A lui piace, però solo quando è lui a deciderlo, camminare per le strade di Roma tenendomi la mano.
“Papà, ma tu l’hai conosciuto Massimo Troisi?”
No,
Luca, che mi fai sempre mille domande che mi legano a te ogni giorno di
più, Massimo Troisi l’ho visto di persona una sola volta, di sera
tardi, fuori dalla stazione Piramide a Roma. Era lì che aspettava
qualcuno. Lo guardai insistentemente, ma per la mia timidezza patologica
non ebbi il coraggio di avvicinarmi a lui. Perché poi dovevo farlo? Io
ero ancora un semplice studente del Centro Sperimentale di Cinematografia. Lui aveva già fatto quel film, Ricomincio da tre,
che per noi che volevamo fare cinema era stata una botta di speranza:
un piccolo film che diventò grande nel tempo infinito in cui rimase in
sala, decretando la nascita di un grande attore e di un nuovo regista.
Avvicinarmi sarebbe stato un dare fastidio a una persona che era lì, a
vivere la sua vita tra la gente, meritando di essere lasciato in pace.
Io ho fatto il liceo guardando i film di Godard in un cineclub di Trastevere che adesso non c’è più, ho preso la maturità con Ecce Bombo di Nanni Moretti, sono diventato adulto con Ricomincio da tre. In fondo roba semplice. Le
pippe mentali, i voli pindarici, le rocambolesche elucubrazioni su
piani, tagli e inquadrature, la storia del cinema, insomma, sono venuti
dopo, con calma. Per cui Luca, se tu oggi mi chiedi di Massimo Troisi, a
me si riempiono gli occhi di lacrime, anche dopo vent’anni che è morto,
anche se non l’ho conosciuto. Perché è difficile pensare di non aver
conosciuto una persona che ti ha accompagnato con i suoi film per tanti
anni. Un attore che ha trasformato la napoletanità rumorosa nella
semplicità di un ragazzo timido che parla a bassa voce, mangiandosi le
parole nella lingua più bella del mondo. I capelli ricci, il volto
scavato, l’andatura incerta, lo sguardo tenero. E il sorriso
malinconico. Io me li sono portati dentro dal primo fotogramma del suo
primo film fino ad oggi.
Massimo Troisi, l’unica persona insieme a Maradona che a Napoli non si discute. È e basta.
Massimo Troisi che tanto ha fatto ridere. Ma che ha scelto come suo ultimo film Il postino, che commosse il mondo.
Massimo Troisi che seppe onorare il teatro della tradizione e lo rese un qualcosa alla portata di tutti.
Massimo Troisi che morì addormentandosi nel riposo di un caldo pomeriggio di giugno.
Vedi Luca, fare cinema in fondo è un gioco per adulti. Pochi giorni prima della morte, Troisi girava alcune sequenze del Postino a Cinecittà.
Io ero qualche teatro più in là, a girare un film di Felice Farina. Con
Andrea, che lavorava con me, appunto ci sembrava di giocare. E a pausa
mangiavamo gelati in quantità. Me lo ricordo quel lunedì seguente il
sabato in cui Massimo Troisi morì. Quel lunedì io e Andrea non giocammo,
neanche a pausa. Ci guardammo negli occhi. E piangemmo. Perché, Luca,
si può piangere anche per la morte di una persona che non hai
conosciuto. E saper accettare di voler piangere, questo ricordatelo,
anzi scrivitelo così te lo ricordi meglio, serve. Sempre.
Gianluca Arcopinto
Fonte: Il fatto quotidiano
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