mercoledì 21 gennaio 2015

Il postino Massimo Troisi, la metafora dell'universo e l'incontro con Antonio Skármeta

Postino: "Cioè voi che volete dire allora, che il mondo intero no? il mondo intero proprio...dico col mare, col cielo, con la pioggia, le nuvole..."
Neruda: "Ora tu puoi già dire eccetera eccetera..." 
Postino: "Eh, eccetera eccetera...cioè il mondo intero allora è la metafora di qualcosa?"
Postino: "Ho detto una stronzata..."
Neruda: "No, per niente..."

Talvolta la poesia si nasconde dove meno uno si aspetta.

Con la sua domanda ingenua Massimo Troisi/Mario Ruoppolo, nel film "Il postino", si pone uno dei quesiti più antichi dell'umanità.
Tutto ciò che ci circonda è realtà o è solo una rappresentazione metaforica di quella che è la vera esistenza che per il momento non appare ai nostri occhi se non attraverso icone (segni che assomigliano a ciò che vogliono rappresentare) e quindi metafore?

O magari, come dicevano alcuni grandi filosofi medievali, il mondo e tutto ciò che ci appare non è altro che un indice che esiste Qualcuno, Qualcosa, Entità metafisica o divinità che sia, che con le montagne, il mare, gli arcobaleni e le aurore ci svela la sua esistenza?

Pablo Neruda, nel film, a questa domanda del suo amico postino non è in grado di dare una risposta, ma il commento è comunque illuminante, quando Troisi/Ruoppolo si scusa per aver detto una sciocchezza: il poeta lo guarda ed esclama "No, per niente".



Magari, oltre che delle sue passioni, Massimo ha parlato anche di questo nell'incontro con lo scrittore de "Il postino di Neruda",  Antonio Skármeta. Che ho incontrato con ottime impressioni anche io (Clicca qui per il suo videomessaggio per "Amici di Massimo Troisi").

Intervistatore: Nel suo unico incontro con Massimo Troisi parlaste per ore di calcio e di donne?
Antonio Skármeta: No, non fu questo l'ordine esatto. Quello corretto è questo: 1) di donne, 2) di Neruda e di come interpretare il ruolo del Postino, 3) di auto, 4) di calcio. Il terzo tema fu l'unico a non interessarmi.

Intervista tratta da "Il napolista"
  

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