giovedì 24 aprile 2014

Aneddoti e parole di Michael Radford su Massimo Troisi al Bif&st 2014

«Guardai “Ricomincio da tre” e notai Massimo. Aveva lo humor vicino a quello inglese, mi piaceva. Era perfetto. Gli proposi la sceneggiatura del film ("Another time, another place", del 1983, ndr) e mi disse che in Scozia faceva troppo freddo e non voleva fare il film. Quando mi propose Napoli, gli dissi che faceva troppo caldo.
È stata una scommessa fare un film in un’altra lingua, non fu facile e i ripensamenti sono stati tanti: vidi duecento attrici per il ruolo di Beatrice e non capivo se facevano finta di essere napoletane. Presi un caffè in piazza del Popolo e vidi due inglesi: dal modo in cui dissero “Please, can you give a cup of coffee?” capii molte cose di loro. E mi dissi: “Non posso fare un film dove non c’è la mia cultura”. Massimo mi corse in soccorso e mi disse: “L’importante è l’umanità e tu ce l’hai, al resto pensiamo noi".
Massimo era un Dio per la troupe e loro facevano quello che voleva lui, io diventai l’assistente. Aveva la capacità di far diventare alto il livello degli attori attorno a lui.

Non fu un omaggio postumo apporre la sua firma alla regia, ma un omaggio alla sua persona: Massimo Troisi era già molto malato, nel 70 per cento delle riprese del 'Postino' fu sostituito da una controfigura, ma la sua caparbietà e la sua voglia di vivere lo fecero continuare.

Massimo entrò in scena e cominciò a improvvisare. Non la smetteva più. Ma insomma, gli dissi, abbiamo scritto una bella sceneggiatura, perché non la rispetti? E allora, religiosamente, recitò con le battute che avevamo preparato. Ma proprio non riusciva a resistere e ogni tanto, sommessamente, mi chiedeva: Michael, qui posso fare una piccola improvvisazione?. 

Scegliemmo la controfigura per le orecchie, Massimo aveva delle orecchie molto particolari e questo ragazzo le aveva identiche alle sue e mi permetteva di fare controcampo senza che nessuno si accorgesse di niente.Ho la certezza di essere stato accanto a una persona speciale, nel privato e nel lavoro. Lavorare con lui era una ricchezza perché era un comico, non un attore al cento per cento, ma i comici spesso riescono a essere dei grandi attori perché conoscono i tempi. E già al primo ciak lui aveva capito tutto e tutto era perfetto, non ho mai avuto bisogno di ripetere le scene troppe volte. Aveva capito subito quel che volevo, la sua era una recitazione sottile, era una meraviglia vedere in che modo faceva questo mestiere.

Maria Grazia Cucinotta, all'epoca aveva 26 anni, si presentò perché era un'amica della fidanzata di Massimo, non aveva mai lavorato al cinema e non sapeva assolutamente recitare. Ma questo al cinema non rappresenta sempre un problema, lei aveva una presenza evidente, era altissima, nella sua famiglia erano tutti piccolini e lei si stagliava come un gigante, era molto carina, gentile. Il problema, ripeto, era che non sapeva proprio fare niente. Allora le dissi: Maria Grazia, tu non fare nulla. Quando io ti dico 'sorridi', tu sorridi, fai il più bel sorriso della storia del cinema, e non pensare ad altro'. E andò così. Quando, nella scena sulla spiaggia, s'innamora di lui, a un certo punto si volta verso la macchina da presa e fa un sorriso meraviglioso. Ricordo ancora la prima proiezione in America: davanti a quel sorriso dalla sala si levò un'esclamazione...».

Michael Radford
 

lunedì 14 aprile 2014

Ettore Scola ricorda Massimo Troisi: "Un intellettuale che restituiva nobiltà all'animo meridionale"

«Massimo Troisi? Mi ha conquistato con il suo essere poco napoletano, rifiutava come me i luoghi comuni sul meridione, la retorica, l'esagerazione e l'ostentata familiarità. Era un intellettuale perché sapeva regalare una risata impegnata e non diretta alla semplice evasione». Ettore Scola scava nella sua memoria per ricostruire la figura di un amico e collega. Due campani accomunati dalla passione per il cinema, ma prima di tutto complici nella missione di «restituire valore e nobiltà all'animo meridionale». Sul set i due artisti si sono incontrati tre volte: nel 1989 per «Splendor» e «Che ora è», insieme anche a Marcello Mastroianni, e l'anno seguente per «Il viaggio di Capitan Fracassa», un omaggio alla commedia dell'arte. Scola torna a parlare di Troisi in pubblico in occasione della quinta edizione del Bari international film festival, di cui è presidente dal 2009. La kermesse barese dedica la sua seconda retrospettiva, dopo quella riservata a Gian Maria Volonté, al grande attore e regista partenopeo.
  
Ma come avvenne l'incontro tra Scola e Troisi?
«Non è stato per il cinema, la prima volta che ho visto Massimo faceva teatro con la Smorfia, in trio con Enzo Decaro e Lello Arena, e mi colpì la sua comicità, studiata e attenta a non cadere negli stereotipi, cosa non scontata per un napoletano. Per Troisi la farsa doveva sempre contenere un aspetto di critica costruttiva. Era un artista ‘‘impegnato'', parola oggi dimenticata, purtroppo, lui studiava e conosceva profondamente il suo tempo. Ad esempio lui e Volonté non hanno nulla in comune, sono due attori completamente diversi, ma erano entrambi due intellettuali».

Che stavano per lavorare insieme.

«A dir la verità furono loro a propormi un progetto: volevano interpretare due anarchici sconclusionati in giro per l'Italia agli inizi del Novecento. Purtroppo, poi, non si fece più nulla».

Com'era Troisi sul set?
«Eravamo come due familiari che lavorano insieme, tra me e lui c'era una grande complicità. Avevamo un rapporto fatto di comprensione, stima e di ‘‘consolanza'': provavamo entrambi un grande piacere nel lavorare insieme, ci scambiavamo consigli e pareri. I suoi film in quegli anni erano campioni d'incassi, un po' come il fenomeno Checco Zalone di adesso. Io stesso gli dicevo che fare film con me non gli conveniva, erano un genere troppo di nicchia. Lui invece mi rispondeva: ‘‘Ettore con te mi riposo e non mi sembra di faticare''. Questo per un regista era un grande complimento».

Che cosa faceva arrabbiare Troisi?
«S'indignava quando gli dicevano delle ovvietà sull'essere meridionale. Nei suoi film da regista, viene fuori questa sua riflessione, per esempio, sull'uomo del Sud condannato ad emigrare e mai a spostarsi per conoscenza. La sua forza? Riusciva a comunicare anche senza farsi capire. Il suo modo di parlare non era chiaro, lui si mangiava le consonanti e la fine delle parole. Era un grande attore comico, ma oserei dire anche del cinema muto. Si era liberato di certe preoccupazioni che avevano gli attori e parlava agli spettatori con lo sguardo».

Scola cosa consiglia di vedere nella retrospettiva?

«Sicuramente i suoi film d'esordio che colpirono l'immaginario italiano per la loro originalità, un comico del sud che si ribellava al ‘‘sudismo''. E poi ovviamente i miei, frutto di un rapporto quasi tra padre e figlio che non si è mai interrotto».


Michele Ventrella

 
  

martedì 8 aprile 2014

Il servizio di "Supercinema" dedicato a Massimo Troisi lo scorso 4 aprile (VIDEO)

Per chi se lo fosse perso ecco il servizio dedicato a Massimo da "Supercinema", andato in onda lo scorso 4 aprile. Insieme all'apertura del Tg5 che annunciò la sua scomparsa e alcune immagini poco popolari il video propone estratti di "Morto Troisi, viva Troisi!", proiettato al Bari Film Festival in corso dal 5 al 12 aprile e presieduto da Ettore Scola. Proprio il regista ha rivelato di essere stato prescelto agli inizi degli anni Novanta per dirigere una commedia, poi mai girata, con Massimo Troisi e Gian Maria Volonté, una storia di due anarchici a cui viene assegnata una missione segreta, poi fallita. Buona visione!


Cristiano