Visto che ci copiano ormai senza nemmeno fare più lo sforzo di cambiare le foto, riproponiamo qui la prefazione al libro di Lunetta Savino firmata dal Nostro, già pubblicata on line quindici anni fa su "Non ci resta che ricordarti" al seguente link: http://digilander.libero.it/webtroisi/pagine/lui%20eduardo....htm. Un articolo acuto e pieno di spunti interessanti, a me però in particolare ha colpito questa frase: "A
me capita quando vedo Totò, ma specialmente Totò e Peppino insieme, di
vedere una cosa e di rivederla e scoprire altre cose, rivederla e scopri
'nu gesto: quindi, vuol dire che lui in quel momento, ha proposto e ha
costruito un qualcosa che non è leggibile immediatamente; ecco perché io
dico puro però eccezionale". E' esattamente quello che mi capita quando rivedo un film di Massimo per l'ennesima volta. Sarà che lui ha saputo diventare l'ultimo erede di due comici immensi come appunto Totò e Peppino.
di Massimo Troisi
Purtroppo non ho mai conosciuto Peppino De Filippo e lui è sicuramente di quelle persone che ti rammarichi di non aver conosciuto. Però l'ho visto a teatro. Ero molto piccolo, e sono andato con mio cognato che era vigile del fuoco, al Politeama, a Napoli, e così sono entrato da dietro con lui, con tutta l' emozione... Davano “A che servono questi quattrini”, e io ho visto lui, Peppino, che passeggiava, cu' 'e 'mmane dietro, e m'ha dato l'idea come forse anche noi diamo agli altri di una persona molto seria, molto tranquilla... M'avrebbe fatto piacere si' me diceva qualche frase che poi potevo riportare nella vita, dire: "E poi disse...", invece no, non disse niente è forse è stato giusto accussì, perché poi, di solito, in queste occasioni i grossi personaggi dicono le cose più stupide e banali. Un'eccezionale normalità lui, secondo me, è come 'o sillabbario. Quando io l'immagino, l'immagino puro, immagino cioè una comicità allo stato puro. Si può immaginare che la comicità pura è anche di Totò, e invece no, Totò è già chella elaborata. Io credo, cioè, che della comicità portata al livello di Peppino non ne può fare a meno nessun comico. Eduardo si è affinato più nel classico, Totò nel surreale, in quello che lui è riuscito a inventarsi come personaggio, Peppino, nella normalità era il massimo. Credo comunque, al di là di tutti i discorsi che si possono fare, che quando si parla di questi grossi personaggi, si parte dal presupposto che, comunque, siano delle persone intelligenti: io credo che siano eccezionalmente intelligenti Totò, Eduardo, Peppino, ma pure Sordi, per non restare solo nell' ambito napoletano; Sordi, secondo me, è un inventore di cose nuove, di comicità nuova, è stato un precursore. Forse si può parlare di normale fatto da una persona eccezionale, perché Peppino è dentro quello che fa. Non so se poi c'è dietro uno studio, perché non so se lui studiava il personaggio, ma sicuramente un'immedesimazione, in quel momento, a far vivere quel personaggio, quindi a dargli quello che, forse, è più difficile per un attore, per un comico, a dargli i particolari. A me capita quando vedo Totò, ma specialmente Totò e Peppino insieme, di vedere una cosa e di rivederla e scoprire altre cose, rivederla e scopri 'nu gesto: quindi, vuol dire che lui in quel momento, ha proposto e ha costruito un qualcosa che non è leggibile immediatamente; ecco perché io dico puro però eccezionale, perché puro sarebbe veramente il sillabario scritto da tutti dove A è A, B è B, invece lui ha scritto quello dove nella A puoi leggere qualche cosa di più. Ma è un caso stranissimo che io mi ritrovo, proprio ora, a parlare di Peppino, in un momento in cui, io, dovendomi calare nel personaggio di Pulcinella (nel film che sto girando con Ettore Scola, "Il viaggio di Capitan Fracassa") non so per quale mistero, non so per quale spinta interiore, per quale intuizione, che poi è quella che fa fare ogni cosa, io ho pensato a Peppino. Ho pensato alla napoletanità trasmessa in un certo modo, io dico, del ritmo, nei tempi, nei tempi comici, nell'incrinazione della voce: la sua comicità irresistibile. Lui, secondo me, è tutto quello che c'è prima dell'invenzione in più. Credo che lui abbia fatto eccezionale la normalità, sia riuscito a rendere eccezionale quello che si pensa che qualunque comico debba avere come bagaglio naturale: lui l'ha fatto assurgere a eccezionalità. Non saprei dire dove inizia per me il ricordo del teatro napoletano, dove finisce, dove è qualcosa di mediato attraverso la televisione, e non saprei nemmeno dire chi ho amato di più, se Peppino, se Eduardo, se Totò, perché li ho amati veramente tutti, anche senza essere un assiduo, perché poi a teatro ci andavo veramente poco. Sarò andato a vedere una volta Eduardo, prima di iniziare a fare l'attore, e una volta sola, purtroppo, Peppino. Peggio per chi non ha capito però, soprattutto attraverso i film e la televisione, qualcosa forse mi è cresciuto dentro. Sicuramente qualcosa di mediato da uno che fa spettacolo, mediato dall'intelligenza della quale parlavo prima, intelligenza che vuol dire sensibilità, non vuol dire preparazione culturale; e allora tutti questi elementi fanno diventare un attore, e quindi di conseguenza il suo personaggio, somigliante a un modello preciso, che però nello stesso tempo non ti dà l'idea di qualcosa di già visto, che è importante, perché vedere o sentire il già visto toglie molto alla freschezza. So che Peppino si è rammaricato più volte di non essere considerato abbastanza anche come autore oltre che come attore. Ma...che dire, peggio per chi non è riuscito a entrare nel suo mondo, a capirlo; insomma va tutto a discapito di chi non è riuscito a godersi pienamente questa cosa, e lo sta facendo mo' o lo farà tra dieci anni; lui non c'entra niente. Pure il fatto, per esempio, che Totò non ha avuto più bisogno del cognome, Eduardo nemmeno, lui invece s' 'a avuta purta' pure 'o cugnome, ma, secondo me, stava benissimo anche lui solo con Peppino!
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