teorica ma con grande sapienza d’intelletto. Il cinema di Massimo Troisi, quasi rosselliniano, è un cinema attuale, ancora oggi oggetto di analisi. Massimo ha saputo realizzare una scrittura felice immersa nel proprio testo comico e profondissimo, fatto di idee personali e gag da antologia. Un cinema senza muraglie né confini (anche se completamente calato nella cultura partenopea), in cui si celebra l’antieroe, si allontanano i cliché generazionali e si esegue una commedia spontanea senza manie di teatralità estrema o lacrime inutili e, anzi, controproducenti. 

Massimo ha saputo prendere il meglio dei suoi predecessori e l’ha saputo cucire alla tradizione partenopea e alle novità del suo periodo.
Poi, però, dopo tutto questo, se n’è andato. E dire che ci aveva anche giocato, con la morte. Con la sua morte. Ci aveva scherzato su. Nel mediometraggio Morto Troisi, Viva Troisi, infatti, un’edizione speciale del telegiornale annunciava la sua morte e, subito dopo, si assisteva all’ultimo saluto da parte di personaggi famosi, tra cui, fra gli altri, Roberto Benigni, Renzo Arbore, Lello Arena e Lassie, il famoso cane protagonista delle serie televisive degli anni Cinquanta. 

Massimo, nel giorno dell’anniversario della tua scomparsa, io non ti ricordo con tristezza, ma con una dolce malinconia. Ho conosciuto Lello, Enzo, Alfredo, tua sorella. Quanto mi sarebbe piaciuto conoscere anche te. Oggi voglio ricordarti come una persona speciale, un amico che è andato a fare un viaggio in un Paese lontano e che ci ha lasciato un tesoro inestimabile, forse non ancora del tutto scoperto.

Claudia Verardi