sabato 6 settembre 2014

Gli aneddoti dell'addetta stampa Cristiana Caimmi su "Non ci resta che piangere"

«Ero giovanissima, agli inizi. Adesso è chiaro che con "Non ci resta che piangere" partecipammo a un film che è rimasto nella storia del cinema italiano, ma allora ricordo che ho sofferto le pene dell’inferno alla proiezione perché la critica non fu così entusiasta. Il pubblico però premiò le fatiche dei due comici imponendoli definitivamente nella nuova Commedia all’Italiana. Iniziai con Ricomincio da tre. Poi Troisi mi disse: "Prova a fare per me l’ufficio stampa di questo film". E da allora lavorai con Massimo fino al Postino, e da Non ci resta che piangere in poi anche con Benigni».

«Essendo girato in presa diretta, spesso sentivi che la troupe non ne poteva più dal ridere. Si faceva fatica a trattenersi. Per la conferenza stampa invece i giornalisti erano una quarantina. A quell’epoca erano molti di meno. Benigni e Troisi fecero praticamente uno spettacolo dal vivo con le loro improvvisazioni. I giornalisti erano disperati, facevano domande, e loro raccontavano storie di fantasia senza parlare della trama. Oggi non potrebbero mai».

«La prima foto inviata all’Ansa li ritraeva in macchina, serissimi e in bianco e nero con il titolo che campeggiava in basso. Sembrerà serioso. Invece no! Bastava questo contrasto impensabile a farti ridere. Loro insieme erano così. Due persone serissime sul lavoro, estremamente colte e soprattutto geniali. Massimo mentre lavoravamo era capace di citare da Sant’Agostino agli Scritti corsari di Pasolini, per poi tornare sulla sceneggiatura. Furono scuola per tutti noi». 

Cristiana Caimmi
  

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