Il Guardian ha pubblicato un testo di Michael Radford dedicato a Massimo Troisi, in occasione della proiezione del suo ultimo film Il Postino (1994) alla seconda edizione del Festival Italian Cinema London (1-10 aprile 2011, Riverside Studios, Londra).
"Dopo 17 anni trascorsi dalla morte di Massimo Troisi, lui è ancora
presente nella mia vita, come quando era vivo." racconta Radford. Ecco
alcuni passi:
"Praticamente
la sua intera esistenza è stata segnata dalla malattia. Giovanissimo,
ha contratto una febbre reumatica, la 'malattia dei poveri', che gli ha
danneggiato il cuore. A 19 anni aveva già un bypass quadruplo, sapeva
che prima o poi avrebbe avuto bisogno di un trapianto. Sopportò tutto
senza lamentarsi, ma il dolore gli donò una profondità, rara in un'età
così giovane, che ha dato un significato in più al suo umorismo.
Ho avuto modo di conoscerlo mentre stavo girando il mio primo film, Another Time, Another Place, sui prigionieri di guerra italiani in Scozia. Avevo già visto Ricomincio da tre,
e fui immediatamente colpito dal suo humor. Gli chiesi di partecipare
al mio film, ma rifiutò con la motivazione che la Scozia era troppo
fredda. Quando uscì in sala, mi richiamò e nel suo modo pensieroso mi
disse che gli piaceva moltissimo e che gli sarebbe piaciuto girare con
me a Napoli. Gli dissi che a Napoli faceva troppo caldo. Siamo diventati
amici, e per otto anni ci siamo incontrati una o due volte all'anno,
per discutere su vari progetti, senza troppe aspettative.
Alla fine abbiamo trovato qualcosa – un romanzo cileno intitolato Ardiente Paciencia [di
Antonio Skármeta, ndr] e siamo andati a Los Angeles per adattarlo. Il
Postino è stato scritto in tre settimane allo Shutters Hotel di Santa
Monica, perchè Massimo voleva lavorare in un posto dove la gente non
poteva riconoscerlo, dove si ricordasse di essere famoso solo quando, di
tanto in tanto, andavamo a cena in un famoso ristorante italiano, e i
camerieri chiedevano il suo autografo.
[...]
Ho scoperto, poi, che gli era stato detto che il suo cuore aveva le
dimensioni di un pallone da calcio, ed era necessario un cuore nuovo.
Fu praticato un intervento temporaneo, per stabilizzare le sue
condizioni e finire il film, in accordo con i medici. Quando è tornato,
sembrava stesse bene. Ma non stava bene. Il terzo giorno di riprese, è
svenuto. [...]
Alla
fine, quando finimmo di girare, lui mi disse che aveva un altro
appuntamento presso l'ospedale di Harefield, il giorno successivo. Ma mi
disse anche: “Sai perchè non voglio davvero questo cuore nuovo? Perchè
il cuore è il centro delle emozioni, e un attore è un uomo di
emozioni. Chissà che tipo di attore potrei diventare con il cuore di un
altro che batte dentro di me?”
Non ha mai fatto l'intervento. Ho sentito della sua morte alla radio, il giorno successivo.
Molti credono che Il Postino
finisca con la morte del personaggio principale, perchè Massimo era
morto. Non è così – è semplicemente così che lo avevamo scritto. E
quando Mario Cecchi Gori, il produttore, ha chiesto se finire il film
con una morte non fosse troppo deprimente, Massimo ha risposto: <>.
E aveva ragione."
FONTE: SentieriSelvaggi.it
L'ARTICOLO ORIGINALE DEL "THE GUARDIAN: http://www.guardian.co.uk/film/2011/mar/31/massimo-troisi-il-postino
Bell'articolo, al di là di alcune inesattezze.
Ricordo le parole precise di Massimo riportate da Cecchi Gori in un'intervista video, parole che furono la risposta perentoria alle perplessità del produttore sul finale de Il postino. Massimo disse: "Non preoccuparti Vittorio, per il pubblico Troisi non muore mai". E aveva ragione anche su questo. Vero, amici?
Ricordo le parole precise di Massimo riportate da Cecchi Gori in un'intervista video, parole che furono la risposta perentoria alle perplessità del produttore sul finale de Il postino. Massimo disse: "Non preoccuparti Vittorio, per il pubblico Troisi non muore mai". E aveva ragione anche su questo. Vero, amici?
Cristiano
Nessun commento:
Posta un commento
"Ricordati che..." puoi commentare! Scrivi la tua riflessione riguardo al post.