Grazie alla mail di un nostro amico lettore oggi possiamo proporvi un aneddoto inedito riguardante il Massimo studente. Il nostro amico si chiede: "si può avere la certezza che qualcuno ci guidi? Non ne ho un'estrema cognizione ma credo che qualcosa ci unisce con una dimensione che non conosciamo e che ci fa avere sensazioni ed emozioni che ci ispirano e si traducono, attraverso i grandi, in opere d'arte." E' esattamente quello che penso e sento nel confronto con tutti i veri appassionati troisiani sparsi per l'Italia con cui sono in contatto quotidianamente. Ma ora lasciamo spazio alle preziose parole dell'autore della mail.
"Eravamo, credo nel '76, al quarto anno dell'istituto per geometri di Torre del Greco, dove abitavo, e nella stessa mia sezione, la A, dove insegnavano gli stessi professori per l'ultimo triennio, un anno più avanti era iscritto Massimo Troisi. Lo conoscevo soprattutto perché spesso, prima delle lezioni del mattino, entrava in aula e sedendosi di traverso sopra la cattedra iniziava a imitare Berardi, il prof. di Topografia - omaccione tutto d'un pezzo che veniva dalla provincia di Bologna -, il prof. Rea di Estimo che era stato in sud America e altri ancora. Ancor prima di entrare nel vivo della giornata ci facevamo letteralmente una pancia di risate. Un giorno d'autunno, quasi inverno, ci accalcammo sotto un palco improvvisato nell'area della palestra scoperta per ascoltare i rappresentanti di istituto - il famoso Pantaleo appunto - che si alternavano in comizi, per avvalorare lo sciopero dalle lezioni e la protesta contro Nixon e Kissinger per l'intervento in non so più quale guerra. Noi, futuri geometri e ragionieri, guardavamo con un pizzico d'invidia le sciarpe a scacchi dell'intifada che, leggere, erano avvolte attorno alle gole di tanti amici studenti "caporioni" che erano i promotori ed il punto di riferimento di chi voleva dire qualcosa a riguardo e cogliere l'occasione della protesta politica per fare sciopero anche sulle condizioni delle aule, un pò fredde a dire il vero.
Ad un certo momento, sale sul palco Massimo ed iniza a parlare, soprattutto in dialetto, e a dire la sua su tutta la faccenda. E continua così per un bel pò. Alla fine prende un tiepido applauso e se ne scende mischiandosi tra gli altri. Subito dopo una figura piccola, con i baffetti e gli occhiali sale sul palco e chiede la parola: era il preside Pagliaro che inaspettatamente, con molta meraviglia di tutti, inizia il suo intervento con diplomatico accoglimento formale di alcune rimostranze, come quelle sul riscaldamento delle aule ma resta fermo su gli altri contenuti della protesta. Era apertamente in disaccordo con quegli scioperi e ad un certo punto focalizzò la sua attenzione sull'ultimo intervento prima del suo. Quello di Massimo, appunto. <>. Ma perchè invece di perdere tempo non si ritornava in aula...e poi: sì, proprio lui, quel Troisi che parla, parla, "capopopolo", con i suoi argomenti detti bene, ma poi senza consistenza - rivolgendosi alla platea che ammutolita per questa sfida pendeva dalle sue labbra e tutta come se pensasse: ma questo qui...dove vuole arrivare? Rimaneva tesa ad ascoltarlo - "Ma poi, - continuò - non vi siete resi conto che è un narcisista un vero e proprio narcisista? ........" Vuoto totale - ci aveva separati. Serpeggiava il dubbio tra tutti. E così con altre dissertazioni a manca e a dritta, tutto soddisfatto, finì il suo intervento lasciando il palco tra fischi, modesti insulti e dissensi rumorosamente goliardici.
Rimanemmo così ancora con gli occhi all'insù quando, tra un vociare ed uno starnutire dal freddo, notammo, tomo tomo, Massimo salire sul palco, forse per dare un'ulteriore comunicazone sulle azioni da intraprendere o chissacché replicare e prendendo la parola, stranamente in perfetto e meraviglioso italiano, senza inflessioni dialettali, incominciò a dire che aveva certamente apprezzato il coraggio dell'intervento del preside, che spontaneamente aveva detto la sua, era intervenuto in un'assemblea a lui contraria, aveva spiegato certe sue ragioni... <>. Al che, immaginatevi una platea che esplose tutta in una fragorosa risata, che rompeva la monotonia e riscaldava la freddezza di una giornata passata sì a protestare ma al freddo maggiore di quello delle aule. Non ci trattenemmo più, ed immaginammo il povero preside dall'alto del suo ufficio, prospiciente l'assemblea, torcersi dallo "scuorno", dalla vergogna. Ma così fu.
Scoprii allora il vero Massimo. Chiesi d'improvviso ai colleghi suoi se, casomai, facesse o avesse intenzione di fare teatro e come al solito mio di allora e non solo, mi fecero capire che mi stavo svegliando da un profondo torpore: Massimo aveva un suo teatro a San Giorgio a Cremano ed erano anni che "underground", da esistenzialista, in un sottopalazzo aveva una sua compagnia teatrale stabile. Mesto mi ritirai guardingo.
Lo amerò sempre."
Lo ameremo sempre anche noi, ed ameremo sempre intensamente questi piccoli frammenti di Massimo che voi amici ci regalarete per ridonarci anche solo poche righe di lui. Per appropriarci di tutto quanto di lui ci siamo persi, per i motivi più svariati. Il sottopalazzo citato nella mail era certamente il Centro Teatro Spazio, dove Massimo e compagni si erano trasferiti dopo esser stati cacciati dal teatrino della parrocchia di Sant'Anna a San Giorgio a Cremano. Quel "narcisista" stava uscendo fuori, vincendo la timidezza e trovando la sua strada, sprigionando man mano tutto il talento di cui era capace. Sferzante, vero, verace, vero leader "caporione", insofferente verso le istituzioni proprio come il Totò di tanti film e capace di ridere e far ridere su ogni cosa. Ancora grazie al nostro amico e lettore. Ci immaginiamo un pò tutti ai piedi di quel palco improvvisato, rapiti da quel narcisista che sembra venuto da un altro pianeta.
Cristiano
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