Cominciamo col dire che il Premio Massimo Troisi, quello di San Giorgio a Cremano, non è stato celebrato a Morcone. Ne è semplicemente nato un altro, diverso, in un altro posto. E San Giorgio a Cremano non deve sentirsi derubata o umiliata da tutto ciò, semmai deve vedere in ciò un nuovo stimolo ad uscire da questa impasse e a ripartire con una nuova organizzazione, seria e disinteressata a tutto tranne che al celebrare nella giusta maniera la memoria di Massimo. E so bene quanto ciò che ho appena scritto sia difficile da realizzarsi. Il premio Troisi a Morcone non è nemmeno da etichettare come un tradimento della famiglia di Massimo, che è e resta patrimonio di tutti, in Italia e nel resto del mondo. Se altrove c'è qualcuno che fa le cose per bene (non posso giudicare perché non sono stato a Morcone ma conoscendo appena Luigi Troisi credo proprio di sì) è giusto che ci siano anche dieci, cento, mille premi Troisi. Siamo d'accordo su questo con Aldo Vella, di cui riportiamo qui un'intervista significativa pur se mal redatta e con qualche inesattezza qua e là.
Il Premio Troisi, per anni fiore all'occhiello delle amministrazioni sangiorgesi, dopo due anni di sospensione è stato per la prima volta celebrato a Morcone, nel beneventano. La cosa ha suscitato un certo scalpore nella cittadina vesuviana, dove s'è visto questo trasloco come una sorta di perdita se non addirittura un tradimento da parte della famiglia dell'attore. Abbiamo deciso dunque di interpellare l'ex sindaco, e attivo cittadino sangiorgese, Aldo Vella, per entrare in merito alla questione e dialogare con colui che creò il premio.
Cristiano
Il Premio Troisi, per anni fiore all'occhiello delle amministrazioni sangiorgesi, dopo due anni di sospensione è stato per la prima volta celebrato a Morcone, nel beneventano. La cosa ha suscitato un certo scalpore nella cittadina vesuviana, dove s'è visto questo trasloco come una sorta di perdita se non addirittura un tradimento da parte della famiglia dell'attore. Abbiamo deciso dunque di interpellare l'ex sindaco, e attivo cittadino sangiorgese, Aldo Vella, per entrare in merito alla questione e dialogare con colui che creò il premio.
Iniziamo innanzitutto con il pregresso, ovvero su quale base nasce Massimo Troisi e l'arte comica sangiorgese.
«Il
Premio Troisi ha dei prodromi molto interessanti, al mio insediamento
di sindaco, nel '93, pensai a Troisi, ancora vivente, per farlo tornare
qui, per un laboratorio permanente, per formare gli attori locali.
Infatti, io ritengo che qui ci sia una presenza culturale teatrale
straordinaria».
Cosa c'era, un laboratorio, qualcosa del genere …
«Ce
n'erano vari! C'era quello delle monache, c'era quello di Carlo
(Renato? ndr) Barbieri, quello dove poi Troisi è nato teatralmente, il Centro Teatro
Spazio…».
C'era allora un terreno abbastanza fertile …
«Diciamo
che San Giorgio, è da oltre un secolo un terreno fertile per l'attività
teatrale, e questo se non vogliamo considerare tutta la fase dei
saltimbanchi girovaghi all'epoca delle Ville Vesuviane del settecento,
quando le compagnie giravano e venivano ospitate nei saloni delle
residenze nobiliari, creando un'aderenza tra tipologia di architettura,
quella delle Ville Vesuviane e il teatro, ma questa è un'altra storia.»
E queste compagnie da dove venivano?
«Erano
itineranti, perché c'era una pratica del teatro e quindi, come per gli
scalpellini, come per i giardinieri che vennero per la fondazione del
Bosco Reale di Portici, anche quei comici itineranti hanno creato un
apprendistato, sono rimaste le tradizioni, hanno lasciato qualcosa …del
resto erano girovaghi per modo di dire, restavano qui estati intere!
Tra Torre del Greco e qua, giravano tutte le Ville, facendo il teatro a
casa, avendo i locali adibiti proprio all'incontro, per la festa, per
l'esposizione della famiglia che in tal modo segnava il suo livello di
ceto. Se poi vogliamo storicizzare la cosa, dobbiamo arrivare a fine
ottocento, con Recanati. Mario Recanati era un sangiorgese trasferito in
Venezuela e che poi era tornato qui. Era un imprenditore edile (quello
che costruì e regalò alla città la strada omonima) ma la cosa importante
di quest'uomo è che è stato il primo produttore cinematografico
nazionale, italiano!».
In che anni stiamo?
«Nel
1883, '84, agli albori della cinematografia. Sono stati trovati anche
dei copioni, per la Notari, una famosa attrice dell'epoca. Recanati
faceva il cinema, per così dire, d'avanspettacolo, infatti il cinema era
l'avanspettacolo dello spettacolo teatrale, tutto il contrario di
quello che è successo con l'avanzamento dell'arte cinematografica, dove
l'avanspettacolo è poi diventato lo spettacolino prima del cinema!
Questa è la dimostrazione che abbiamo una tradizione straordinaria! La
Federico II, fece anche una mostra tempo fa, chiamata "Da Recanati a
Troisi", descrivendo tutto l'arco della storia del cinema, che cominciava
a San Giorgio a Cremano e finiva a San Giorgio a Cremano. Noi
siamo una delle patrie del teatro e del cinema! Non lo dobbiamo
dimenticare! Perché è il brodo culturale dove è nato Troisi! Non si
spiega Troisi se non si va a vedere il contesto dove è nato! Questa è la
prima base di partenza per ragionare su di lui. Nel '93 dunque, col mio
insediamento, tentai di far venire Troisi in patria, per produrre altri
attori come lui. Gli proposi, tramite il cognato, questo laboratorio, ma
non feci a tempo perché nel '94 morì. Per cui decisi di affidare
questo laboratorio, per due anni, a Renato Carpentieri, e che produsse,
dal '95 al '96, una ventina tra registi e attori importanti come Bruno
De Paola, Leonardo (Eduardo? ndr) Tartaglia, Pignatelli…».
Ma questi erano di San Giorgio o …
«Specialmente
di Napoli, ma sono venuti anche da Genova. Col primo anniversario della
morte di Massimo Troisi facemmo una grande mostra, qui a Villa Bruno e
vennero una serie di personalità, tra cui gli amici di Massimo, venne
anche D'Alema, e venne Scola, Ettore Scola, che era un amico intimo di
Massimo e infatti non volle proprio entrare nella sala dove c'erano i
ricordi, temeva di emozionarsi troppo e quindi conversammo fuori, non
volle entrare, ma venne! Poi ci fu la notte degli oscar.
In cui, "Il postino", l'ultimo film di Massimo Troisi, era candidato. Ci
fu una serata con doppia sede, al cinema Flaminio di San Giorgio e al
Mercadante di Napoli. Dove io e l'allora sindaco Bassolino, ci
scambiammo di posto, anche se poi decisi di venire qui (portandomi anche
Bassolino) perché a Napoli l'ambiente era troppo salottiero e preferivo
l'ambiente familiare di San Giorgio, dove restammo in un teatro pieno
fino alle due di notte. Tutto questo mi aveva convinto a procedere per
istituire questo Premio Troisi, che era al principio incentrato sul
corto comico. E in effetti c'eravamo accorti che non esisteva nessun
festival del cortometraggio comico, tant'è vero, che quando facemmo il
bando, arrivarono centinaia di cassette (perché allora si usavano le
cassette VHS), una cosa impressionante! Poi, dopo, cominciammo ad
aprire altre sezioni finché sono andato via, ed altri sono saliti sul
cavallo vincente, ma azzoppandolo!».
E lei nel frattempo, cos'ha fatto?
«L'ho
seguito come cittadino e vicino di Villa Bruno, dove ho dovuto turarmi
le orecchie, perché hanno aumentato solo il volume delle manifestazioni
ma hanno ridotto e squalificato il resto. Hanno modificato il premio
enfatizzandolo a tal punto che s'è gonfiato come un palloncino, fino a
farlo scoppiare. Si è proceduto sempre di più fino alla kermesse e
sempre meno verso il laboratorio, non hanno lanciato più nessuno, io non
vedo in giro persone che in questi ultimi anni si pregiano di essere
stati lanciati dal Premio Troisi. Io avevo in mente, assieme al
direttore artistico Iannuzzi (Fulvio Iannucci? ndr), di proseguire, col Premio, la logica del
laboratorio teatrale, ma poi, il mio mandato è terminato e la storia è
stata quella di concerti e concertoni e così via».
Non
le sembra che si stia tentando di usare il nome di Massimo Troisi come
una specie di marchio di fabbrica, un brand come si direbbe oggi, con un
termine più mercantilistico e che sicuramente si discosta da quella che
era la realtà Massimo?
«Ha indovinato! Hanno fatto tre
errori importanti (tra i tanti commessi!); il primo è quello che non
hanno mai riflettuto sulla filosofia artistica di Troisi. Solo in un
rivista, Cinema Sud, c'è stato un grande approfondimento sul linguaggio
di Troisi, ma non l'ha fatto certo il Premio! Questo lavoro fu sì
presentato alla manifestazione ma fu un momento di riflessione che non
crearono loro! Il secondo errore è quello di aver esagerato nel voler
tirare sul marchio Troisi, usandolo solo per la spettacolarizzazione
dell'evento. E terzo, hanno dimenticato che Massimo
Troisi, nel frattempo, fino al Postino, ha seguito un'iperbole,
ascendendo, nella sua arte, da comico ad attore drammatico. Infatti io
non direi che Troisi è comico, Massimo ha sempre più pulito questa sua
comicità facendola alla fine diventare poesia. Nel Postino è scomparsa
qualsiasi smorfia, volendo usare questa parola. È probabile che se non
fosse morto, la trasformazione sarebbe stata ancora più complessa! E
tutto questo non è stato considerato. In tutto questo, c'è poi un errore
complessivo che li racchiude tutti, il comico, è diverso dall'attore
comico, il comico parte per fare la battuta, invece, gli attori comici,
partono dal cinema, dal teatro per dire la barzelletta! Walter
Chiari, ad esempio, parte attore, poi si può permettere di fare la
barzelletta scema, facendola durare mezz'ora, e poi facendoti anche
ridere, perché non è più importante la barzelletta, ma l'attore che la
recita. È la televisione che ha inguaiato tutto! Adesso, i comici, non
sono attori comici! Tanto è vero che non resistono alla prova del
cinema, devono mettere assieme quattro o cinque di loro assieme per
durare un'ora. Tutto questo vuol dire che, il premio, tu lo stai dando
all'attore da cabaret, e Troisi, nella sua produzione è lontano mille
miglia dal cabaret! Questo è un errore che hanno commesso i direttori
artistici del premio, anche di grande calibro come Costanzo e Giulio
Baffi, ma hanno fallito, diciamolo pure!».
E adesso? Come intravede il futuro di questo premio? Cosa ne pensa di questo trasferimento a Morcone?
«Il
trasferimento non è tale! È un'occupazione di spazio vuoto! Come nella
comunicazione, così nello spettacolo, se lascio uno spazio vuoto questo
viene occupato! E due anni di assenza del Premio sono già assai! Morcone
merita, è un contesto da festival. Che
poi San Giorgio voglia prendere di nuovo il Premio Troisi è
fanciullesco, e tra l'altro, io, m'aspetto che altri premi Troisi
nascano! Perché la sua è ormai una figura liberalizzata, non la puoi più
fermare, s'illude la famiglia di poter mettere il marchio, non dando
tra l'altro il via alla fondazione, perché tutto questo non lo puoi
fermare, ora pure i bar portano il suo nome, e solo una fondazione
poteva mantenere la garanzia del marchio. Mettersi poi in concorrenza
con gli altri premi Troisi, non spetta al comune di San Giorgio a
Cremano, patria di Troisi, la offende quest'atteggiamento. Io direi
invece di considerare il valore della città teatro, quella che ha dato i
natali all'arte di Troisi. Bisogna fare tutto il
contrario! Bisogna promuovere la città, il territorio, il cui fenomeno
apicale è stato Troisi, ma ce ne possono essere degli altri se vi
mettete col pensiero! Il compito dell'amministrazione comunale non è più
quello di promuovere Massimo, che ormai è promosso tantissimo,
avrebbero certo potuto fare molto di più, come ad esempio restaurare "Ricomincio da tre" (già restaurato, ndr), che ne avrebbe bisogno, ma neanche questo è stato
fatto, allora dico, avete una città che è una città del teatro,
promuovetela in tal senso!».
Ciro Teodonno