«Ero giovanissima, agli inizi. Adesso è chiaro che con "Non ci resta che piangere"
partecipammo a un film che è rimasto nella storia del cinema italiano,
ma allora ricordo che ho sofferto le pene dell’inferno alla proiezione
perché la critica non fu così entusiasta. Il pubblico però premiò le
fatiche dei due comici imponendoli definitivamente nella nuova Commedia
all’Italiana. Iniziai con Ricomincio da tre. Poi Troisi mi disse: "Prova a fare per me l’ufficio stampa di questo film". E da allora lavorai con Massimo fino al Postino, e da Non ci resta che piangere in poi anche con Benigni».
«Essendo girato in presa diretta, spesso sentivi che la troupe non ne
poteva più dal ridere. Si faceva fatica a trattenersi. Per la conferenza
stampa invece i giornalisti erano una quarantina. A quell’epoca erano
molti di meno. Benigni e Troisi fecero
praticamente uno spettacolo dal vivo con le loro improvvisazioni. I giornalisti erano disperati, facevano domande, e loro raccontavano
storie di fantasia senza parlare della trama. Oggi non potrebbero mai».
«La prima foto inviata all’Ansa li ritraeva in macchina, serissimi e in
bianco e nero con il titolo che campeggiava in basso. Sembrerà serioso.
Invece no! Bastava questo contrasto impensabile a farti ridere. Loro
insieme erano così. Due persone serissime sul lavoro, estremamente colte e soprattutto geniali. Massimo mentre lavoravamo era capace di citare da Sant’Agostino agli Scritti corsari di Pasolini, per poi tornare sulla sceneggiatura. Furono scuola per tutti noi».
Cristiana Caimmi
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