martedì 2 aprile 2013

Dai giornali dell'epoca - "Troisi, il suo postino ci porterà un sogno", da La Repubblica" del 6 giugno 1994

Riproponiamo oggi, per la rubrica che rilegge i giornali di un po' di tempo fa, un articolo pubblicato appena due giorni dopo la scomparsa di Massimo. Michael Radford e Antonio Skàrmeta ci parlano della lavorazione appena conclusa de "Il postino", di un Massimo orgoglioso di quel che aveva appena girato. Aveva raggiunto quel qualcosa in più cui aspirava per la sua carriera e con cui la nostra vita è un po' più bella. Grazie postino poeta, per i sorrisi e le lacrime che ci rendono migliori.
Cristiano
  
ROMA - "Quando è arrivato sul set, venerdì, Massimo si sentiva molto stanco, all'inizio sembrava che non volesse lavorare. Invece poi si è truccato e abbiamo cominciato a girare. Erano le sequenze finali. Massimo partecipa ad una manifestazione della sinistra e sta per leggere una poesia di Neruda davanti alla folla. Annunciano il suo nome, Mario Ruoppolo, e la folla applaude. Non dimenticherò mai la felicità e l'orgoglio sul volto di Massimo mentre dice a Renato Scarpa, che fa uno dei compagni, 'Senti? Applaudono me, proprio me!' ". C'è una grande tristezza nella voce di Michael Radford, il regista di Il postino. "Non voglio dire colpevole, ma mi sento in qualche modo responsabile della morte di Massimo, ha fatto uno sforzo incredibile e anche se ho usato tutte le cautele, ho fatto molti piani sequenza e primi piani per non stancarlo, sono stato comunque io a dirigerlo. Venerdì sera, alla fine delle riprese, ci siamo abbracciati. Mi ha chiesto scusa perché aveva cercato di fare del suo meglio, ma non aveva potuto dare il massimo, avrebbe rimediato al prossimo film insieme. Io l'ho sgridato, gli ho detto - e lo penso - che meglio di così non poteva fare, che aveva dato veramente tutto a questo film. C'era Noiret che ci guardava, non riusciva a parlare per la commozione". Michael Radford e Massimo Troisi si sono conosciuti dieci anni fa. Il regista scozzese lo avrebbe voluto interprete di "Another time, another place", ma Troisi non aveva voglia di andare a lavorare in Scozia. "Massimo vide il film e mi chiamò per dirmi che lo aveva amato molto. E da allora è cominciata un'amicizia, molto intensa anche se fatta di molte telefonate e di un incontro una volta l'anno, qui o a Londra, durante il quale ogni volta rinnovavamo la speranza di lavorare insieme. Ma io non parlavo italiano, lui non parlava inglese, era difficile. L'anno scorso mi ha mandato il libro di Skàrmeta. Bellissimo, ma io avevo qualche perplessità: è cileno, che c'entriamo noi? Lui era tranquillo: e noi lo facciamo napoletano". Radford spiega che, partendo da un episodio vero nella vita di Neruda che nel '52 visse un periodo di esilio proprio vicino a Napoli, la storia, ambientata da Skàrmeta alla fine degli anni Sessanta a San Antonio in Cile, è stata spostata indietro in un'isola del Golfo e il postino Mario Jimenez è diventato Mario Ruoppolo, figlio di un pescatore napoletano. "Ma il nucleo del libro, il rapporto d'amore tra il giovane e il Poeta è rimasto lo stesso. Skàrmeta ha approvato la sceneggiatura e quando ha conosciuto Massimo è rimasto affascinato. Ha chiamato subito dal Cile, appena saputa la notizia della sua morte, era sconvolto". Perché Massimo Troisi ha amato così profondamente il personaggio di Mario, tanto da dedicargli le ultime energie della sua vita? "Perché lo sentiva uguale, credo. La stessa semplicità, la stessa ansia di conoscere e di elevarsi, e una sofferenza interiore che gli ha dato una sua visione del mondo. Attraverso l'incontro con Neruda, Mario scopre la poesia, l'amore e la politica, tutto insieme. E Massimo ha portato cose sue, ha sciolto i momenti letterari con la sua umanità. 'Mi piacerebbe essere poeta', dice a un certo punto del film, ed è straordinaria la sua espressione, fa piangere e fa ridere. Ed era bellissimo per tutti noi vederlo insieme a Noiret, una sintonia perfetta, un'amicizia intensa e di poche parole, che si era stabilita anche nella realtà". Secondo Radford, con "Il postino" Massimo Troisi ha realizzato un altro grande sogno della sua vita. "Massimo non aveva una grande considerazione del suo cinema, non si sentiva regista, anche se secondo me esagerava. Lui diceva che c'era gente che amava la sua comicità e che i suoi film incassavano per questo, ma voleva qualcosa di più. Voglio fare un film di cui essere orgoglioso, diceva. Orgoglioso come attore. Nel film è veramente diverso da tutto quello che aveva fatto, recita in modo molto trattenuto, con Noiret raggiunge livelli altissimi. L'umorismo è nella sceneggiatura, non più nel suo personaggio conosciuto, la sua comicità è sottile e, sia pure con il suo linguaggio, ha recitato con l'ironia degli anglosassoni. Finalmente aveva trovato il ruolo e il film che gli avrebbero permesso di farsi apprezzare fuori dall'Italia". Michael Radford monterà il film a Cinecittà. "Sarà molto duro, rivivere tutti i momenti delle riprese. Non so quando finirò e se il film sarà pronto per Venezia. Non so neanche se sarà un film bello. Ma anche se fosse un brutto film, sarà comunque il segno di un 'gesto' che rientra nel mito umano della volontà di andare avanti, malgrado la sofferenza, fino al compimento di un'impresa. Forse Massimo avrebbe vissuto di più se non avesse fatto 'Il postino'. Sapeva le sue condizioni, le sapevamo tutti, i medici glielo dicevano, ma neanche per un momento ha pensato di interrompere il film. E so che aveva paura del trapianto al cuore, che non voleva farlo. E malgrado la sua gentilezza e la semplicità del vivere, Massimo era comunque un uomo di spettacolo. E, come ha detto Mastroianni, per un attore non poteva esserci finale più grandioso di quello che si è scelto Massimo".
 

MARIA PIA FUSCO
 La Repubblica" del 6 giugno 1994
  

Nessun commento:

Posta un commento

"Ricordati che..." puoi commentare! Scrivi la tua riflessione riguardo al post.