lunedì 28 ottobre 2013

Quel che resta del Premio Massimo Troisi secondo uno dei suoi creatori: intervista ad Aldo Vella

scultura massimo troisi il postino

Cominciamo col dire che il Premio Massimo Troisi, quello di San Giorgio a Cremano, non è stato celebrato a Morcone. Ne è semplicemente nato un altro, diverso, in un altro posto. E San Giorgio a Cremano non deve sentirsi derubata o umiliata da tutto ciò, semmai deve vedere in ciò un nuovo stimolo ad uscire da questa impasse e a ripartire con una nuova organizzazione, seria e disinteressata a tutto tranne che al celebrare nella giusta maniera la memoria di Massimo. E so bene quanto ciò che ho appena scritto sia difficile da realizzarsi. Il premio Troisi a Morcone non è nemmeno da etichettare come un tradimento della famiglia di Massimo, che è e resta patrimonio di tutti, in Italia e nel resto del mondo. Se altrove c'è qualcuno che fa le cose per bene (non posso giudicare perché non sono stato a Morcone ma conoscendo appena Luigi Troisi credo proprio di sì) è giusto che ci siano anche dieci, cento, mille premi Troisi. Siamo d'accordo su questo con Aldo Vella, di cui riportiamo qui un'intervista significativa pur se mal redatta e con qualche inesattezza qua e là.

Cristiano 
 

Il Premio Troisi, per anni fiore all'occhiello delle amministrazioni sangiorgesi, dopo due anni di sospensione è stato per la prima volta celebrato a Morcone, nel beneventano. La cosa ha suscitato un certo scalpore nella cittadina vesuviana, dove s'è visto questo trasloco come una sorta di perdita se non addirittura un tradimento da parte della famiglia dell'attore. Abbiamo deciso dunque di interpellare l'ex sindaco, e attivo cittadino sangiorgese, Aldo Vella, per entrare in merito alla questione e dialogare con colui che creò il premio.

Iniziamo innanzitutto con il pregresso, ovvero su quale base nasce Massimo Troisi e l'arte comica sangiorgese.
«Il Premio Troisi ha dei prodromi molto interessanti, al mio insediamento di sindaco, nel '93, pensai a Troisi, ancora vivente, per farlo tornare qui, per un laboratorio permanente, per formare gli attori locali. Infatti, io ritengo che qui ci sia una presenza culturale teatrale straordinaria».

Cosa c'era, un laboratorio, qualcosa del genere …
«Ce n'erano vari! C'era quello delle monache, c'era quello di Carlo (Renato? ndr) Barbieri, quello dove poi Troisi è nato teatralmente, il Centro Teatro Spazio…».

C'era allora un terreno abbastanza fertile …
«Diciamo che San Giorgio, è da oltre un secolo un terreno fertile per l'attività teatrale, e questo se non vogliamo considerare tutta la fase dei saltimbanchi girovaghi all'epoca delle Ville Vesuviane del settecento, quando le compagnie giravano e venivano ospitate nei saloni delle residenze nobiliari, creando un'aderenza tra tipologia di architettura, quella delle Ville Vesuviane e il teatro, ma questa è un'altra storia.»

E queste compagnie da dove venivano?
«Erano itineranti, perché c'era una pratica del teatro e quindi, come per gli scalpellini, come per i giardinieri che vennero per la fondazione del Bosco Reale di Portici, anche quei comici itineranti hanno creato un apprendistato, sono rimaste le tradizioni, hanno lasciato qualcosa …del resto erano girovaghi per modo di dire, restavano qui estati intere! Tra Torre del Greco e qua, giravano tutte le Ville, facendo il teatro a casa, avendo i locali adibiti proprio all'incontro, per la festa, per l'esposizione della famiglia che in tal modo segnava il suo livello di ceto. Se poi vogliamo storicizzare la cosa, dobbiamo arrivare a fine ottocento, con Recanati. Mario Recanati era un sangiorgese trasferito in Venezuela e che poi era tornato qui. Era un imprenditore edile (quello che costruì e regalò alla città la strada omonima) ma la cosa importante di quest'uomo è che è stato il primo produttore cinematografico nazionale, italiano!».

In che anni stiamo?
«Nel 1883, '84, agli albori della cinematografia. Sono stati trovati anche dei copioni, per la Notari, una famosa attrice dell'epoca. Recanati faceva il cinema, per così dire, d'avanspettacolo, infatti il cinema era l'avanspettacolo dello spettacolo teatrale, tutto il contrario di quello che è successo con l'avanzamento dell'arte cinematografica, dove l'avanspettacolo è poi diventato lo spettacolino prima del cinema! Questa è la dimostrazione che abbiamo una tradizione straordinaria! La Federico II, fece anche una mostra tempo fa, chiamata "Da Recanati a Troisi", descrivendo tutto l'arco della storia del cinema, che cominciava a San Giorgio a Cremano e finiva a San Giorgio a Cremano. Noi siamo una delle patrie del teatro e del cinema! Non lo dobbiamo dimenticare! Perché è il brodo culturale dove è nato Troisi! Non si spiega Troisi se non si va a vedere il contesto dove è nato! Questa è la prima base di partenza per ragionare su di lui. Nel '93 dunque, col mio insediamento, tentai di far venire Troisi in patria, per produrre altri attori come lui. Gli proposi, tramite il cognato, questo laboratorio, ma non feci a tempo perché nel '94 morì. Per cui decisi di affidare questo laboratorio, per due anni, a Renato Carpentieri, e che produsse, dal '95 al '96, una ventina tra registi e attori importanti come Bruno De Paola, Leonardo (Eduardo? ndr) Tartaglia, Pignatelli…».

Ma questi erano di San Giorgio o …
«Specialmente di Napoli, ma sono venuti anche da Genova. Col primo anniversario della morte di Massimo Troisi facemmo una grande mostra, qui a Villa Bruno e vennero una serie di personalità, tra cui gli amici di Massimo, venne anche D'Alema, e venne Scola, Ettore Scola, che era un amico intimo di Massimo e infatti non volle proprio entrare nella sala dove c'erano i ricordi, temeva di emozionarsi troppo e quindi conversammo fuori, non volle entrare, ma venne! Poi ci fu la notte degli oscar. In cui, "Il postino", l'ultimo film di Massimo Troisi, era candidato. Ci fu una serata con doppia sede, al cinema Flaminio di San Giorgio e al Mercadante di Napoli. Dove io e l'allora sindaco Bassolino, ci scambiammo di posto, anche se poi decisi di venire qui (portandomi anche Bassolino) perché a Napoli l'ambiente era troppo salottiero e preferivo l'ambiente familiare di San Giorgio, dove restammo in un teatro pieno fino alle due di notte. Tutto questo mi aveva convinto a procedere per istituire questo Premio Troisi, che era al principio incentrato sul corto comico. E in effetti c'eravamo accorti che non esisteva nessun festival del cortometraggio comico, tant'è vero, che quando facemmo il bando, arrivarono centinaia di cassette (perché allora si usavano le cassette VHS), una cosa impressionante! Poi, dopo, cominciammo ad aprire altre sezioni finché sono andato via, ed altri sono saliti sul cavallo vincente, ma azzoppandolo!».

E lei nel frattempo, cos'ha fatto?
«L'ho seguito come cittadino e vicino di Villa Bruno, dove ho dovuto turarmi le orecchie, perché hanno aumentato solo il volume delle manifestazioni ma hanno ridotto e squalificato il resto. Hanno modificato il premio enfatizzandolo a tal punto che s'è gonfiato come un palloncino, fino a farlo scoppiare. Si è proceduto sempre di più fino alla kermesse e sempre meno verso il laboratorio, non hanno lanciato più nessuno, io non vedo in giro persone che in questi ultimi anni si pregiano di essere stati lanciati dal Premio Troisi. Io avevo in mente, assieme al direttore artistico Iannuzzi (Fulvio Iannucci? ndr), di proseguire, col Premio, la logica del laboratorio teatrale, ma poi, il mio mandato è terminato e la storia è stata quella di concerti e concertoni e così via».

Non le sembra che si stia tentando di usare il nome di Massimo Troisi come una specie di marchio di fabbrica, un brand come si direbbe oggi, con un termine più mercantilistico e che sicuramente si discosta da quella che era la realtà Massimo?
«Ha indovinato! Hanno fatto tre errori importanti (tra i tanti commessi!); il primo è quello che non hanno mai riflettuto sulla filosofia artistica di Troisi. Solo in un rivista, Cinema Sud, c'è stato un grande approfondimento sul linguaggio di Troisi, ma non l'ha fatto certo il Premio! Questo lavoro fu sì presentato alla manifestazione ma fu un momento di riflessione che non crearono loro! Il secondo errore è quello di aver esagerato nel voler tirare sul marchio Troisi, usandolo solo per la spettacolarizzazione dell'evento. E terzo, hanno dimenticato che Massimo Troisi, nel frattempo, fino al Postino, ha seguito un'iperbole, ascendendo, nella sua arte, da comico ad attore drammatico. Infatti io non direi che Troisi è comico, Massimo ha sempre più pulito questa sua comicità facendola alla fine diventare poesia. Nel Postino è scomparsa qualsiasi smorfia, volendo usare questa parola. È probabile che se non fosse morto, la trasformazione sarebbe stata ancora più complessa! E tutto questo non è stato considerato. In tutto questo, c'è poi un errore complessivo che li racchiude tutti, il comico, è diverso dall'attore comico, il comico parte per fare la battuta, invece, gli attori comici, partono dal cinema, dal teatro per dire la barzelletta! Walter Chiari, ad esempio, parte attore, poi si può permettere di fare la barzelletta scema, facendola durare mezz'ora, e poi facendoti anche ridere, perché non è più importante la barzelletta, ma l'attore che la recita. È la televisione che ha inguaiato tutto! Adesso, i comici, non sono attori comici! Tanto è vero che non resistono alla prova del cinema, devono mettere assieme quattro o cinque di loro assieme per durare un'ora. Tutto questo vuol dire che, il premio, tu lo stai dando all'attore da cabaret, e Troisi, nella sua produzione è lontano mille miglia dal cabaret! Questo è un errore che hanno commesso i direttori artistici del premio, anche di grande calibro come Costanzo e Giulio Baffi, ma hanno fallito, diciamolo pure!».

E adesso? Come intravede il futuro di questo premio? Cosa ne pensa di questo trasferimento a Morcone?
«Il trasferimento non è tale! È un'occupazione di spazio vuoto! Come nella comunicazione, così nello spettacolo, se lascio uno spazio vuoto questo viene occupato! E due anni di assenza del Premio sono già assai! Morcone merita, è un contesto da festival. Che poi San Giorgio voglia prendere di nuovo il Premio Troisi è fanciullesco, e tra l'altro, io, m'aspetto che altri premi Troisi nascano! Perché la sua è ormai una figura liberalizzata, non la puoi più fermare, s'illude la famiglia di poter mettere il marchio, non dando tra l'altro il via alla fondazione, perché tutto questo non lo puoi fermare, ora pure i bar portano il suo nome, e solo una fondazione poteva mantenere la garanzia del marchio. Mettersi poi in concorrenza con gli altri premi Troisi, non spetta al comune di San Giorgio a Cremano, patria di Troisi, la offende quest'atteggiamento. Io direi invece di considerare il valore della città teatro, quella che ha dato i natali all'arte di Troisi. Bisogna fare tutto il contrario! Bisogna promuovere la città, il territorio, il cui fenomeno apicale è stato Troisi, ma ce ne possono essere degli altri se vi mettete col pensiero! Il compito dell'amministrazione comunale non è più quello di promuovere Massimo, che ormai è promosso tantissimo, avrebbero certo potuto fare molto di più, come ad esempio restaurare "Ricomincio da tre" (già restaurato, ndr), che ne avrebbe bisogno, ma neanche questo è stato fatto, allora dico, avete una città che è una città del teatro, promuovetela in tal senso!».

Ciro Teodonno

  

4 commenti:

  1. Nel ringraziarvi per aver riproposto l'articolo da me scritto, m'incuriosisce (al di là delle inesattezze per le quali non posso che appellarmene alla fonte) quale possano essere i motivi per una cattiva redazione dello stesso. Saluti

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  2. Grazie a te per averci scritto. Probabilmente la scarsa scorrevolezza e comprensibilità dell'intervista dipende dal fatto che il parlato del dottor Vella sia stato riportato pari pari, senza un vero e proprio adattamento alla parola scritta. Ad ogni modo, niente di particolarmente grave ;). Grazie ancora e cordiali saluti.

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  3. Be' se intervista deve essere, intervista sia!

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  4. Magari applicando una punteggiatura adatta e verificando alcuni nomi e avvenimenti. La tua resta comunque una intervista importante e significativa, complimenti!

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