domenica 5 maggio 2013

L'indefinibilità dei grandi: Massimo Troisi e la fuga dalle etichette

Intervistatrice: "Ma tu come ti definiresti? Un comico? Un attore col sorriso? Un attore napoletano?"
Massimo Troisi: "Dimmi qualche altra cosa perché finora non mi ritrovo in niente di queste. Aiutami!"
Intervistatrice: "Ma che mentalità c'hai tu? Ti dicono sempre: 'Ma quella mentalità napoletana, quella mentalità napoletana...'"
Massimo Troisi: "Sì, la filosofia, la cosa... ma quale? Boh, io... ricene tutt'e quanti Eduardo, il teatro napoletano... Io vengo da una scuola cinese proprio. Il presidente è uno cinese della giuria? Russo... russo? Infatti russo, volevo di' cinese, ma la scuola mia proprio è sovietica, come si vede nel rigore che io ci metto nell'interpretazione, no? Che pare un rigore all'Eduardo, invece è proprio direi georgiano quasi... pecché anche il modo proprio di parlare...A me me piace 'sta cosa del cinema e del teatro sovietico, forse perché lo guardavo molto da piccolo. Mio padre amava proprio il cinema sovietico, quando tornava da lavoro accussì ci metteva là tutti quanti... sei figli eravamo, no? Diceva: 'Guarda, questo è un bel film sovietico...'. I' so' nato con questa scuola qua..."


Sfuggire le etichette, le semplficazioni, le definizioni. Sempre e comunque. Non farsi imprigionare in alcuna gabbia, perché si è artisti di una certa grandezza. Il genio non lo puoi imbrigliare, si sprigiona libero e incontrollato. Ecco come Massimo Troisi reagisce, in una delle tante occasioni, al tentativo di una giornalista di definirlo per rendere più semplice il proprio mestiere. Con garbo e umiltà ne esce fuori come sempre alla grande, senza retorica, divertendo senza prendere in giro colei che si trova davanti. Una leggerezza incisiva, che lascia un segno delicato ma indelebile. Questo è il genio, questo è l'artista a tutto tondo. Anche se lo stesso Massimo aggirerebbe con ironia anche questi ultimi appellativi... E' una delle tante ragioni per cui ci manca così tanto.

Cristiano
 

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