«Guardai “Ricomincio
da tre” e notai Massimo. Aveva lo humor vicino a quello inglese, mi piaceva.
Era perfetto. Gli
proposi la sceneggiatura del film ("Another time, another place", del 1983, ndr) e mi disse che in Scozia faceva troppo freddo
e non voleva fare il film. Quando mi propose Napoli, gli dissi che faceva
troppo caldo.
È stata una scommessa fare un film in un’altra lingua,
non fu facile e i ripensamenti sono stati tanti: vidi
duecento attrici per il ruolo di Beatrice e non capivo se facevano
finta di essere napoletane. Presi un caffè in piazza del Popolo e vidi
due
inglesi: dal modo in cui dissero “Please, can you give a cup of coffee?”
capii molte cose di loro. E mi dissi: “Non posso fare un film dove non
c’è la mia
cultura”. Massimo mi corse in soccorso e mi disse: “L’importante è l’umanità e tu ce l’hai, al resto pensiamo noi".
Massimo
era un Dio per la troupe e loro facevano quello che voleva lui, io diventai l’assistente.
Aveva la capacità di far diventare alto il livello degli attori attorno a lui.
Non fu un omaggio postumo apporre la
sua firma alla regia, ma un omaggio alla sua persona: Massimo
Troisi era già molto malato, nel 70 per cento delle riprese del
'Postino' fu sostituito da una controfigura, ma la sua
caparbietà e la sua voglia di vivere lo fecero continuare.
Massimo entrò in scena e cominciò a improvvisare. Non la smetteva più.
Ma insomma, gli dissi, abbiamo scritto una bella sceneggiatura, perché
non la rispetti? E allora, religiosamente, recitò con le battute che
avevamo preparato. Ma proprio non riusciva a resistere e ogni tanto,
sommessamente, mi chiedeva: Michael, qui posso fare una piccola
improvvisazione?.
Scegliemmo la controfigura per le orecchie, Massimo aveva delle orecchie molto
particolari e questo ragazzo le aveva identiche alle sue e mi permetteva
di fare controcampo senza che nessuno si accorgesse di niente.Ho la certezza di essere stato accanto a una persona speciale, nel privato e
nel lavoro. Lavorare con lui era una ricchezza perché era un comico,
non un attore al cento per cento, ma i comici spesso riescono a essere
dei grandi attori perché conoscono i tempi. E già al primo ciak lui
aveva capito tutto e tutto era perfetto, non ho mai avuto bisogno di
ripetere le scene troppe volte. Aveva capito subito quel che volevo, la
sua era una recitazione sottile, era una meraviglia vedere in che modo
faceva questo mestiere.
Maria Grazia Cucinotta, all'epoca
aveva 26 anni, si presentò perché era un'amica della fidanzata di
Massimo, non aveva mai lavorato al cinema e non sapeva assolutamente
recitare. Ma questo al cinema non rappresenta sempre un problema, lei
aveva una presenza evidente, era altissima, nella
sua famiglia erano tutti piccolini e lei si stagliava come un gigante,
era molto carina, gentile. Il problema, ripeto, era che non sapeva
proprio fare niente. Allora le dissi: Maria Grazia, tu non fare nulla.
Quando io ti dico 'sorridi', tu sorridi, fai il più bel sorriso della
storia del cinema, e non pensare ad altro'. E andò così. Quando, nella
scena sulla spiaggia, s'innamora di lui, a un certo punto si volta verso
la macchina da presa e fa un sorriso meraviglioso. Ricordo ancora la
prima proiezione in America: davanti a quel sorriso dalla sala si levò
un'esclamazione...».
Michael Radford
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