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giovedì 1 maggio 2014

Rosaria Troisi: «Se Massimo fosse diventato vecchio avrebbe scritto per il teatro»

Il prossimo 4 giugno saranno vent’anni esatti che se n’è andato Massimo Troisi. Era un sabato, stava a casa di una delle sorelle, Annamaria, che abitava a Roma, e dopo pranzo volle stendersi perché si sentiva affaticato. Non si alzò più. Stava male da tempo. Lo sapeva lui e lo sapevano i suoi familiari e i suoi amici. E lo sapevano il regista Michael Radford e tutti gli altri che con Troisi lavorarono al film Il postino, finito di girare poco prima di quel 4 giugno. È noto che stava così male, durante le riprese, da poter interpretare soltanto le scene in cui appariva in primo piano, mentre per tutti i campi lunghi venne usata una controfigura. Ed è noto anche che per quel film rinviò consulti medici importanti. Fu un atto d’amore infinito verso il cinema, che per la prima volta affrontava non da comico, lui che aveva fatto ridere tutti e tantissimo. Un atto d’amore che, più e meglio di chiunque altro, comprese sua sorella Rosaria, rimasta a lungo accanto a Massimo in quel periodo. «Ogni volta che usciva per andare a girare, gli dicevo di farsi il segno della croce. E lui, che in verità non era mai stato un gran credente, lo faceva». Ma fu una frase a farle capire che non c’era nessuna incoscienza in quella ostinazione a voler restare sul set nonostante stesse tanto male. «Questo film voglio farlo con il mio cuore», le sussurrò un giorno. «Sapeva che probabilmente il medico egiziano che avrebbe dovuto visitarlo gli avrebbe parlato dell’eventualità di un trapianto, e voleva che tutto accadesse dopo quel film». Dei cinque fratelli che Massimo aveva — due maschi e tre femmine, tutti fermamente contrari al progetto di fiction messo in piedi e poi ritirato da Mediaset — Rosaria è quella che più si è assunta il compito di renderne pubblicamente viva la memoria. Tre anni fa lo ha fatto anche con un libro scritto insieme a Lilly Ippoliti, Oltre il respiro (Iacobelli Editore, pagine 112, euro 12). «Non è un libro solo mio e di Lilly, è anche di Massimo e di tutti quelli che vogliono leggerlo. Perciò i proventi vanno totalmente ad associazioni di volontariato». È un libro commovente, Oltre il respiro: perché si parla poco di Massimo Troisi attore o regista o autore, e molto di Massimo Troisi fratello, figlio, zio, cognato. E di quando Troisi era soltanto Massimo, Rosaria racconta anche al Corriere, in un incontro a tratti emozionante perché in casa ogni cosa parla di lui: c’è in un angolo la sedia del suo studio, i suoi oggetti di scena, le sue foto. Manca quella enorme, che prende quasi un’intera parete: era nella sua casa ai Parioli, e ora appartiene a Lynda, la figlia di Rosaria, che se l’è portata al Nord, dove è andata a vivere dopo il matrimonio. «Quando ha ristrutturato casa, gli operai ogni mattina prima di iniziare a lavorare, entravano nella stanza dove c’era la foto e salutavano: “Ciao Massimo”. E lo stesso facevano prima di andare via». A Lynda, che si è laureata con una tesi su suo zio, Massimo era legatissimo. Quando nacque — alla fine degli anni Settanta, quando in Italia succedevano cose terribili — lui non fece gli auguri alla sorella o a Gino, il cognato al quale pure voleva un gran bene. Scrisse un biglietto direttamente a lei: «A Lynda per il coraggio dimostrato aggregandosi agli umani in un periodo tanto difficile ». Quanto era diverso zio Massimo, dal suo personaggio di zio Vincenzo interpretato in Scusate il ritardo, quello che cinicamente vuole conservare l’affetto della nipotina per essere assistito quando sarà vecchio. Rosaria si chiede «chissà come sarebbe stato lui se fosse diventato vecchio. Io credo che avrebbe scritto per il teatro. Sì, sono abbastanza sicura che avrebbe scritto per il teatro». La loro mamma, Elena, invece si chiedeva continuamente che cosa avrebbe potuto fare Massimo da grande. Quando era piccolo fu lei a portarlo per la prima volta su un set, quello dove si preparava la campagna pubblicitaria della Mellin. Inviò una foto del suo bambino quasi senza crederci, e invece fu scelto proprio lui. E quella fu l’unica volta da testimonial di Massimo Troisi, perché da adulto e famoso rifiutò sempre, anche offerte allettantissime. Ma adulto e famoso, mamma Elena non lo vide. Lei che era così preoccupata per il futuro del figlio, che vedeva fragile per la malattia al cuore insorta quando era ancora un bambino, se ne andò all’improvviso in un giorno de l 1971 , quando Massimo non aveva ancora 18 anni e già cominciava a star male. Anzi, proprio quel giorno non stava bene ed era a letto, e Elena era seduta accanto a lui quando in un attimo si accasciò per non riprendersi più. Aveva 54 anni. Nelle settimane e nei mesi successivi furono gli amici dell’oratorio a trascinare Massimo, per provare a farlo distrarre e fargli superare il trauma, alle prove della commedia che stavano mettendo su:
Napoli milionaria. Rosaria racconta che quando andarono a vederli, nel teatrino della parrocchia, non sapevano nemmeno bene Massimo che parte avesse, «perché lui non si era mai interessato particolarmente al teatro ». E invece lo trovarono nei panni di Gennaro Iovine: «Faceva la parte che fu di Eduardo, e la faceva benissimo. Disse nostro padre: “E chisto addò è asciuto?” (e questo da dove è uscito, ndr) Non lo immaginava nemmeno lui che potesse essere tanto bravo». Quel papà, Alfredo, che quando andava a vedere il figlio recitare su un set, si teneva sempre in disparte perché non voleva disturbare: «Tiene già tanta gente attorno, lasciamolo in pace», diceva agli altri figli. E che ha provato l’infinito dolore di sopravvivergli. Racconta Rosaria che tante volte Alfredo si era rammaricato perché sua moglie non aveva avuto la gioia di vedere il successo del figlio. Ma quando Massimo se ne andò, capitarono momenti in cui lui si rivolgeva direttamente a Elena: «Beata te che non ci sei più. Almeno ti stai risparmiando questa sofferenza». Cinque anni dopo Massimo, se n’è andato anche lui.


Cogliamo l'occasione per mandare un grandissimo abbraccio alla dolcissima Rosaria. A presto!

Cristiano
   

martedì 6 agosto 2013

Anna Pavignano ci smentisce direttamente la notizia della sua collaborazione alla fiction su Massimo Troisi

Massimo Troisi Anna Pavignano Da domani mi alzo tardiDopo l'ennesimo rilancio della notizia dell'imminente inizio delle riprese della fiction dedicata a Massimo Troisi avevamo scelto di non pubblicare niente sia a causa di un certo scetticismo riguardo l'operazione sia  perché alcune informazioni venute fuori non ci risultavano veritiere. A riprova di questo Anna Pavignano ha ritenuto di smentire la sua partecipazione alla sceneggiatura della suddetta fiction scrivendo direttamente sul nostro gruppo Facebook. Riportiamo qui sotto le sue parole, certi che le sue decisioni siano volte a tutelare e a rispettare il giusto ricordo di Massimo. Restiamo invece sbigottiti dall'approssimazione giornalistica con la quale si scrivono e si lasciano pubblicare certi pezzi, senza verificare i fatti e chiedere conferma ai diretti interessati. D'altronde siamo nell'era del copia e incolla universale, degli aggregatori e delle testate web dirette da principianti nemmeno in grado di scrivere due righe. Le bufale ci mettono un istante a entrare in circolo e a rimbalzare di pagina in pagina.

Un abbraccio a tutti,
Cristiano


NON MI RESTA CHE SMENTIRE. Molti amici me lo stanno chiedendo in privato e rispondo a tutti: non sto scrivendo la sceneggiatura della fiction su Massimo Troisi. Se è vero che a ottobre inizieranno le riprese, probabilmente lo stanno facendo altri colleghi. A suo tempo, quando mi fu proposto di scrivere la sceneggiatura, rifiutai l'offerta. Non senza conflitti. Per me, che tanto ho condiviso con lui, scrivere questa storia implicava qualcosa che andava al di là del lavoro e non me la sono sentita. Avevo già scritto il libro "Da domani mi alzo tardi" e quindi avevo già raccontato Massimo a modo mio. La notizia che io sono l'autrice della sceneggiatura della fiction è uscita su vari giornali e non so come ci è arrivata, ma a me non resta che smentirla.

Anna Pavignano

giovedì 10 novembre 2011

Massimo Troisi rivive in "Oltre il respiro"

Al di là dell'errore marchiano per noi troisiani (il monologo dei "pochi poveri" risale a 8 anni prima di Venezia, a Taormina e in occasione della consegna del David di Donatello) l'articolo ci riporta preziose anticipazioni sul libro e dolcissimi aneddoti. Leggetelo e chiudete gli occhi; vedrete il Massimo più autentico.
Cristiano

La sorella apre lo scrigno dei ricordi e racconta l'altra faccia dell'attore   

   

di Mauretta Capuano

ROMA - Un grande amore finora mai rivelato, il coraggio nello sfidare la malattia, la tenacia nell'inseguire un sogno, la malinconia e la capacità di sorridere per tenere a bada la morte. E' l'esperienza umana di Massimo Troisi a venir fuori nel ritratto dell'attore fatto dalla sorella Rosaria nel libro 'Oltre il respiro' (euro 25), che esce in cofanetto con dieci incisioni di Rancho il 10 novembre per Jacobelli e sarà presentato il 27 ottobre alla Casa del Cinema di Roma, nell'ambito del Festival del Film di Roma.

"Amava molto essere coccolato e nutriva una profonda ammirazione per le donne e il loro modo di sapersi prendere cura degli altri. La perdita di nostra madre gli tolse la serenità e il rischio di poter soffrire un nuovo distacco provocò in lui la paura di relazioni durature", racconta Rosaria Troisi. A trent'anni dall'uscita di 'Ricomincio da tre' e a diciassette anni dalla morte di Massimo Troisi, avvenuta il 4 giugno del 1994, la sorella apre lo scrigno dei ricordi raccolti da Lilly Ippoliti, che da anni si occupa di progetti educativi per ragazzi a rischio ed è autrice di un racconto metaforico che viaggia insieme a quello di Rosaria Troisi.

Scritto dopo la morte dell'attore, 'Dialoghi in controluce' della Ippoliti trasfigura infatti la vicenda artistica di Troisi in un percorso simbolico in cui l'attore è l'incarnazione del Piccolo Principe. Nel libro anche foto inedite dell'archivio di famiglia, un'appendice di Francesco Costa sul cinema di Troisi, estratti di interviste e dichiarazioni dell'attore e le dieci tavole di Rancho che prendono spunto dalle foto di scena dei suoi film. "Quando Massimo Troisi è morto ho scritto questo racconto come una specie di sfogo personale e poi lo ho fatto arrivare a Rosaria come gesto d'affetto e così ci siamo incontrate", racconta la Ippoliti che con la sorella di Troisi ha scritto anche 'Lasciateci le ali' (Datanews) sulla guerra in Kosovo.
"Non ho mai incontrato Troisi - continua la Ippoliti - e la cosa che ha più stupito Rosaria è che da quello che ho scritto é come se io e Massimo fossimo stati sempre amici. Dal suo primo film, mi ha sempre colpito la sua grandissima malinconia. Teneva a bada la morte perché sapeva di avere poco tempo e sapeva far ridere nelle situazioni più drammatiche. 'Il Postino' è stata la realizzazione di sé come poeta. Finito il film è morto come il Piccolo Principe che si fa ammazzare dal serpente perché la sua missione è finita". "Il cinema - spiega la Ippoliti - è un mezzo che lui usava per far sentire la sua voce delicata, per raccontare e denunciare il disagio e lo faceva con leggerezza. Tutti ricorderanno il suo discorso per la Coppa Volpi a Venezia in cui disse che era stato benissimo, in un albergo bellissimo per poi chiedere 'ma i poveri dove sono?'. Massimo andava dritto allo scopo e non scendeva a compromessi".

"Vorrei indignarmi di più e saper comunicare questa indignazione, questo disagio, senza per ciò diventare una delle voci indistinte del coro", aveva detto Troisi in uno degli spezzoni di interviste riportate nel libro. E ancora: "Vorrei con il cinema poter smuovere almeno una coscienza". Nel raccontare suo fratello, Rosaria Troisi ripercorre la storia di un timido ragazzo di San Giorgio a Cremano, dove Massimo era nato il 19 febbraio 1953, il rapporto fondamentale con la madre, morta quando era ragazzo, e quello con il nonno Pasquale che "si attardava a tavola raccontandoci gli incredibili aneddoti della sua vita. Ci incantava tutti, con quei suoi gesti da attore consumato, con le pause studiate mentre sbucciava la frutta. Era come stare a tavola con Eduardo. Massimo era piccolo e lo osservava in silenzio, rubando con gli occhi l'arte di quella genuina seduzione". Dai primi passi in palcoscenico alla Smorfia fino a 'Il Postino', il suo ultimo film, viene proprio fuori la tenacia di inseguire un sogno.
  
FONTE: Ansa
  

venerdì 21 ottobre 2011

Dal 10 novembre in libreria "Oltre il respiro - Massimo Troisi, mio fratello"

Conosco di persona ormai da tanti anni Rosaria, persona autentica, deliziosa e gentilissima; ricevo e pubblico con gioia questa bella novità editoriale, in attesa di averla tra le mani, per sfogliarla ed emozionarmi ancora.

Cristiano

"Questo fine senso dell’umorismo non era che l’ennesima eredità della nostra famiglia, insieme a quel bagaglio di valori che contribuì a mantenerlo sempre una persona integra, e che nemmeno un mondo come quello dello spettacolo, per certi versi così cinico, riuscì a contaminare".

A trent’anni dall’uscita di Ricomincio da tre e diciassette anni dopo l’improvvisa scomparsa di Massimo Troisi, sua sorella Rosaria apre lo scrigno dei ricordi, superando per la prima volta la riservatezza con cui notoriamente la famiglia ne aveva finora custodito la memoria.
Un libro in cui i ricordi sono scanditi dalle numerose fotografie, in gran parte inedite, tratte dall’album di famiglia e dalle raccolte personali di Massimo.

In "Oltre il respiro. Massimo Troisi, mio fratello" emergono le figure emblematiche che a partire dall’infanzia si sono impresse nella sensibilità dell’attore napoletano, insieme ai personaggi e agli avvenimenti che hanno ispirato la sua arte. Dagli aneddoti familiari alle vicissitudini che lo hanno reso il simbolo di una nuova comicità, la voce spontanea di Rosaria Troisi ripercorre la storia di un timido ragazzo di San Giorgio a Cremano che ha sfidato con determinazione la sua malattia e il suo destino, dai primi passi in palcoscenico alla Smorfia, fino alla fine della sua carriera cinematografica.

A lui, beniamino del pubblico, è dedicato il racconto "Dialoghi in controluce" di Lilly Ippoliti, che ha raccolto le memorie di Rosaria e trasfigurato la vicenda artistica di Troisi in un percorso simbolico ispirato al Piccolo principe.

Il volume, racchiuso in un elegante cofanetto, è corredato dalle tavole illustrate di Rancho che prendono spunto dalle foto di scena dei film di Troisi, e da un’appendice sul suo cinema firmata da Francesco Costa.
 

giovedì 30 dicembre 2010

(Ri)Leggendo "Per Massimo Troisi. Saggi, ricordi, riletture"

Oggi parliamo dell'ultimo libro edito riguardante Massimo Troisi, una raccolta di saggi curata dagli amici Salvatore Aulicino e Salvatore Iorio. Lo faremo alla nostra maniera, senza dilungarci troppo ma con schiettezza, col cuore sempre rivolto alla nostra passione ma con la maggior obiettività possibile, esponendo il nostro pensiero personale. Segnalando le cose migliori, più preziose...e quelle un pò meno.

Iniziativa lodevole quest'antologia "Per Massimo Troisi. Saggi, ricordi, riletture", ancor più lodevole il tipo di presentazione itinerante che i due curatori stanno portando in giro, che si amplia in vere e proprie serate dedicate a Massimo con diversi interventi interessanti di persone legate a lui direttamente o indirettamente. 
Il libro si apre con la prefazione di Enrico Giacomelli, che definisce i film troisiani "lenti, zoppicanti e poco cinematografici". Ritorna probabilmente la querelle sulla fissità della macchina da presa, ritorna l'equivoco di non considerare il piano fisso come la migliore soluzione tecnica per il cinema comico. Probabilmente solo "Ricominico da tre", e a tratti "Scusate il ritardo", sono film chiaramente contaminati da una matrice teatrale e quindi "poco cinematografici". Successivamente Massimo trova il coraggio di sperimentare e cercare un proprio stile registico, certo senza risultati felliniani ma non "zoppicando". Molto discutibile anche l'affermazione che "il teatro ha per natura un ritmo non realistico", e di conseguenza anche il cinema troisiano; a noi risulta invece abbia un ritmo molto più vicino alla vita vera, con le pause, i silenzi di tutti i giorni, senza l'intervento del montaggio, con i continui cambi di ambientazione e un'estensione temporale notevole.

Delizioso il testo (e anche la musica) della canzone  "E po' fa male 'o core", dedicata a Massimo da Gianfranco Sansone, ascoltata dal vivo al Premio Troisi 2009. Struggente il verso finale "Si mò staje 'mmiez' 'e rrose/ Puortece pure a me"...

Patricia Bianchi interviene con un saggio che coglie sapientemente il meccanismo dei lazzi comici di Troisi e l'ispirazione di quest'ultimo all'immenso Peppino De Filippo, mai ricordato abbastanza. Alberto Castellano propone il suggestivo accostamento con Eduardo ne "Il postino" attraverso la faccia malinconica della comicità. Interessantissima l'analisi sulla scelta dialettale di Troisi effettuata da Nicola De Blasi, che spiega perché a suo parere Massimo veniva compreso in tutta Italia. Mimica e contesto a parte, "l'incertezza dell'eloquio induce l'interlocutore ad un atteggiamento collaborativo". Non lo capiva solo chi non voleva capirlo, insomma (il Gian Luigi Rondi di turno...). 

Ad Antonio Farese il merito di rispondere brillantemente ad un'affermazione del compianto Mario Monicelli, il quale definiva Massimo l'attore italiano più sopravvalutato. Certo che lui, figlio di un noto giornalista e protagonista di una carriera in discesa pur con indiscutibili doti cinematografiche, aveva l'imbarazzo della scelta a rispondere con uno Scamarcio o un Accorsi e giù di lì.
Mario Franco ci racconta il ruolo e la dimensione dell'isola all'interno de "Il postino", e successivamente i silenzi e l'afasia di Massimo; Pasquale Iaccio la sua unicità e inclassificabilità, Tiziana Paladini il suo Pulcinella, estraendo un brano dal suo libro "Cuore e anima". Affascinante l'analisi linguistica di Carolina Stromboli, che individua nel parlato spontaneo (escludendo "Il postino") la cifra peculiare dei dialoghi dei film troisiani.

Facciamo nostre le parole di Lello Arena, che rivaluta il regista Troisi e si impegna a far sentire la mancanza atroce di Massimo ancora oggi, insostituibile e attualissimo. Per Giulio Baffi sarebbe piaciuto molto a Viviani, con la sua lingua innovativa e musicale, e gli sarebbe piaciuto tornare al teatro (se fosse riuscito a battere la pigrizia). Preziosa la testimonianza del grande Renato Barbieri, ci ha lasciati invece un attimo perplessi quella di Alfredo Cozzolino. A leggere le sue parole non avremmo quasi motivo di rimpiangere Massimo, bensì di consolarci pensando piuttosto al fatto che le battute e le trovate più esilaranti dei suoi film sono nate da situazioni che lui ha vissuto, che in "Ricomincio da tre" è "confluita più la sua vita che quella di Massimo", che senza di lui "Il postino" non sarebbe mai stato girato.
Per Roberto De Simone Troisi era nato per scrivere sempre e comunque, con quel suo linguaggio personale conturbante e che sapeva rapire raccontando l'accaduto più banale del quotidiano. Andrea Esposito rapporta l'introspezione e la precarietà esistenziale di Massimo alla sua malattia già presente in età infantile; Nico Mucci ci parla della sua professionalità, del suo lavoro scrupoloso, della sua mezz'ora di ginnastica facciale prima di entrare in scena.

Chiudono il libro i saggi sui singoli film. Tecnicamente preciso e dettagliato quello di Valentina Abussi su "Ricomincio da tre", che rivela la matrice teatrale del film nelle scenografie e nelle luci. Salvatore Ferraro si chiede se "Morto Troisi, viva Troisi!" sia solo una burla o una triste previsione. Difficile stabilirlo, probabilmente la verità è nel mezzo, convivendo Massimo con la malattia ma comunque conducendo una vita normale negli anni '80 (epoca di assidua attività calcistica con la nazionale attori, da lui organizzata dopo Pasolini). Per Antonio Varriale "Scusate il ritardo" riunisce efficacemente il comico al sentimentale, Massimiliano Gaudiosi osserva che in "Non ci resta che piangere" è solo Massimo a ritagliarsi divertenti monologhi (ma nelle scene eliminate del film ce n'erano diversi anche con Benigni protagonista). Salvatore Iorio cura il paragrafo su "Le vie del Signore sono finite", film per lui non del tutto riuscito. Piccola imprecisione: il protagonista Camillo non racconta mai di essere rimasto infermo in seguito al salvataggio eroico di un anziano durante un incendio, ma dice ciò a proposito del suo amico Orlando. Lo stesso Iorio ritiene la scena dell'aggressione ai due da parte dei fascisti limitata tecnicamente, inefficace e squilibrata. Personalmente la stessa sequenza mi ha colpito positivamente fin dalla prima visione, suscitando forte emozione in me e rendendo bene la tragicità dell'accaduto, con una macchina a mano frenetica e un montaggio serrato. Episodio quasi unico all'interno del cinema troisiano, per quanto riguarda questi toni drammatici. Manuela Nastri cerca tratti comuni dei personaggi troisiani nei film con Scola e in "Hotel Colonial", mentre Salvatore Aulicino analizza "Il postino" non senza qualche altra piccola imprecisione (l'autore perdonerà la mia pignoleria da appassionato:) ; il romanzo di Skàrmeta non ha un titolo omonimo al film ("Ardiente Paciencia" in cileno, "Il postino di Neruda" nella edizione italiana), Neruda non parla di tramonto quando consiglia a Mario di camminare sulla spiaggia per cercare l'ispirazione di nuove metafore,  lo stesso postino non registra i suoni dell'isola in compagnia del figlio in quanto quest'ultimo nascerà soltanto dopo la sua morte. Infine, nelle immagini della registrazione di questi suoni non c'entra l'alternanza bianco e nero/colore, riservata unicamente alla rappresentazione della morte di Mario durante un comizio comunista.

Un libro che merita sicuramente di essere presente nella libreria di un appassionato troisiano, che ha il merito indiscusso di raccogliere pareri e punti di vista autorevoli e a volte acuti sugli aspetti peculiari del suo cinema, che altrimenti vivrebbero isolati e senza una cornice adeguata. Molte penne sono sicuramente di grandi competenti del settore, quello che manca, pur trattandosi di un testo piuttosto tecnico e accademico, è una voce mossa dalla passione vera che alimenta ancora oggi tante persone, il punto di vista emozionale di chi magari non ha studiato cinema o non ha conosciuto Massimo ma fa della sua arte un culto e una filosofia quotidiana. Magari, per la prossima iniziativa, sarebbe un'idea dare spazio anche ai troisiani incalliti, scrupolosi e sentimentali, arricchendo così il risultato finale, in una tentativo di compensazione tra critica, tecnica e cuore.

Cristiano Esposito


Il volume, edito da Laceno/Quaderni di Cinemasud (Avellino), è ordinabile nelle migliori librerie. Chiunque sia interessato all'acquisto (176 pp., euro 12), se vuole, può comunque scrivere direttamente ai curatori (salaulicino@libero.it; siorio1@aliceposta.it).
ISBN 978-88-6320-074-4
Disponibile presso:
 

- Edicola/Libreria 'La Baia del Fumetto' - Piazza E. De Nicola 3 - Torre Annunziata (Na)
- Cartolibreria 'Le C'art' - Via Maresca 8 - Torre Annunziata (Na)
- Libreria 'Perditempo' - Via San Pietro a Majella 8 - Napoli
- Libreria 'Neapolis' - Via San Gregorio Armeno 4 - Napoli
- Libreria 'Vesuvio Libri' - Via Cavalli di Bronzo 24 - San Giorgio a Cremano (Na)

e ordinabile presso le migliori librerie.
  




mercoledì 2 giugno 2010

Presentazione del libro "Per Massimo Troisi" a Napoli

'QUADERNI DI CINEMASUD'
presenta

‘PER MASSIMO TROISI. SAGGI, RICORDI, RILETTURE’

(Ed. Mephite/Quaderni di Cinemasud, Avellino, 2010)
A cura di Salvatore Aulicino e Salvatore Iorio

Oltre ai curatori, intervengono:
Alfredo Cozzolino (amico di Massimo Troisi), Paolo Speranza (direttore ‘Quaderni di Cinemasud’).

Per l'occasione sarà disponibile per l'acquisto, oltre al volume presentato, anche il libro di Alfredo Cozzolino, 'IO MI RICORDO...PIRIPI'...ZOZZO'', dedicato alla sua infanzia con Massimo Troisi.

LIBRERIA 'PERDITEMPO'
Via San Pietro a Maiella, 8 - Napoli
Giovedì 10 Giugno 2010, ore 18 - INGRESSO LIBERO