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sabato 12 luglio 2014

Massimo Troisi: papà, ma tu l’hai conosciuto?

A lui piace, però solo quando è lui a deciderlo, camminare per le strade di Roma tenendomi la mano.
“Papà, ma tu l’hai conosciuto Massimo Troisi?”
No, Luca, che mi fai sempre mille domande che mi legano a te ogni giorno di più, Massimo Troisi l’ho visto di persona una sola volta, di sera tardi, fuori dalla stazione Piramide a Roma. Era lì che aspettava qualcuno. Lo guardai insistentemente, ma per la mia timidezza patologica non ebbi il coraggio di avvicinarmi a lui. Perché poi dovevo farlo? Io ero ancora un semplice studente del Centro Sperimentale di Cinematografia. Lui aveva già fatto quel film, Ricomincio da tre, che per noi che volevamo fare cinema era stata una botta di speranza: un piccolo film che diventò grande nel tempo infinito in cui rimase in sala, decretando la nascita di un grande attore e di un nuovo regista. Avvicinarmi sarebbe stato un dare fastidio a una persona che era lì, a vivere la sua vita tra la gente, meritando di essere lasciato in pace.

Io ho fatto il liceo guardando i film di Godard in un cineclub di Trastevere che adesso non c’è più, ho preso la maturità con Ecce Bombo di Nanni Moretti, sono diventato adulto con Ricomincio da tre. In fondo roba semplice. Le pippe mentali, i voli pindarici, le rocambolesche elucubrazioni su piani, tagli e inquadrature,  la storia del cinema, insomma, sono venuti dopo, con calma. Per cui Luca, se tu oggi mi chiedi di Massimo Troisi, a me si riempiono gli occhi di lacrime, anche dopo vent’anni che è morto, anche se non l’ho conosciuto. Perché è difficile pensare di non aver conosciuto una persona che ti ha accompagnato con i suoi film per tanti anni. Un attore che ha trasformato la napoletanità rumorosa nella semplicità di un ragazzo timido che parla a bassa voce, mangiandosi le parole nella lingua più bella del mondo. I capelli ricci, il volto scavato, l’andatura incerta, lo sguardo tenero. E il sorriso malinconico. Io me li sono portati dentro dal primo fotogramma del suo primo film fino ad oggi.

Massimo Troisi, l’unica persona insieme a Maradona che a Napoli non si discute. È e basta.
Massimo Troisi che tanto ha fatto ridere. Ma che ha scelto come suo ultimo film Il postino, che commosse il mondo.

Massimo Troisi che seppe onorare il teatro della tradizione e lo rese un qualcosa alla portata di tutti.
Massimo Troisi che morì addormentandosi nel riposo di un caldo pomeriggio di giugno.
Vedi Luca, fare cinema in fondo è un gioco per adulti. Pochi giorni prima della morte, Troisi girava alcune sequenze del Postino a Cinecittà. Io ero qualche teatro più in là, a girare un film di Felice Farina. Con Andrea, che lavorava con me, appunto ci sembrava di giocare. E a pausa mangiavamo gelati in quantità. Me lo ricordo quel lunedì seguente il sabato in cui Massimo Troisi morì. Quel lunedì io e Andrea non giocammo, neanche a pausa. Ci guardammo negli occhi. E piangemmo. Perché, Luca, si può piangere anche per la morte di una persona che non hai conosciuto. E saper accettare di voler piangere, questo ricordatelo, anzi scrivitelo così te lo ricordi meglio, serve. Sempre.

Gianluca Arcopinto

Fonte: Il fatto quotidiano
 

martedì 3 giugno 2014

Articolo su Massimo Troisi da "Il fatto quotidiano"

Massimo Troisi, 20 anni fa si spegneva il talento di un artista gentiluomoAttacco del pezzo riguardo il cuore di Massimo alquanto discutibile, manca una nomination agli Oscar (furono cinque). Non mi risulta che Massimo stesse molto male già nel 1984, anno in cui iniziava a giocare a calcio con una certa frequenza nella nazionale attori. Bella la testimonianza sul rispetto degli attori e sull'ideazione repentina di battute e situazioni.

Cristiano


Massimo Troisi, 20 anni fa si spegneva il talento di un artista gentiluomo
 

Poeta, sceneggiatore, attore poliforme per teatro, cinema e tv, comico originalissimo, è tuttora uno degli artisti e performer italiani di cui più si accusano l’assenza e il vuoto, rimasto incolmato. A ricordarlo è l’allora assistente alla regia Marina Spada, oggi regista: “Persona dolcissima, meravigliosa". Del film Non ci resta che piangere non esisteva sceneggiatura: "Troisi e Benigni si inventavano i dialoghi di sana pianta e io dovevo trascriverli"

Un cuore troppo grande per durare a lungo. Sembra di ieri la triste notizia della scomparsa di Massimo Troisi, dolce gentiluomo della Napoli che non esiste più, inimitabile cantore di una risata che entra nell’anima. Sono trascorsi 20 anni da quel 4 giugno, quando l’artista si spense nella notte, a sole dodici ore dalla fine delle riprese de Il Postino. “Voglio fare questo film con il mio cuore” aveva dichiarato rispondendo alle sollecitazioni che lo volevano operato d’urgenza di trapianto cardiaco negli Stati Uniti. A Houston non è mai arrivato, lasciandoci a soli 41 anni essendo nato a San Giorgio a Cremano (Napoli) il 19 febbraio 1953. 

Talento puro che si esprimeva sempre e “solo” in un napoletano antico e dolcissimo di pasoliniana attrazione, Troisi è stato quotidianamente considerato l’erede naturale di Eduardo e Totò, un paragone da cui però ha sempre preso distanza. Poeta, sceneggiatore, attore poliforme per teatro, cinema e tv, comico originalissimo, Troisi è tuttora uno degli artisti e performer italiani di cui più si accusano l’assenza e il vuoto, rimasto incolmato. Da Ricomincio da tre (1981) a Pensavo fosse amore..invece era un calesse (1991): dieci anni di attività registica per il cinema espressa in sei film, mentre otto da sceneggiatore e dodici da attore, concludendosi appunto con Il Postino uscito postumo. La pellicola diretta dall’inglese Michael Radford sul poeta Pablo Neruda e il suo umile postino conquistò quattro nomination e un Oscar vinto per l’indimenticabile colonna sonora firmata da Luis Bacalov, oltre a una miriade di riconoscimenti nel mondo e al plauso unanime della critica e del pubblico. 

Di Non ci resta che piangere – che Troisi scrisse e diresse con Roberto Benigni – quest’anno si celebra il trentennale dall’uscita. A ricordarlo è l’allora assistente alla regia Marina Spada, oggi regista di rilievo e figura significativa sulla scena culturale milanese. “Persona dolcissima, meravigliosa. Troisi mi ha insegnato il rispetto per gli attori, che lui praticava con una costanza quasi sacrale, forse perché rispettava in maniera assoluta le problematiche di ciascuna delle persone con cui lavorava, essendo lui stesso gravato da difficoltà fisiche. Del film non esisteva una sceneggiatura. Questo significava che ogni giorno Troisi e Benigni si inventavano i dialoghi di sana pianta. Ricordo perfettamente che uno dei miei compiti era stare con loro nella roulotte mentre – ridendo a crepapelle – si creavano le battute che io dovevo trascrivere e poi consegnare alla segretaria di produzione”. Spada ha un ricordo vivido anche della gravità della cardiopatia dell’artista perché “Massimo prendeva le medesime quantità e qualità di medicinali che assumeva mio padre per il cuore: il problema è che mio padre aveva 70 anni, mentre lui solo 30. Forse non si fece mai operare quando arrivò l’urgenza di farlo perché aveva paura del decorso post operatorio, o forse semplicemente perché sentiva intimamente che non ce l’avrebbe fatta. Sul set di Non ci resta che piangere stava già molto male: era protetto da noi della troupe e da Benigni stesso, e tutto doveva essere pronto e facile per lui per non affaticarlo troppo”. Quando uscì Il Postino al cinema, Marina Spada non riuscì a vederlo: “Ho dovuto attendere qualche anno prima di avvicinarmi alla visione di Massimo, troppo forte era la ferita per la sua scomparsa, ma sono felice oggi di poterne parlare per contribuire a ricordarlo”.

Anna Maria Pasetti

FONTE: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/03/massimo-troisi-20-anni-fa-si-spegneva-il-talento-di-un-artista-gentiluomo/1011116/